Il massacro di Mosca è l’espressione concentrata dell’essenza barbarica dell’ordinamento sociale capitalista

mercoledì 30 ottobre 2002.
 

Commissione Preparatoria

del congresso di fondazione del

(nuovo)Partito Comunista Italiano

e.mail: <ekko_20012001@yahoo.com>

pagina web: www.lavoce.freehomepage.com

 

 

Partecipare all’attuazione del piano in due punti per costituire il partito comunista proposto dalla CP:

1. elaborare il Manifesto Programma del partito a partire dal Progetto pubblicato dalla Segreteria Nazionale dei CARC nel 1998;

2. costituire Comitati di Partito clandestini provvisori che invieranno i loro delegati al congresso di fondazione che approverà il Manifesto Programma e lo Statuto del partito ed eleggerà il Comitato Centrale che a sua volta ristrutturerà dall’alto in basso i Comitati di Partito.

 

30 ottobre 2002

Comunicato

In vista dell’85° anniversario della gloriosa Rivoluzione d’Ottobre

 

 

- Il massacro di Mosca è l’espressione concentrata dell’essenza barbarica dell’ordinamento sociale capitalista e l’emblema della politica di mobilitazione reazionaria delle masse popolari russe condotta dalla banda Putin e delle sue relazioni con gli altri gruppi e stati imperialisti.

- La borghesia imperialista elimina in ogni paese e in ogni campo le conquiste di civiltà e di benessere strappate dalle masse popolari, rafforza in ogni paese il centralismo statale, il militarismo, la controrivoluzione preventiva, l’oppressione nazionale e la discriminazione contro i lavoratori di nazionalità diversa dalla nazionalità dominante e crea un esercito crescente di affamati, emarginati, disoccupati e disperati.

- Attentati, massacri e altre attività terroristiche sono diventate lo strumento corrente della politica interna e internazionale dei gruppi e Stati imperialisti e la borghesia imperialista ha denominato "guerra mondiale contro il terrorismo" la guerra di sterminio che essa conduce contro le masse popolari dei paesi oppressi e degli stessi paesi imperialisti.

 

Solo se si inquadra quello che è successo a Mosca tra la sera di mercoledì 23 e il mattino di sabato 26 ottobre nel suo contesto storico e politico è possibile capirne in modo giusto il senso e condurre tra le masse popolari un’efficace opera di orientamento contro la borghesia imperialista che cerca di sfruttare anche quel massacro per rafforzare la sua oppressione. Chi si limita a lanciare espressioni di pietà per le vittime o a invocare dalla banda Putin l’indipendenza del popolo ceceno, o è uno sciocco o è un imbroglione complice dei gruppi imperialisti come chi cinicamente giustifica in nome della "ragione di Stato" o del "non c’era altra via d’uscita" anche questo misfatto del governo Putin. Non è un caso che tutti gli Stati e gruppi imperialisti concordano nel ritenere necessario e inevitabile l’"intervento antiterrorista" compiuto dalla banda Putin. Essi hanno a casa loro problemi analoghi e hanno in comune con la banda Putin la concezione che li guida. Nonostante le loro differenze e le lotte di interessi che li contrappongono, contro le masse popolari essi sono uniti dagli stessi comuni interessi di classe, dagli interessi della borghesia imperialista.

La banda raccolta attorno a Putin cerca di accreditarsi presso il popolo russo come il suo difensore contro le altre nazioni della Federazione russa proprio per nascondere il suo vero ruolo. In realtà la banda Putin è la maggior responsabile dell’oppressione del popolo russo, che essa affama, prostituisce e sprofonda in uno stato cronico di disperata decadenza e di vergognosa regressione. Essa trasforma il paese della gloriosa Rivoluzione d’Ottobre che ha risvegliato i popoli e gli oppressi di tutto il mondo alla lotta per la libertà e il socialismo, il glorioso paese di Lenin e di Stalin amato dagli oppressi di tutto il mondo, focolaio e retroterra delle loro lotte rivoluzionarie, nuovamente nel paese delle carestie e dell’arretratezza come ai tempi degli zar. Contemporaneamente essa cerca di mobilitare il popolo russo ai propri ordini contro il diritto delle altre nazioni, grandi o piccole che siano, a decidere autonomamente del proprio destino fino a separarsi dalla Federazione russa e a costituire Stati indipendenti. Essa trasforma nuovamente il glorioso paese del socialismo in una prigione di popoli come ai tempi degli zar.

Negli USA il paese più ricco del mondo, centro dell’imperialismo e baluardo mondiale della reazione, la banda Bush cerca con attentati e manovre terroristiche di ogni genere (come ad esempio gli attentati dell’11 settembre, la campagna terroristica dell’antrace, la campagna allarmistica sul cecchino di Washington) di mobilitare ai suoi ordini le masse popolari americane contro il resto del mondo, mentre contemporaneamente le sta sprofondando nella nuova crisi generale del capitalismo.

