La Voce 2

Il ruolo storico dell’Internazionale Comunista

lunedì 12 luglio 1999.
 

Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario della fondazione dell’Inter-nazionale Comunista. Essa venne fondata nel marzo del 1919 per impulso del Partito Comunista (bolscevico) della Russia (PC(b)R), sotto la direzione di Lenin. Fu il quartier generale del movimento comunista a livello mondiale.

Noi siamo alla vigilia di grandi avvenimenti. La seconda crisi generale del capitalismo ha fatto sostanziali passi avanti. L’aggressione degli USA e della NATO alla Jugoslavia è l’anticamera della nuova guerra tra gruppi e Stati imperialisti per la spartizione del mondo. La guerra in cui la borghesia imperialista sta trascinando il mondo è la continuazione della lotta in corso da alcuni anni tra gruppi imperialisti. Questa lotta si trasforma gradualmente e inevitabilmente in lotta tra Stati imperialisti, quindi in guerra. Aspetti di questa lotta sono la costituzione di giganteschi monopoli a livello mondiale, l’appropriazione della massima parte del plusvalore estorto ai lavoratori dei paesi imperialisti, la ricolonizzazione dei paesi coloniali, la rapina e il saccheggio dei paesi socialisti, l’eliminazione delle conquiste strappate dalle masse popolari dei paesi imperialisti, l’aumento al di là di ogni limite finora conosciuto dello sfruttamento, dell’oppressione e dell’abbrutimento della massa della popolazione mondiale. In modi e con tempi diversi, la crisi generale colpisce tutti i paesi, la situazione rivoluzionaria che l’accompagna riguarda tutti i paesi, la guerra verso cui l’imperialismo ci sta portando sarà mondiale. Anche il movimento comunista che sta rinascendo nel corso della crisi sarà mondiale. Ancora prima che i partiti comunisti siano riusciti a stringere nuovamente un vincolo organizzativo e a ricostituire un quartier generale della rivoluzione proletaria a livello mondiale, si sta sviluppando la collaborazione tra i partiti comunisti sopravvissuti alla corruzione e alla corrosione del revisionismo moderno, i partiti comunisti che si vengono formando in questi anni e le altre forze rivoluzionarie che lottano contro l’imperialismo e la reazione.

In questo contesto ogni partito comunista deve studiare a fondo l’esperienza dell’IC e fare un giusto bilancio della sua attività.

L’IC formalmente operò tra il 1919 e il 1943, ma in realtà la sua esistenza iniziò nel 1914. Di fronte allo scoppio della Prima guerra mondiale la Seconda Internazionale crollò, corrosa dall’opportunismo e dai primi revisionisti (Bernstein & C). La sinistra dei partiti dell’Internazionale non aveva sviluppato una linea e una pratica organizzative corrispondenti all’analisi della guerra in arrivo, che tuttavia era stata denunciata e illustrata dal Manifesto di Basilea (1912) approvato dal congresso straordinario della Seconda Internazionale. Immediata-mente dopo il crollo della Seconda, iniziò il lavoro per costruire la Terza Internazionale. Come ricostituire l’Internazionale è il sottotitolo dato da Lenin a un suo articolo, pubblicato nel dicembre 1914.

