La Voce 27

La crisi della sinistra borghese

giovedì 1 novembre 2007.
 

Il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti sarà ricordato nella storia, come il governo che ha precipitato la crisi della sinistra borghese. La sua costituzione è stata il trionfo della sinistra borghese e l’inizio della sua fine.

La sinistra borghese è costituita dall’insieme di partiti, organismi e personaggi che concretamente, nella loro attività politica, nei loro programmi, nelle loro iniziative e proposte politiche, non vedono altra società possibile che quella basata sull’iniziativa economica dei capitalisti, sulla proprietà dei capitalisti, sulle aziende che devono produrre profitti, sulle relazioni mercantili (di compra-vendita). Non concepiscono o rifiutano il socialismo. Non concepiscono o considerano impossibile la proprietà pubblica delle aziende, che le aziende siano destinate a produrre beni e servizi per soddisfare i bisogni della popolazione, che compiano ognuna la lavorazione loro affidata grossomodo come oggi nell’ambito di una grande azienda capitalista un reparto compie la lavorazione per cui è attrezzato ricevendo quando gli è necessario e consegnando i suoi prodotti al reparto successivo, senza né contrattare e comperare i primi né contrattare e vendere i secondi. Esula dal loro orizzonte, per limiti mentali o per rifiuto consapevole non importa, che l’attività economica di tutti i membri della società e di tutte le sue unità produttive (aziende) sia organizzata e gestita secondo un piano unitario e razionale, grosso modo come già oggi avviene ad esempio all’interno di una grande azienda o di una grande istituzione pubblica (pensiamo all’ANAS o ad altro ente pubblico prescindendo per un momento dalle ruberie a cui deve soddisfare dato che è una proprietà pubblica che agisce in un contesto basato sulla proprietà privata), che ha molte unità produttive. Ovviamente ancora meno concepiscono o ancora più rifiutano che l’insieme delle altre attività (culturali, politiche, ecc.) siano organizzate e gestite dalla massa dei lavoratori organizzati, che gli interessi pubblici e gli affari politici siano trattati e decisi dai lavoratori organizzati, che ogni persona abile debba fare la sua parte nel lavoro di cui la società ha bisogno e che questo sia per tutti l’unico titolo per cui ha diritto ad avere la parte del prodotto sociale necessaria a soddisfare le sue necessità individuali, ecc. Insomma non concepiscono o rifiutano il socialismo. Ma nello stesso tempo vorrebbero (supponiamo pure sinceramente) che tutti i membri della società avessero una vita decente. In concreto che l’avessero anche i proletari, i nullatenenti, che sono quelli a cui nella società borghese è negata o che per averla devono arrabattarsi ogni momento della loro vita, sperando sempre di trovare un padrone, che non sia troppo esoso, che gli affari del loro padrone vadano bene. Vorrebbero salari decenti, pensioni decenti, un lavoro assicurato per tutti i proletari (i nullatenenti, per i quali riconoscono il dovere di lavoro, accordando loro anche il diritto ad avere un lavoro). Insomma vorrebbero il capitalismo, una società borghese (cioè fondata sulla proprietà e sull’iniziativa economica dei capitalisti), ma senza “i mali del capitalismo”, che provocano disordini e ribellioni, scioperi e dimostrazioni, ruberie ed evasione fiscale e che, in definitiva, inciampano con crisi e sproporzioni il funzionamento della stessa economia capitalista. Vogliono il capitalismo senza gli inconvenienti del capitalismo. “Un capitalismo illuminato”, dicono loro. Trascuriamo, perché non determinante ai fini del ragionamento, che essi riducono la vita decente della massa della popolazione alla soddisfazione dei bisogni elementari.

Quando, e parliamo di un periodo che è durato grossomodo fino a 30 anni fa, nel mondo il movimento comunista era forte e i capitalisti avevano paura di perdere tutto, una simile sinistra borghese da noi ha avuto un peso molto forte nella vita del paese. I revisionisti moderni, quasi tutti i dirigenti del vecchi PCI hanno finito per diventare parte di essa. “Senza il concorso del PCI, in Parlamento non riusciremmo neanche a spedire una lettera”, diceva Andreotti. “Pecchioli è un buon servitore dello Stato”, annuiva Cossiga. “Napolitano è un gran signore”, concordavano tutti i caporioni DC.