In Italia la banda Berlusconi cerca, con la benedizione del Vaticano e di Ciampi, di accreditarsi presso le masse popolari come garante della "coesione e solidarietà nazionale contro gli egoismi locali" e loro baluardo contro "il terrorismo interno e internazionale". In realtà, mentre impoverisce le masse popolari italiane, elimina le loro conquiste di civiltà e di benessere e partecipa al saccheggio dei paesi oppressi, essa fomenta lo sciovinismo nazionalista e la discriminazione nazionale come si è visto con le persecuzioni legali e di fatto contro i lavoratori immigrati, col referendum di Bolzano, con il ritorno dei Savoia e il loro risarcimento per l’"offesa" subita nel 1946 quando furono cacciati dal paese, con la campagna per l’inno nazionale e l’orgoglio nazionale delegata a Ciampi, fino alla riabilitazione e all’esaltazione del regime fascista esibite apertamente nella parata militare della Festa della Repubblica dello scorso 2 giugno e nella celebrazione di El Alamein del 23 ottobre.

I gruppi imperialisti di ogni paese e i loro Stati seguono nella sostanza la stessa politica di guerra contro le masse popolari per creare condizioni migliori per la valorizzazione dei rispettivi capitali e di mobilitazione reazionaria nella guerra interimperialista. Essi infatti lottano anche tra loro perché ognuno vuole strappare per sé una parte maggiore del bottino dello sfruttamento delle masse popolari. Tutto il mondo è in definitiva già coinvolto nello scontro tra gruppi imperialisti che, non potendosi ancora esprimere in guerra aperta, si attua tramite una sequela di colpi di mano, ricatti e manovre di destabilizzazione a cui ognuno di essi partecipa secondo le proprie caratteristiche particolari.

Gli speculatori e gli avventurieri che all’inizio degli anni ’90 si sono impadroniti delle ricchezze dei popoli sovietici costituiscono ancora oggi gruppi imperialisti di tipo particolare. Essi dispongono di enormi mezzi finanziari, di immense risorse naturali e di grandi potenzialità produttive che fanno di essi dei temibili concorrenti nel sistema imperialista mondiale. Ma il loro sistema di potere nella società sovietica è ancora precario. Ancora oggi una gran massa di lavoratori sovietici non è subordinata o è subordinata solo parzialmente al mercato capitalista della mano d’opera, decine di milioni di sovietici sopravvivono (malamente) grazie ad attività economiche ancora esterne ai rapporti di produzione capitalisti, l’influenza morale dei capitalisti su di essi è molto scarsa (non c’è paese al mondo dove i capitalisti corrono pericoli di vita tanto come nella Federazione russa). La restaurazione del capitalismo è insomma lungi dall’essere completata. D’altra parte la coercizione diretta dell’apparato statale è oggi più limitata di quello che lo era prima del crollo del campo socialista. Essa oggi è limitata dall’insorgenza di molteplici centri autonomi di potere e dalla costituzione di vaste regioni della ex Unione Sovietica in Stati indipendenti. Oltre a rendere di per sé precario il sistema di potere dei nuovi gruppi imperialisti sui lavoratori, ciò alimenta nella Federazione russa sempre nuove tendenze centrifughe che costituiscono un terreno propizio per l’ingerenza politica di altri gruppi imperialisti. La banda Putin è stata portata al potere da una coalizione di questi gruppi imperialisti russi alleati ad alcuni gruppi imperialisti stranieri. Essa difende i loro interessi sia contro le masse popolari russe e gli altri popoli della Federazione sia nella lotta che essi conducono a livello mondiale con gli altri gruppi imperialisti per avere una parte maggiore nello sfruttamento delle masse popolari dei paesi imperialisti e dei paesi oppressi. La banda Putin deve quindi difendere il suo Stato dalle manovre con cui gli altri gruppi imperialisti, in particolare i gruppi imperialisti USA ed europei, cercano di rafforzare le tendenze centrifughe che lacerano la Federazione russa e i contrasti tra essa e gli altri paesi ex sovietici, di accrescere la loro presenza economica e politica, di installare le loro truppe e di creare nuovi protettorati nella parte maggiore possibile dell’ex Unione Sovietica e degli ex paesi socialisti, di estendere i confini della NATO e dell’Unione Europea. Tra queste manovre rientra l’appoggio che i gruppi imperialisti USA ed europei accordano a ogni movimento che possa indebolire e disgregare la Federazione russa.