La vita dell’IC si protrasse di fatto oltre lo scioglimento formale del giugno 1943, nel Cominform (1947-1956) e sotto la forma della collaborazione e del reciproco sostegno tra i partiti comunisti di tutto il mondo. Questi rapporti durarono fino al febbraio del 1956. È in questa data che il capofila dei revisionisti moderni, Kruscev, al 20° congresso del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica), li ruppe prendendo unilateralmente e arbitrariamente posizione su problemi relativi al movimento comunista internazionale (bilancio dell’esperienza del socialismo in URSS e dell’attività dell’IC), senza aver discusso preliminarmente con gli altri partiti comunisti. Dato il ruolo preminente che il Partito Comunista dell’Unione Sovietica per ragioni oggettive aveva nel movimento comunista, la deviazione del PCUS ruppe l’unità del movimento comunista e pose fine alla collaborazione tra il complesso dei partiti comunisti. La Conferenza di Mosca di 76 partiti comunisti nel novembre 1957 ( Dichiarazione di Mosca e Manifesto per la pace ) e la Conferenza di Mosca di 81 partiti comunisti nel novembre 1960 ( Dichiarazione del 1960 ) furono tentativi infruttuosi di ricostruire l’unità e la collaborazione tra i partiti comunisti, nonostante il boicottaggio della rivoluzione proletaria che oramai i revisionisti moderni svolgevano su ampia scala.

Quindi la vita dell’IC copre tutto il periodo della prima crisi generale del capitalismo e della prima ondata della rivoluzione proletaria. L’attività dell’IC è perciò una grande e in gran parte inesplorata miniera di esperienza per tutti i comunisti. Noi stiamo affrontando i problemi relativi alla seconda crisi generale del capitalismo e alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che l’accompagnerà. Dal periodo in cui operò l’IC a oggi sono sopravvenute molte e importanti trasformazioni che ogni partito comunista deve individuare,(1) studiare e comprendere e di cui bisogna tenere il debito conto. Tuttavia noi viviamo ancora nell’epoca dell’imperialismo, del declino del capitalismo e dell’ascesa della rivoluzione proletaria: la stessa epoca in cui l’IC svolse la sua attività. Il bilancio dell’esperienza dell’IC è un compito politico, perché riguarda l’orientamento del nostro lavoro nel presente e negli anni a venire. È molto importante che sia condotto in modo giusto.

Il bilancio dell’IC di cui abbiamo bisogno oggi in Italia deve consistere sostanzialmente di due punti.

Punto 1: noi dobbiamo indicare e illustrare:

- quali furono le conquiste pratiche realizzate dal movimento comunista nel periodo dell’attività dell’IC;

- quali furono le cause soggettive di quei successi: le concezioni, il metodo, la linea, le strutture organizzative grazie alle quali l’attività dell’IC raggiunse quei successi.

Perché questo deve essere il primo punto del nostro bilancio? In primo luogo perché oggi nelle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS) del nostro paese non vi è una chiara, vasta e affermata conoscenza dei successi in quel periodo. Quindi vi sono nelle nostre fila mille brecce aperte alla penetrazione della campagna di denigrazione del movimento comunista (che spesso si presenta come denigrazione di Stalin) e di demoralizzazione delle nostre forze che la borghesia imperialista conduce come un aspetto specifico, programmato e adeguatamente finanziato della sua lotta contro la rinascita del movimento comunista. In secondo luogo perché noi FSRS italiane oggi siamo lungi dall’avere assimilato e fatto nostro il patrimonio ideologico e teorico grazie al quale l’IC ha raggiunto questi successi. Il lungo periodo di predominio del revisionismo moderno e il profondo lavoro di corruzione e di diversione da esso condotto hanno rotto la continuità tra noi e l’IC. Attualmente hanno libero corso tra le FSRS concezioni e metodi di pensiero e di azione che l’IC ha già criticato e superato teoricamente e che aveva in larga misura superato anche nella pratica dei suoi partiti comunisti. Fanno perciò parte di questo primo punto del bilancio anche la critica delle concezioni e dei metodi ancora correnti tra le FSRS, ma che costituiscono un arretramento rispetto alle posizioni già raggiunte dall’IC.

Punto 2: noi dobbiamo indicare e illustrare quali furono i limiti che l’IC non riuscì a superare.

Anzitutto è indubbio che le concezioni e l’attività dell’IC presentano errori e limiti. La battuta d’arresto e l’arretramento subiti dal movimento comunista nella seconda metà del secolo indicano al di là di ogni dubbio che nel movimento comunista sono stati commessi errori e che esso non è riuscito a superare alcuni limiti. Per far fronte ai compiti e riprendere l’avanzata, è indispensabile individuare i limiti, distinguerli dagli errori e superarli.