In quegli anni le pubbliche autorità hanno imposto ai capitalisti molti “lacci e laccioli” a cui quelli cercavano ognuno privatamente di sfuggire (elusioni ed evasioni, attività economiche clandestine, accordi sottobanco, lavoro nero, ecc.). Le organizzazioni dei lavoratori (sindacati e affini) hanno rivendicato e ottenuto dai padroni e dalla Pubblica Amministrazione miglioramenti salariali e normativi di vario genere. Lo Stato e la Pubblica Amministrazione hanno messo in piedi istituzioni (sanità pubblica, scuola pubblica, previdenza pubblica, un settore economico pubblico, ecc.) che in qualche modo compensavano quello che nei rapporti mercantili correnti ai nullatenenti non era concesso.

Da quando nel mondo il movimento comunista si è indebolito (e qui non parliamo delle cause, di cui abbiamo già più volte parlato altrove), i capitalisti hanno ripreso baldanza e hanno ricominciato a imporre liberamente i loro interessi a danno dei proletari, con le conseguenze che tutti vediamo. Non solo le cose vanno male per i nullatenenti, ma le condizioni generali della vita sociale, le basi materiali e le condizioni della coesione sociale sono venute meno e vanno degradandosi giorno dopo giorno. La sinistra borghese esiste ancora, come corrente ideale e come partiti e organismi politici. Ma hanno perso peso nella vita del paese e ne perdono sempre di più. I capitalisti nella loro maggioranza non vogliono saperne delle loro lagne, sono diventati quello che chiamiamo “borghesia di destra”. Anche quei pochi capitalisti che personalmente vorrebbero “un mondo migliore” (li chiamiamo “borghesia di sinistra”), quando si arriva al dunque allargano le braccia, denunciano i concorrenti, il mercato, i consumatori, i costi, ecc. (e supponiamo pure che siano sinceri, perché le cose di cui parlano, in una società capitalista sono realissime) per mandare a quel paese la sinistra borghese che accampa le esigenze dei proletari, il disordine sociale, ecc. Al disordine sociale, la borghesia di destra come la borghesia di sinistra in definitiva non può provvedere altrimenti che con la polizia e i carabinieri, con tribunali e galere, con la repressione (che infatti prolifera ed è diventata un grande affare: non ce n’è mai abbastanza). La sinistra borghese si è sempre più ridotta al “volontario compassionevole”, all’uomo di carità che “dà da mangiare all’affamato”, procura un riparo al senza casa, raccoglie fondi per far fronte agli eccessi di miseria che disturbano la vita degli altri e la sua sensibilità. Ovviamente frammisti agli “uomini di buona volontà” ci sono un sacco di furbacchioni che campano allegramente facendo promesse, procurando favori, distraendo e calmando in vari modi gli incazzati, ecc. Da alcuni decenni la sinistra borghese è complessivamente alla deriva: sempre più composta da ONG, istituzioni di carità, organismi di ricerca che campano di collette, ecc. appoggiate e finanziate dalla Pubblica Amministrazione e dagli stessi capitalisti che ne capiscono l’utilità ai fini dell’ordine pubblico e di quella coesione sociale di cui gli affari hanno bisogno, oltre che essere una condizione essenziale del loro quieto vivere e del loro “godersi la vita”.

La lotta contro la banda Berlusconi e il governo BBF ha destato e organizzato aspirazioni nella parte più avanzata degli operai e delle altre classi delle masse popolari. La sinistra borghese l’ha appoggiata per convinzione e per convenienza (i proletari che la conducevano erano i suoi elettori). Il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti è il risultato della vittoria di quella lotta contro la banda Berlusconi. I capitalisti stessi hanno scaricato la banda Berlusconi. Perché scaricare la banda Berlusconi e il suo governo BBF, quando pretendono le stesse cose dal governo PAB? Per la semplice, chiara e dura ragione che il governo BBF non riusciva a far passare quello che essi sperano di far passare col governo PAB. Il “Patto per l’Italia” (dei padroni) promosso dal governo BBF era stato firmato solo dai sindacalisti papalini e corrotti della CISL. Il Protocollo del 23 luglio” è stato firmato da tutti gli esponenti della destra dei dirigenti sindacali (Epifani a braccetto con Bonanni e Angeletti). Ecco la ragione del governo PAB. Basterà la firma dei tre? È tutto da vedere, certamente rende l’opposizione e la contestazione più difficile, nelle fabbriche, nelle aziende, nelle scuole e nelle piazze.