I gruppi imperialisti USA da tre decenni si proteggono dagli effetti più devastanti della crisi generale del capitalismo succhiando risorse economiche, finanziarie e umane da ogni angolo del mondo, ai danni delle masse popolari di tutto il mondo e sottraendo ricchezza anche agli altri gruppi imperialisti. Ma mentre 50 anni fa essi costituivano l’unica potenza imperialista, oggi sono alle prese con i gruppi imperialisti europei, giapponesi e di altri paesi sempre più insofferenti delle limitazioni, dei controlli, dei tributi e delle pretese a cui sono sottoposti dai gruppi imperialisti USA. Questi hanno quindi nemici in ogni angolo del mondo sia nelle masse popolari sia nei gruppi imperialisti e gli avvenimenti di ogni parte del mondo sono diventati per essi altrettante questioni di "sicurezza nazionale". Essi hanno perciò promosso la "guerra mondiale contro il terrorismo" perché hanno chiamato terroristi tutti quelli che ledono i loro interessi nel mondo, devono portare la loro "guerra mondiale contro il terrorismo" in ogni paese e devono costringere ogni governo a partecipare sotto il loro comando a questa guerra. Come su scala più limitata fecero nel passato Napoleone, gli imperialisti inglesi e Hitler. Per mobilitare le masse popolari americane contro il resto del mondo e per ricattare e destabilizzare i governi che non si piegano alle loro direttive essi usano e manovrano su larga scala attentati e atti terroristici.

Questo è il quadro della politica mondiale creato dai gruppi imperialisti. È in questo quadro che si inserisce il massacro di Mosca. Esso non è il primo e non sarà neanche l’ultimo del suo genere che colpirà le masse popolari russe. Anche in altri paesi si sono già prodotti recentemente massacri di questo genere (New York, Bali) e altri se ne produrranno certamente. I gruppi imperialisti, e in particolare i gruppi imperialisti USA, sono i responsabili di questi massacri. Anche quando non ne sono gli organizzatori diretti o indiretti (e generalmente lo sono), essi sono i responsabili dei contrasti politici, della violazione sistematica dei diritti democratici anche più elementari, della cancellazione delle conquiste delle masse popolari e del marasma sociale da cui nascono questi massacri. Non a caso tutti i governi e le autorità imperialiste strumentalizzano sistematicamente, programmaticamente e su grande scala massacri e attentati per ridurre la massa della popolazione ai loro ordini, per conservare l’ordinamento sociale che genera questi massacri e per proseguire la guerra di sterminio che quotidianamente e silenziosamente essi conducono contro le masse popolari del loro stesso paese e del resto del mondo creando in ogni angolo del mondo una massa enorme e crescente di emarginati, esuberi, affamati e disperati. Giustamente e inevitabilmente crescono in ogni angolo del mondo l’indignazione e la ribellione delle masse popolari contro la borghesia imperialista. La sola efficace strategia di lotta contro la guerra di sterminio condotta dalla borghesia imperialista e contro la guerra interimperialista è che le classi e i popoli oppressi abbandonino ogni illusione di poter vivere in pace e in armonia sotto l’imperialismo e si uniscano al di sopra delle divisioni di razza, di nazione, di lingua e di cultura per lottare insieme contro la borghesia imperialista per la democrazia e per eliminare il suo sistema di potere instaurando il socialismo. Questa unità la può realizzare solo la classe operaia diretta dai comunisti, armati della teoria più avanzata e rivoluzionaria della società attuale, il marxismo-leninismo-maoismo. La vittoria delle classi e dei popoli oppressi è del tutto possibile, anche se la lotta sarà dura.

 

Il massacro che il governo Putin ha compiuto a Mosca è la conferma inoppugnabile che i circa trenta anni di direzione dei revisionisti moderni (1956-1989) e il crollo del campo socialista che ne è stato il risultato hanno gettato i popoli dell’Unione Sovietica e dell’Europa Orientale nel marasma e nell’abbrutimento tipici dei popoli che sono costretti a fare un salto all’indietro nell’evoluzione storica dei loro rapporti sociali e hanno fatto di quei paesi uno dei campi di battaglia in cui i gruppi imperialisti di tutto il mondo si scontrano ognuno per imporre la sua supremazia.

Da quando negli anni ’50 i revisionisti moderni, capeggiati da Kruscev, hanno preso la direzione del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, essi hanno condotto una graduale ma sistematica opera di corruzione e corrosione della società socialista. Hanno sistematicamente soffocato i germi di rapporti sociali comunisti che erano stati creati nei quarant’anni precedenti, hanno sistematicamente rafforzato i rapporti sociali capitalisti o feudali che ancora sopravvivevano e hanno richiamato in vita quelli che potevano essere rianimati. Hanno svuotato del loro contenuto progressista, democratico e popolare le istituzioni socialiste e le hanno trasformate in strumenti per il potere personale arbitrario di chi era preposto a dirigerle e per l’arricchimento individuale degli speculatori più cinici e spericolati. La dissoluzione del legame sociale costituito dal partito comunista e dalle sue organizzazioni di massa, non ancora sostituito dal legame sociale della universale sottomissione ai rapporti di denaro e ai rapporti capitalisti, ha reso i paesi socialisti, che nei quarant’anni di direzione comunista avevano vittoriosamente resistito alla coalizione di tutte le potenze imperialiste e avevano irradiato con forza crescente la loro influenza in tutto il mondo, deboli di fronte ai paesi imperialisti, esposti alla loro influenza e vittime designate dalla loro crisi.