Per errori intendiamo linee, criteri e misure che o contrastavano con principi già acquisiti dal movimento comunista o riflettevano un’inchiesta insufficiente sulla situazione concreta. Il bilancio complessivo dell’attività dell’IC è largamente positivo. Ciò comporta che l’IC nel suo complesso non ha commesso errori gravi e persistenti, di carattere universale. Tuttavia i singoli partiti comunisti, sezioni dell’IC, hanno invece commesso errori anche gravi e persistenti. Anche la sola differenza dei risultati raggiunti nei diversi paesi fa fede di questo. È compito politico irrinunciabile di ogni partito comunista comprendere gli errori del partito di cui è erede e continuatore, fare un bilancio della sua attività e tirarne i dovuti insegnamenti. Noi dobbiamo fare un accurato bilancio dell’esperienza, delle concezioni e dei metodi del vecchio PCI. Il Progetto di Manifesto Programma contiene una sintesi di questo bilancio (pag. 76). 

Per limiti intendiamo che l’IC si è trovata davanti a problemi nuovi, propri di una situazione più avanzata rispetto a quelle che il movimento comunista aveva fino allora affrontato, rispetto alle situazioni che il movimento comunista aveva già compreso e per le quali aveva elaborato concezioni e metodi che facevano già parte del patrimonio che i comunisti dovevano assimilare. Rispetto ad alcuni di questi problemi, l’IC non è riuscita ad elaborare e ad acquisire come patrimonio comune a tutti i partiti linee, criteri e misure sufficienti a risolverli in modo favorevole agli interessi della causa del comunismo, ma la sua esperienza contiene insegnamenti sufficienti per risolverli. Quali sono questi problemi? A mio parere i principali sono i seguenti.

1. La causa e la natura delle crisi generali del capitalismo. Alla fine della Seconda guerra mondiale i comunisti, alla pari dei gruppi imperialisti, ritenevano che i paesi capitalisti sarebbero ripiombati nella crisi economica da cui solo la guerra li aveva sollevati. Al contrario nei paesi capitalisti vi furono circa trent’anni di ripresa dell’accumulazione del capitale e di sviluppo dell’attività economica. Questo limite rese la vita facile alle teorie revisioniste del superamento definitivo della crisi e della guerra.

2. Le forme della mediazione nei paesi capitalisti tra il carattere collettivo già assunto dalle forze produttive e la sopravvivenza della proprietà individuale capitalista delle forze produttive. Lenin aveva indicato chiaramente che l’imperialismo è una sovrastruttura del capitalismo e che è un capitalismo “sui generis” (di tipo particolare). Le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale (FAUS) non sono state individuate, studiate e usate nella lotta politica. Ciò rese la vita facile alle teorie revisioniste delle riforme di struttura e del passaggio graduale al socialismo.

3. La natura dei regimi politici della borghesia nella fase imperialista del capitalismo. Lenin aveva indicato che l’imperialismo tende alla reazione e Stalin aveva precisato che la lotta di classe diventa più acuta man mano che la rivoluzione socialista avanza nel mondo e i paesi socialisti progrediscono verso il comunismo. L’IC comprese e affrontò i regimi terroristici instaurati dalla borghesia (fascismo, nazismo, ecc.), ma non comprese adeguatamente che i regimi dei paesi “democratici” (USA, Inghilterra, Francia, ecc.) erano oramai diventati regimi della controrivoluzione preventiva. Ciò rese la vita facile alle teorie revisioniste della lotta esclusivamente (o principalmente) legale e della via democratica al socialismo.