Ma a questo punto, con questa politica messa in campo dal governo PAB, la sinistra borghese ha perso i suoi elettori. “Le elezioni sono una truffa”? Certamente, sono anche una truffa, ma finché ci sono gli elettori bisogna tenerseli e tirarseli dietro. “Il comunismo è morto”? Certo, ma abbiamo combattuto contro la banda Berlusconi per avere questo e quello, dicono gli elettori della sinistra borghese. E il governo PAB, oramai in sella da 16 mesi, sta facendo quello che faceva il governo BBF, alcune cose peggio, altre meglio, il tutto con meno arroganza e con più “tatto”, ma la minestra non è cambiata ed è rancida! Ha ritirato le truppe dall’Iraq e finanzia i mercenari privati (i “contractors”), ne ha inviato in Libano, in Afghanistan e altrove. Lo scippo del TFR se non è riuscito è a causa della sfiducia generale della gente nei capitalisti e in chiunque, anche se sono spalleggiati dai sindacalisti di regime. La precarietà aumenta e anche per il governo PAB è irrinunciabile. La previdenza pubblica (le pensioni) sono peggiorate. Non c’è campo in cui ci sia stata una svolta in positivo. Se tanto mi dà tanto, la destra borghese è meglio della sinistra borghese. L’originale è meglio della fotocopia. Se ognuno deve tirare la coperta dalla sua parte, anche nella massa della popolazione prevale la corsa ad assicurarsi ognuno quello che può. È una questione ideologica, di “frame” (la cornice, il contesto, il quadro) dicono i portavoce della sinistra borghese ( il manifesto , ecc.), ma il senso è quello. O un contesto sociale diverso, il socialismo, o la destra borghese e il “libero capitalismo”. Queste sono le alternative reali, realistiche. I filosofi ve ne daranno molte e diverse spiegazioni, ognuno da un certo suo punto di vista. ma il risultato non cambia. O governi di destra o governi di sinistra che fanno la stessa politica di quelli di destra, che riescono meglio a fare ingoiare il rospo alla massa dei lavoratori, dai cui umori e comportamenti i capitalisti non possono prescindere: e questo è il loro “tallone d’Achille”. Fanno quindi di tutto per ammansirli, assoldano giullari e ballerine, ma in definitiva quello che conta è il risultato.

Il risultato è che la parte dei lavoratori che non si è abbrutita e convertita alle sirene della destra borghese non ne vuole più sapere della sinistra borghese, si sente tradita, non la sostiene più elettoralmente, non fa più da claque alle sue prestazioni sul teatrino della politica borghese (la manifestazione del 20 ottobre ha un significato diverso: è il funerale della sinistra borghese).

Una parte, la parte più cospicua e più realistica e più cinica della sinistra borghese ha tirato le conclusioni: è passata alla destra borghese, ha costituito il Partito Democratico. “Se bisogna fare una politica di destra, facciamola noi!”, questo il ragionamento dei Fassino, dei D’Alema, dei Veltroni, “Siamo più bravi di Berlusconi, sappiamo meglio indorare le pillole e alimentare illusioni”. Inseguendo la destra borghese la sinistra borghese è meno credibile, riscuote meno consenso della destra borghese. Sul suo terreno, se passa la sua ideologia, la destra borghese è più credibile della sinistra borghese. Veltroni è più credibile di Giordano o Diliberto. Veltroni ha tirato le conclusioni, la lezione di quello a cui Giordano e Diliberto hanno collaborato.

Il resto della borghesia di sinistra, quella che resta ancorata al suo ruolo di “portavoce del disagio sociale”, preoccupata della “disaffezione delle masse dalla politica”, sono i cocci della sinistra borghese. “I malcontenti”, come li chiama Cremaschi. Sono gli orfani della famiglia.

Prendete l’articolo di Rossana Rossanda (il manifesto, 12 ottobre 07). Lo allego per intero perché è utile che i lettori ne prendano piena conoscenza. È il meglio della sinistra borghese, di quello che resta della sinistra borghese, portavoce di quella parte della sinistra borghese che non si rassegna a chiudere i battenti. La denuncia dei mali della società attuale, nei limiti in cui può farli un borghese che non sogna nemmeno che un proletario abbia bisogno non del solo pane ma anche “delle rose”, c’è. La denuncia della malattia della sinistra borghese c’è anche. In positivo, perché la Rossanda non rinuncia: la sinistra deve fare una proposta, che è come dire che la sinistra borghese finora non ha fatto una proposta di società, non fa una proposta, non ha ancora una proposta da fare. “La denuncia e la protesta non accompagnata da una proposta portano acqua soltanto alla destra”. La gente “soffre”. Ma l’unica proposta che fa la Rossanda, che di socialismo nella sua lunga vita ha ben sentito parlare, è che “qualche riflessione sull’egemonia, cioè sulla capacità di far blocco e di contare, ... andrebbe fatta”. Insomma bisogna aggregare tutti i cocci e cercare di fare una proposta.