In particolare nei trent’anni della loro direzione i revisionisti moderni hanno gradualmente logorato i rapporti di collaborazione e solidarietà che il partito comunista e le sue organizzazioni di massa dopo la Rivoluzione d’Ottobre avevano gradualmente creato tra i differenti popoli dell’Unione Sovietica con la guerra vittoriosa contro le Guardie Bianche e contro l’intervento delle potenze imperialiste dell’Intesa, con i piani quinquennali, con la collettivizzazione agraria, con la rivoluzione culturale, con la vittoriosa guerra antinazista e con la ricostruzione postbellica. Essi hanno sistematicamente sostituito quei rapporti fraterni con la concorrenza tra regioni progredite e regioni arretrate e hanno sempre più approfondito il distacco tra di esse fino al punto che per le masse popolari di alcune regioni la lotta per la propria sopravvivenza è diventata lotta per la separazione dal resto del paese. Hanno sistematicamente cancellato gli importanti passi avanti fatti nei quarant’anni precedenti verso la pari dignità sociale delle donne e degli uomini e hanno favorito in ogni campo il regresso verso l’oppressione sulle donne. Hanno risospinto indietro verso forme più arretrate di esistenza e verso nuovi rapporti di dipendenza personale quelle popolazioni che nei quarant’anni di direzione comunista, pur partendo da rapporti sociali ancora sostanzialmente feudali, avevano fatto importanti progressi verso la democrazia e il socialismo. Nei loro trent’anni di regno hanno insomma fatto quello che a grandi linee e in un contesto internazionale diverso stanno ora rifacendo i dirigenti della Repubblica Popolare Cinese.

La dissoluzione dell’Unione Sovietica e il crollo del campo socialista alla fine degli anni ’80 hanno infine scoperchiato il letamaio e i nidi di vipere creati dai revisionisti moderni nei trent’anni della loro direzione. Essi hanno voluto dire l’accelerazione brutale dell’imposizione dei rapporti che i revisionisti moderni avevano fino allora cercato di rafforzare, ristabilire e imporre gradualmente. In ogni paese, in ogni regione e in ogni campo il potere è stato preso dai più cinici e criminali avventurieri cresciuti nelle cricche dei revisionisti moderni e dalle peggiori canaglie fasciste e naziste cresciute nell’emigrazione anticomunista rifugiatasi nei paesi capitalisti che si sono gettate vittoriose e avide sui paesi da cui la rivoluzione proletaria aveva cacciato le loro famiglie. L’intervento e l’ingerenza diretta dei gruppi imperialisti americani, europei e giapponesi e dei loro agenti e portavoce ha completato la composizione della piovra che oggi schiaccia centinaia di milioni di uomini e donne dal Mar Baltico fino a Vladivostok, dall’Adriatico fino al Pacifico e che con ogni mezzo li vuole costringere ad andare all’indietro, a costo di eliminare e storpiare moralmente e fisicamente milioni di essi, di immani distruzioni, di un abbrutimento di massa e della eliminazione non solo delle conquiste socialiste, ma persino dei più elementari diritti democratici individuali e nazionali. La lotta tra l’imposizione universale dei rapporti capitalistici e la resistenza dei residui rapporti comunisti e delle mille forme intermedie prodotte dalla decomposizione della società socialista è il substrato economico delle lotte di classe che si svolgono in questi anni negli ex paesi socialisti. Queste lotte sono lungi dall’essere concluse. Esse sono il tallone d’Achille dei gruppi imperialisti russi e degli altri paesi ex socialisti.

La restaurazione del capitalismo e di rapporti semifeudali di dipendenza personale hanno ampliato e rafforzato il regno della criminalità organizzata col suo contorno di criminalità minuta nate entrambe sotto la protezione dei revisionisti moderni, hanno generalizzato l’asservimento, la fame, la prostituzione, l’alcolismo, la speculazione e lo sfruttamento più selvaggio. Hanno letteralmente condannato a morte per inedia e per avvelenamento milioni di uomini e donne, hanno condannato quasi un’intera generazione di bambini a una vita da sottoproletari e hanno persino ridotto la fertilità dei popoli degli ex paesi socialisti. I nuovi gruppi imperialisti hanno soppresso le autonomie locali e nazionali create sotto la direzione dei comunisti o le hanno strumentalizzate per ritagliarsi posizioni di forza e retroterra per le proprie operazioni di rapina all’interno e nel mondo. Altri gruppi imperialisti non meno criminali a loro volta usano ciò per giustificare la repressione più selvaggia contro alcune parti delle masse popolari (la Cecenia è il caso più noto perché il grande movimento antimperialista dei popoli islamici le ha fatto da cassa di risonanza) e per indurre altre parti delle masse popolari a sottomettersi e a marciare ai propri ordini, come se questa fosse per esse l’unica possibilità di sopravvivenza (la politica della banda Putin è appunto un caso esemplare di questo genere di politica).