4. La forma della rivoluzione proletaria e della direzione della classe operaia sul resto delle masse popolari. Era scontato tra i partiti dell’Internazionale Comunista che la classe operaia avrebbe conquistato il potere con la violenza (“il potere nasce dalla canna del fucile”). Non erano però chiare le forme in cui sarebbe avvenuta la raccolta, formazione e accumulazione delle forze rivoluzionarie. Convissero al riguardo nell’IC concezioni e pratiche contrastanti: accumulazione delle forze nell’ambito della legalità borghese in attesa delle condizioni favorevoli per un’insurrezione popolare, fronte popolare, combinazione tra guerra civile rivoluzionaria e guerra imperialista, partito-esercito-fronte delle classi e delle forze rivoluzionarie, guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Ciò rese la vita facile alle tendenze opportuniste e attendiste.

5. La natura e il ruolo dei partiti comunisti. Nonostante la campagna di bolscevizzazione lanciata nella seconda metà degli anni ‘20, nell’IC rimasero partiti comunisti che avevano una concezione principalmente legalitaria del loro compito e partiti clandestini, partiti di massa e partiti di quadri, partiti sostanzialmente parlamentari e partiti che dirigevano nel loro paese la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Ciò lasciò aperta la via alla teoria revisionista del partito di tutto il popolo.

6. Il rapporto tra i partiti comunisti dei vari paesi. Nella Risoluzione del suo scioglimento (1943) l’IC dichiarò che “lungo tempo prima della guerra era già apparso sempre più chiaro che ... la soluzione a mezzo di un centro internazionale dei problemi del movimento operaio di ogni paese a sé preso, si sarebbe scontrata con ostacoli insuperabili” e che “la forma di organizzazione e di unione dei lavoratori scelta dal primo congresso dell’IC veniva superata sempre più ... a tal punto da divenire persino un impedimento al rafforzamento ulteriore dei partiti operai nazionali”. Ma il problema dei rapporti tra i partiti comunisti restò in sospeso. Ciò facilitò il colpo di mano fatto da Kruscev e dal PCUS nel 1956, quando si arrogò il diritto di decidere per tutto il movimento comunista internazionale.

7. La lotta di classe nei paesi socialisti. Che la lotta di classe continuasse nei paesi socialisti era un fatto. Ma la comprensione delle leggi secondo cui si sviluppa, l’analisi di classe della società socialista (in particolare dove è la borghesia nei paesi socialisti) e la relazione tra le contraddizioni di classe nella società di ogni paese socialista e la lotta di classe a livello internazionale restarono tutte questioni in sospeso fino alla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976). Ciò facilitò la vita alle teorie revisioniste della fine della lotta di classe e della scomparsa della divisione in classi nei paesi socialisti.

8. La relazione tra gli Stati e i paesi socialisti. Dopo la Seconda guerra mondiale si formò il campo socialista, composto da più paesi e da più Stati, con tradizioni diverse e diversi livelli economici, politici e culturale. Nel 1919 era stata lanciata la parola d’ordine della federazione sovietica mondiale. Ora si poneva il compito di tradurre in politiche e in istituzioni il principio della fraterna collaborazione tra i lavoratori di tutto il mondo per marciare verso la comunità mondiale dei lavoratori. Non aver affrontato anche teoricamente questo compito rese la vita facile alle tendenze all’egemonismo e alle tendenze nazionaliste.

Si tratta di otto problemi che hanno urgenza diversa, ma sono cruciali per adempiere con successo il compito che ci sta davanti. Dobbiamo quindi indicare gli elementi dell’esperienza dell’IC che ci suggeriscono le soluzioni giuste, le posizioni più avanzate che oggi dobbiamo occupare (il maoismo: vedi Rapporti Sociali n. 9/10, Per il marxismo-leninismo-maoismo. Per il maoismo ). Insomma dobbiamo indicare gli insegnamenti che noi traiamo dall’esperienza dell’IC per andare oltre i suoi limiti.