Per la sinistra borghese la mobilitazione delle masse non è l’emancipazione delle masse dalla borghesia: è la formazione di una claque per la sinistra borghese, perché “conti” di più nelle istituzioni borghesi. Rossanda non dice neanche “borghesi”, perché per lei “va da sé” che non ci sono, non possono esserci altre istituzioni. “Il socialismo è fallito, il capitalismo va aggiustato. Come, non lo sappiamo. Ma se riusciamo a convincere la gente a votarci e ad appoggiarci ...”. Si ritroveranno nella condizione in cui si sono trovati ieri e ieri l’altro. Bravi a dire male (tutte cose vere e giuste, certo) di Berlusconi. Oggi la sinistra borghese, nei suoi campioni migliori, è brava a denunciare le malefatte della destra borghese: ma, appunto, la denuncia senza proposta porta acqua alla destra.

La denuncia senza proposta alimenta la delusione, il rancore, il cinismo, la sfiducia in tutti, l’individualismo. In breve l’abbrutimento, prepara il terreno alla destra.

Ma noi comunisti la proposta l’abbiamo: il socialismo. Per noi comunisti la mobilitazione delle masse non è crearci la claque, ma mettere in moto, organizzare l’unica forza di trasformazione reale della società attuale. Se siamo capaci di portare con forza la nostra proposta, di farci ascoltare, allora anche la denuncia dei mali del capitalismo fatta dai cocci della sinistra borghese porterà acqua al nostro mulino. Le aspirazioni che essa desta e che non può soddisfare, per noi sono parte del programma per cui mobilitiamo, organizziamo le masse.

Ai lavoratori che la crisi della sinistra borghese ha “messo in libertà”, ai lavoratori che, anche se non se ne rendono conto, partecipano numerosi (ed è importante che sono ancora numerosi, che non hanno già ceduto allo sconforto che la sinistra borghese ha alimentato) noi dobbiamo dire che l’instaurazione del socialismo è la via d’uscita dal marasma attuale in cui la borghesia ci ha portato e ogni giorno più ci affonda. Dobbiamo spiegare cosa è il socialismo, perché dopo decenni di denigrazione e di confusione che la sinistra e la destra borghese hanno alimentato, non è più affatto chiaro. Dobbiamo spiegare le ragioni della corruzione e della caduta dei primi paesi socialisti e illustrare gli insegnamenti che essi ci danno. Dobbiamo spiegare agli operai avanzati che l’instaurazione del socialismo è l’unica via d’uscita dal marasma attuale, che essi e solo essi possono instaurare il socialismo, che l’instaurazione del socialismo è un obiettivo realistico, mentre una politica popolare fatta da Prodi o da simili personaggi è un’utopia, come i fatti di tutti i giorni mostrano e confermano.

La sinistra borghese è portavoce politica di quella parte della borghesia che difende il capitalismo ma vorrebbe far stare meglio anche i lavoratori e il resto delle masse popolari: una parte della borghesia che è rara e diventa sempre più rara. Il suo terreno è la sofferenza delle masse, il disagio sociale.

Noi comunisti siamo portavoce e organizzatori di quella parte dei lavoratori e delle masse popolari che vogliono prendere il potere e creare una nuova società, la società comunista. Il nostro terreno è la lotta di classe.

Anna M.

 

 


Bisogna organizzare
la rivoluzione?

 

Lenin risponde chiaramente nei testi

-   Due linee (14 febbraio 1905)

-   Dobbiamo organizzare la rivoluzione? (21 febbraio 1905).

Ambedue i testi sono in Opere complete vol. 8 e sono reperibili sul sito Internet del Partito

http://lavoce-npci.samizdat.net

sezione Classici del marxismo.

 

La conquista del potere, l’instaurazione del socialismo è un salto di qualità nella storia della nostra società. È il risultato dell’accumulazione quantitativa di tanti avanzamenti e vittorie in campi diversi.

Il partito comunista deve promuove-re e dirigere questa accumulazione quantitativa per arrivare al salto qualitativo. Non si arriverà al salto qualitativo, se non si conduce l’accumulazione quantitativa.

 

La strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata si basa sull’analisi teorica svolta da Engels a proposito della Germania all’inizio della fase imperialista (1895) ed è stata confermata dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria nei paesi imperialisti (1900-1945).

 

Mao Tse-tung ha dato un’elaborazione completa della strategia della GPR di LD riferita al caso concreto della rivoluzione cinese (1919-1949). Le Opere di Mao Tse-tung (Edizioni Rapporti Sociali) sono reperibili anche sul sito Internet del Partito

http://lavoce-npci.samizdat.net - sezione Classici del marxismo.