Riassumendo. I revisionisti moderni sulla via della restaurazione del capitalismo hanno creato le condizioni economiche, culturali e politiche perché le differenze nazionali si trasformassero in contraddizioni antagoniste. La debolezza del movimento comunista, altra faccia e condizione del predominio dei revisionisti, ha lasciato campo libero perché la direzione della resistenza delle masse popolari all’eliminazione delle loro conquiste fosse presa dai gruppi reazionari e dalle bande di avventurieri sorti sulla scia dei revisionisti moderni. La lotta in corso tra i gruppi imperialisti ha portato i più forti e spregiudicati di essi a cavalcare le rivendicazioni democratiche delle masse popolari degli Stati dei gruppi imperialisti loro concorrenti per ricattarli e destabilizzarli. Non ci sorprenderemmo se in seguito al precipitare dello scontro tra i gruppi imperialisti o quando le masse popolari conquisteranno il potere a Washington o a Mosca, si scoprisse che i gruppi imperialisti USA hanno promosso o facilitato la presa di ostaggi del 23 ottobre a Mosca per ridurre gli ostacoli che il governo del loro "amico" Putin, per difendere gli interessi che i magnati mandatari di Putin (come altri gruppi imperialisti, in particolare francesi) hanno in Irak, oppone all’instaurazione del protettorato USA nell’Irak. E che con il massacro perpetrato il 26 ottobre il governo Putin, oltre che rafforzare il suo potere sulle masse popolari russe, ha inteso dire ai gruppi imperialisti USA che i gruppi imperialisti suoi mandatari questa volta non hanno alcuna intenzione di cedere loro il passo.

 

Certamente alcuni nostri lettori ci attribuiranno una concezione complottarda della politica mondiale. In alcuni casi sono gli stessi lettori che di fronte alla nostra affermazione che il nuovo partito comunista deve essere clandestino scuotono la testa e sostengono che la borghesia con i suoi "servizi" arriva dappertutto e controlla tutto: impossibile quindi per noi comunisti sottrarci al suo controllo e alla sua infiltrazione e svolgere dalla clandestinità un’azione efficace e duratura di orientamento, mobilitazione, organizzazione e direzione del movimento di massa. Ma di fronte ad attentati e massacri di cui la borghesia imperialista approfitta per promuovere la mobilitazione reazionaria delle masse, di fronte alle "stragi di Stato", questi stessi apologeti dell’onnipotenza della borghesia imperialista si mettono in pace la coscienza aderendo alla versione ufficiale degli avvenimenti, che implica che la borghesia con i suoi "servizi" controlli poco o nulla di quello che succede sotto il suo naso.

A parte queste contraddizioni di alcuni dei nostri critici, noi dobbiamo ammettere che effettivamente non abbiamo "prove giudiziarie" circa gli autori specifici dei singoli massacri e attentati. Ma la nostra spiegazione degli avvenimenti è la più verosimile, anche se non suffragata per ogni singolo avvenimento da "prove giudiziarie". Né del resto potrebbe esserlo, perché le manovre occulte, i complotti, i colpi di mano, i ricatti e la diplomazia segreta costituiscono oggi il 90% delle relazioni internazionali tra gruppi e Stati imperialisti. Solo chi nutre illusioni democraticiste crede che il "teatrino della politica", come sfrontatamente Berlusconi ha battezzato quello che gli uomini politici borghesi mostrano e dicono alle masse, costituisca la sostanza vera dei rapporti politici borghesi. D’altra parte il movimento comunista è ancora troppo debole per riuscire a controllare in dettaglio le manovre della borghesia e a smascherarle con informazioni precise e tempestive: quando saremo a questo punto in linea generale potremo anche prevenirle. Tutti i gruppi imperialisti sono interessati a nascondere alle masse popolari la comune politica di rapina, ricatti, stragi e aggressioni e la spartizione, secondo i rapporti di forza instaurati con quella politica, del bottino che raccolgono ai danni delle masse popolari dei paesi oppressi e dei paesi imperialisti. Ma la nostra ricostruzione degli avvenimenti attuali è quella più coerente col carattere dei protagonisti della politica mondiale e delle relazioni che vi sono tra loro e quella più suffragata dall’esperienza storica. Se in una zona di Mafia dove tutti i commercianti pagano il pizzo, un commerciante che si rifiuta di pagare viene trovato morto come altri che l’hanno preceduto nel rifiuto o il suo negozio brucia, ogni persona sincera e sana di mente giustamente accusa la Mafia del misfatto, anche se non si può in assoluto escludere che quel particolare omicidio o incendio sia dovuto ad altro. Esistono forse a tutt’oggi le "prove giudiziarie" che la strage di Portella delle Ginestre (1947) fu promossa dalla DC e dalla Mafia per "dare una lezione" ai contadini siciliani che si ribellavano raccolti attorno alla bandiera del movimento comunista? In realtà ancora non esiste neanche la "prova giudiziaria" che la strage di piazza Fontana è una strage dello Stato DC e USA, come non esiste la "prova giudiziaria" che il Vaticano e la Mafia sono i mandanti dell’omicidio Calvi, come non esiste la prova di centinaia di altri misfatti di gruppi della classe dominante. Ma non vi sono dubbi quale sia la ricostruzione più verosimile di quegli avvenimenti. Parimenti non vi è dubbio che la denuncia che noi conduciamo contro i gruppi imperialisti per gli attentati e i massacri di questi mesi educa i lettori a capire la situazione reale, anche se per ipotesi la ricostruzione di qualcuno degli avvenimenti non fosse reale. Ovviamente noi diciamo e dobbiamo sempre dire chiaramente che la nostra ricostruzione è la più verosimile, anche se non conosciamo i dettagli degli avvenimenti perché la borghesia imperialista manovra nell’oscurità. Questo per evitare che l’eventuale scoperta che la nostra ricostruzione di un particolare avvenimento non corrisponde alla realtà, indebolisca l’efficacia dell’immagine che noi diamo del mondo e dei protagonisti della politica mondiale che invece è vera.