Non vanno bene i bilanci in cui si dice genericamente che l’IC ha compiuto molte cose positive e che i suoi dirigenti hanno dato un “contributo teorico inestimabile”, ma 1. non si indicano e non si illustrano le cose positive come se non ci fosse in corso una campagna denigratoria che influenza anche le nostre fila e 2. non si illustrano i “contributi inestimabili” come se questi fossero già nostro patrimonio acquisito (cosa che non è - l’influenza della cultura borghese di sinistra sul pensiero delle FSRS lo dimostra).

Tanto meno va bene che dopo questa concessione quasi d’obbligo fatta ai meriti dell’IC, in realtà ci si dedichi solo ad illustrare gli errori e i limiti dell’IC. Noi comunisti non dobbiamo esitare ad esporre alle masse (e quindi pubblicamente) i nostri errori e i nostri limiti. È anzi necessario farlo: per sgomberare la sfiducia creata dai successi conseguiti dalla borghesia contro il movimento comunista è necessario indicare chiaramente quali sono stati i nostri errori e i nostri limiti che hanno consentito alla borghesia di conseguire temporanei successi. Ma dobbiamo fare il bilancio dell’esperienza dal punto di vista del proletariato e alla luce delle concezioni del proletariato rivoluzionario, col metodo materialista dialettico. Dobbiamo invece combattere i bilanci che, stante la mancata assimilazione dello “inestimabile contributo teorico” dell’IC, risentono dell’influenza della cultura borghese, individuano errori e limiti dal punto di vista della borghesia (che però si presenta come “neutrale” e “scientifico”: al di sopra delle classi, degli interessi e delle passioni di classe). Simili bilanci nascondono o travisano i veri errori e limiti importanti ai fini della nostra lotta e non traggono gli insegnamenti necessari a noi per non ripetere gli errori e per superare i limiti. Alcuni bilanci inoltre parlano solo di “errori e deviazioni” dell’IC e non indicano i limiti, che ai fini della nostra lotta sono ancora più importanti degli errori.

In conclusione abbiamo bisogno di un bilancio fatto dal punto di vista della classe operaia che lotta per il potere, allo scopo di definire la linea con cui affrontare i nostri compiti nella seconda ondata della rivoluzione proletaria che sta crescendo attorno a noi.

Ernesto V.

10 aprile ‘99


NOTE

 

1. A volte si è colpiti dall’attualità delle analisi di Marx, di Lenin e di altri esponenti storici del movimento comunista. Sembrano scritte per la situazione attuale. Questa constatazione ci serve ad accantonare nella spazzatura che loro compete le analisi di sociologi, politologi, economisti e altri intellettuali borghesi sulla mondializzazione, sulla fine della storia e in generale sulle “novità” che essi sbandierano. Ma non dobbiamo addormentarci sulla constatazione dell’inconsistenza degli intellettuali dei nostri avversari. È doloroso rileggere oggi, a venti trent’anni di distanza, quello che scrivevano alcuni esponenti del movimento rivoluzionario (Enver Hodja è uno per tutti) fieri e compiaciuti della giustezza e coerenza della nostra concezione del mondo ma del tutto inconsapevoli del cataclisma che si stava preparando per il movimento comunista. Le novità non sono quelle che proclamano gli intellettuali borghesi, ma sono importanti: Forme Antitetiche dell’Unità Sociale, moneta fiduciaria mondiale, spartizione del mercato mondiale tra pochi grandi monopoli, un’economia sociale retta da rapporti sociali capitalisti, un’unità politica e culturale mondiale sotto la forma di dominazione di pochi Stati e gruppi su tutto il mondo. In sintesi il mondo ha fatto grandi passi verso il comunismo, ma li ha fatti sotto la cappa del capitalismo e ciò ha creato un mondo che, proprio per questo contrasto, sta per scoppiare. Abbiamo bisogno della comprensione scientifica delle leggi di questo processo per guidare l’attività rivoluzionaria delle masse.