In conclusione, non vi è dubbio che quelli che ci accusano di avere una concezione complottarda della politica mondiale sottovalutano gli sforzi che la borghesia imperialista deve fare per mantenersi al potere e imporre la sua disciplina alle masse popolari mentre la crisi del capitalismo avanza in modo via via più drammatico; sottovalutano il suo cinismo e la sua ferocia; hanno e propagandano una concezione idilliaca e conciliatoria del mondo in cui apparenze ed essenza del movimento politico coincidono: una concezione che illude e addormenta le masse popolari. Perché credono ancora sulla parola alla borghesia imperialista dopo le ripetute prove di complotti e di operazioni di disinformazione che essa ha dato? Hanno forse loro conoscenza diretta e indipendente che le cose sono veramente andate come la borghesia imperialista le presenta? Perché tanta fiducia e credulità verso la borghesia imperialista e tanta diffidenza verso di noi? Quali interessi di quale classe serve la loro condotta?

 

Infine quanto al diritto all’autodecisione nazionale per cui lottano tante piccole nazioni, noi comunisti siamo assolutamente favorevoli al diritto di ogni nazione, per quanto piccola, a decidere liberamente del proprio destino e quindi anche al diritto di decidere di separarsi da uno Stato e di costituire uno Stato indipendente. Questo non perché reputiamo utile e sensato per le masse popolari creare migliaia di staterelli ognuno dei quali inevitabilmente sarà succube dell’uno o dell’altro dei grandi gruppi imperialisti in lotta tra loro. Il nostro sostegno coerente del diritto all’autodeterminazione nazionale e la nostra lotta contro ogni tentativo della borghesia imperialista di tenere con la forza dentro i confini dei suoi attuali Stati le piccole nazioni che se ne vogliono separare (che siano i Baschi o i Ceceni, i Sudtirolesi o i Corsi) sono soltanto l’espressione conseguente della lotta contro qualsiasi oppressione nazionale, della nostra lotta contro l’eliminazione delle conquiste di civiltà e di benessere e dei diritti democratici strappati dalle masse popolari e della nostra lotta per la più ampia e completa democrazia per le masse popolari. Per gli stessi motivi noi siamo assolutamente favorevoli (e l’abbiamo scritto nel nostro Manifesto Programma ) a che ogni comunità locale gestisca autonomamente i propri affari, senza ingerenza di funzionari nominati dall’alto. Anche in ciò ci distinguiamo radicalmente dalla Lega Nord e da altri analoghi movimenti borghesi che si dicono autonomisti. La Lega Nord a parole ha sostenuto in certi momenti l’indipendenza e in altri momenti l’autonomia di alcune regioni, ma mai neanche a parole ha sostenuto l’autonomia di ogni comunità locale, la formazione di autorità centrali solo per libero consenso e per volontaria adesione delle comunità locali, l’elezione democratica di ogni funzionario pubblico. Nella pratica poi la Lega Nord ha solo contrattato e mercanteggiato il suo sostegno al governo centrale dei grandi monopoli e anzi ha contribuito a porvi a capo addirittura il più grande dei monopolisti italiani ed ha abbandonato ogni reale lotta anche solo per il federalismo. E questo è stata una conseguenza inevitabile del fatto che essa, essendo un movimento borghese, non ha mai concepito altro ordinamento sociale che non fosse quello capitalista. Ed è stato una conferma di come di fatto la borghesia tradisce la parola d’ordine dell’autodeterminazione nazionale e la usa solo per imbrogliare le masse. In linea generale anche la lotta per il diritto all’autodeterminazione nazionale come per gli altri diritti democratici delle masse popolari può trionfare solo se è diretta dalla classe operaia come parte ed aspetto della sua lotta contro la borghesia imperialista per il socialismo.

Lo sviluppo dell’imperialismo ha accentuato e accentua in ogni paese e a livello mondiale l’oppressione nazionale e la sua strumentalizzazione da parte dei gruppi imperialisti nella loro lotta contro le masse popolari e nella lotta tra di loro. La limitazione e l’eliminazione dei diritti democratici delle masse comporta anche l’oppressione nazionale e rende inevitabile che la rivendicazione della libertà di separazione e la volontà di separarsi assumano grande importanza politica. È quello che avviene sotto i nostri occhi in tutti i paesi imperialisti, anche in varie regioni italiane. A questo noi comunisti non reagiamo con frasi vaghe e generiche o rinviando l’eliminazione dell’oppressione nazionale, regionale, razziale e di ogni altro genere di oppressione politica (come dell’oppressione delle donne, delle popolazioni di colore, ecc.) a dopo la rivoluzione socialista, ma utilizzando anche i conflitti che sorgono su questo terreno, come motivi per la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e per azioni rivoluzionarie contro la borghesia imperialista.

Noi comunisti sappiamo bene che in definitiva tutte le nazioni si fonderanno. Il comunismo non è soltanto l’abolizione del frazionamento dell’umanità in Stati e di ogni isolamento delle nazioni, non è soltanto l’avvicinamento e la collaborazione delle nazioni, ma anche la loro fusione. I vantaggi della fusione di tutte le nazioni ai fini del comune progresso economico e culturale sono indiscutibili. A chiunque consideri l’evoluzione compiuta dall’umanità nel corso della storia e la natura delle moderne forze produttive materiali e spirituali che sono alla base di ogni progresso futuro, è evidente che noi andiamo inevitabilmente verso simile fusione. Precisamente per raggiungere questo scopo noi dobbiamo però da subito lottare per la liberazione delle nazioni oppresse, mobilitando con ogni mezzo a questo scopo le masse popolari sia delle nazioni oppresse sia delle nazioni dominanti. La fusione delle nazioni è inevitabile: la strada più rapida e meno dolorosa per arrivarvi passa per la completa liberazione di tutte le nazioni oppresse, cioè per la libertà di separarsi e di costituire un proprio Stato. Come l’umanità può giungere all’abolizione delle classi solo attraverso un periodo transitorio di dittatura della classe operaia, così essa può giungere all’inevitabile fusione delle nazioni solo attraverso un periodo transitorio di completa liberazione di tutte le nazioni oppresse, cioè di libertà di separazione. A questo la borghesia imperialista può solo contrapporre il suo interesse a dominare anche politicamente (il suo dominio economico qui è fuori discussione e di per sé la separazione politica non lo elimina, come si è ben visto quando alcune colonie sono diventate politicamente indipendenti) altre nazioni, a dominare anche politicamente la parte più ampia possibile della popolazione mondiale, per sfruttare economicamente i lavoratori con maggiore forza e in qualche misura al riparo dai suoi concorrenti. Noi non ci abbandoniamo al sogno utopistico di una unione pacifica di nazioni con eguali diritti sotto l’imperialismo. Per sua natura la borghesia deve far leva su ogni appiglio per dividere i lavoratori, per contrapporre un gruppo di lavoratori agli altri e quindi fomenta in mille modi la contrapposizione tra lavoratori di razza, nazionalità, lingua, religione e cultura diverse. La borghesia cerca di limitare in vari modi, facendo leva sulla sua dominazione economica, anche l’indipendenza politica dei paesi "indipendenti". Lo si vede benissimo oggi quando si considerano le vicende politiche di paesi anche grandi e con una certa tradizione come l’Argentina, il Brasile e altri. Tanto più energicamente la borghesia imperialista si oppone alla separazione delle nazioni oppresse perché i gruppi imperialisti vogliono sfruttare popolazioni più vaste possibile e tramite il dominio statale su di esse avere più forza per opprimere altri paesi e nella lotta contro gli altri gruppi imperialisti. Questo è un tratto universale: vale per la Federazione russa, per gli USA (Portorico, la popolazione afroamericana, la popolazione di origine spagnola ad esempio), per la Spagna (Paesi Baschi, Catalogna ad esempio), per l’Italia (Sud Tirolo-Alto Adige ad esempio), per vari altri paesi e Stati. La persecuzione e la mancanza di diritti dei lavoratori immigrati confermano che questa tendenza vale per tutti i gruppi imperialisti. In ogni paese i comunisti della nazione dominante non possono limitarsi a un riconoscimento generico del diritto delle nazioni oppresse alla separazione. Tanto meno possono fare come i gruppi imperialisti e i loro portavoce e limitarsi a riconoscere il diritto alla separazione solo per le nazioni oppresse di altri paesi. Essi devono mobilitare la classe operaia e le masse popolari della nazione dominante a lottare contro il mantenimento forzato delle nazioni oppresse nei confini dello Stato del proprio paese. Solo così è possibile costruire e rafforzare l’unità tra gli operai e le masse popolari della nazione dominante e gli operai e le masse popolari delle nazioni oppresse e creare un rapporto di fiducia e di solidarietà nella comune lotta contro la borghesia imperialista. I comunisti delle nazioni oppresse a loro volta devono difendere e attuare l’unità più completa e incondizionata della classe operaia e delle masse popolari delle nazioni oppresse con la classe operaia e le masse popolari della nazione dominante contro la borghesia imperialista e il suo Stato. Senza questo non è possibile alla classe operaia e alle masse popolari delle nazioni oppresse condurre una politica realmente autonoma dalla borghesia, praticare la solidarietà con la classe operaia e con le masse popolari degli altri paesi e neanche condurre una lotta efficace per il diritto all’autodeterminazione nazionale. Senza questa unità, la direzione della lotta per il diritto all’autodeterminazione nazionale cadrà inevitabilmente nelle mani della borghesia delle nazioni oppresse e questa trasforma continuamente le parole d’ordine della liberazione nazionale in un inganno per gli operai e le masse popolari: nella politica interna essa utilizza queste parole d’ordine per accordi reazionari con la borghesia della nazione dominante; nella politica estera tende ad accordarsi con una delle potenze imperialiste fra loro rivali per conseguire i suoi scopi di rapina. Cose che abbiamo visto chiaramente nella politica della Volkspartei in Sud Tirolo-Alto Adige, nella politica della Lega Nord, nella politica dell’UCK in Kosovo e in mille altri casi.

 

Il marasma in cui il tentativo di restaurare a ogni costo il capitalismo ha precipitato i paesi socialisti è la conferma di quanto sia difficile far girare all’indietro la ruota della storia. Il tentativo è ancora lungi dall’avere avuto definitivamente successo. La "lotta di classe pro e contro la restaurazione del capitalismo" è la sostanza di tutti gli avvenimenti che scuotono gli ex paesi socialisti, anche se ognuno di essi si presenta ancora ora sotto la veste di guerra per l’autonomia nazionale, ora sotto la veste di guerra di religione, ora sotto la veste della manovra destabilizzante di gruppi imperialisti concorrenti, ora sotto qualche altra veste. I comunisti devono unire tutti i proletari di tutti i popoli e di tutte le nazionalità per condurre un’efficace lotta per ogni diritto democratico e per il socialismo. Non è degno del nome di comunista chi si oppone alle rivendicazioni democratiche che questo o quel settore delle masse avanza contro la borghesia imperialista perché esse "sono mal formulate", perché sono "portate avanti con metodi sbagliati", perché sono difficili da realizzare nell’ambito dell’imperialismo, perché sono strumentalizzate da gruppi imperialisti concorrenti, perché la borghesia imperialista svuota l’indipendenza nazionale, o con qualche altra giustificazione del genere. Persino le manovre destabilizzanti che i gruppi imperialisti conducono facendo leva su rivendicazioni democratiche delle masse oppresse dai gruppi imperialisti concorrenti, hanno seguito solo nella misura in cui le masse popolari sono effettivamente oppresse. Il rifiuto della lotta rivoluzionaria per i diritti democratici, ivi compreso il diritto alla separazione statale, favorisce l’unità, in realtà sottomissione, della classe operaia e delle masse popolari della nazione dominante con la borghesia imperialista anziché la netta contrapposizione e la lotta rivoluzionaria contro di essa. Parallelamente tale rifiuto favorisce l’unità, in realtà sottomissione, della classe operaia e delle masse popolari delle nazioni oppresse con la borghesia o con i capi reazionari delle nazioni oppresse e, tramite questi, con l’uno o l’altro dei gruppi imperialisti. La direzione reazionaria della lotta di alcune nazioni oppresse è una denuncia eclatante del rifiuto dei comunisti di lottare per il diritto democratico all’autodeterminazione nazionale e in generale dell’arretratezza del movimento comunista. I comunisti devono prendere nelle loro mani anche la bandiera della lotta per il diritto delle nazioni oppresse a separarsi, come devono prendere nelle loro mani la bandiera della lotta per ogni diritto democratico delle masse popolari. La prossima rivoluzione socialista nei paesi imperialisti europei e negli ex paesi socialisti sarà la lotta di tutte le classi, di tutti i popoli e di tutte le nazionalità oppresse contro i gruppi imperialisti che li opprimono. Solo la classe operaia può condurre alla vittoria questa lotta, ma in essa confluiranno e ad essa concorreranno anche tutte le rivendicazioni democratiche contro l’oppressione della borghesia imperialista. Per noi comunisti dei paesi imperialisti europei è tanto più importante comprendere la vera sostanza degli avvenimenti di Mosca ora che alcuni degli ex paesi socialisti e addirittura degli ex paesi sovietici entrano a far parte dell’Unione Europea e la lotta di classe che si svolge in essi viene per forza di cose a combinarsi più strettamente con la lotta di classe che si svolge nei nostri paesi. Prima o poi noi comunisti che lavoriamo per ricostruire il movimento comunista, come movimento cosciente e organizzato, riusciremo ad afferrare il bandolo di tutta questa matassa. Perché la rinascita del movimento comunista è l’unica via realistica per dipanarla.

 

Viva la lotta delle classi e dei popoli oppressi contro la borghesia imperialista per la democrazia e il socialismo!

Classi e popoli oppressi di tutto il mondo, uniamoci nella lotta contro la borghesia imperialista, per la democrazia e il socialismo!

La rinascita del movimento comunista è l’unica via realistica per porre fine alla barbarie della società capitalista!

Costituire comitati clandestini del (nuovo)Partito comunista italiano!