La Voce 25

TFR e la trasformazione del sistema pensionistico

mercoledì 25 aprile 2007.
 

Dal legame pensionati-lavoratori alla subordinazione dei pensionati al capitale finanziario e agli speculatori di Borsa

In base alla recente Finanziaria del governo Prodi-D’Alema-Bertinotti, in questi mesi (gennaio-giugno 07) poco meno di 13 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato (tra di loro tutti gli operai) sono chiamati a decidere la collocazione dei futuri accantonamenti per il loro TFR (trattamento di fine rapporto - liquidazione). Di fatto è un “referendum” di grande significato economico e politico, come indice della coscienza e dello stato d’animo attuali e per gli effetti che avrà a lungo termine.

È in ballo la destinazione di circa 19 miliardi di euro l’anno di accantonamenti. Il governo ha già previsto di indennizzare i padroni che perdono un finanziamento a basso interesse. La borghesia e la destra sindacale cercano di indurre i lavoratori ad affidare gli accantonamenti ai fondi finanziari. Per realizzare l’obiettivo, danno meno rilievo possibile alle implicazioni economiche e politiche dell’evento. Nonostante il contrasto d’interessi tra i “fondi aperti” (gestiti da società finanziarie e dalle banche), i “fondi chiusi” gestiti dai sindacati e lo Stato che disporrà di una parte degli accantonamenti non affidati ai fondi, sono d’accordo nel sottrarre ai lavoratori gli accantonamenti e sugli effetti politici dell’operazione.

In quale direzione spingerà la società questo referendum, se avrà l’esito che i suoi promotori si ripropongono?

Dal punto di vista economico, il successo dei fondi accentuerà la trasformazione dei risparmi dei lavoratori regolamentati e garantiti dalla società (contributi sociali (previdenziali), TFR, buoni del tesoro, libretti postali) in capitale di rischio. Prima o poi, più o meno catastroficamente o gradualmente (come successo per le “piramidi” nei paesi ex socialisti dopo il 1989, come successo negli USA per Enron e altre aziende, ecc.), totalmente o in gran parte, la borghesia li mangerà come fa normalmente per i risparmi, in occasione dell’una o dell’altra delle sue crisi finanziarie e dei suoi “scandali” (truffe) finanziari (es. Parmalat, Cirio, obbligazioni (bonds) argentine, ecc.). Il cannibalismo finanziario in Italia ha per di più una storia particolarmente ricca (scandali bancari), legata in sostanza al ruolo economico e politico del Vaticano. Il bilancio statale sarà periodicamente chiamato a rimborsare almeno in parte i risparmiatori truffati dai pescecani della finanza. Nell’immediato il successo del “referendum” aumenterà la massa del capitale finanziario, la forza sociale (economica, culturale, politica) della borghesia imperialista che ne dispone, la precarietà della massa della popolazione.

Lo Stato potrà ridurre le imposte dirette (sui redditi) e i ricchi avranno la parte del leone della riduzione. Infatti riduce le sue spese per i compiti previdenziali, assistenziali, di trasferimento, di mantenimento della coesione sociale. La libertà dello Stato borghese rispetto alla massa della popolazione aumenta, aumenta la sua libertà di manovra.

Alla massa della popolazione (proletari e altre classi delle masse popolari) viene tolta una delle manifestazioni del “trapasso del capitalismo in socialismo”, per usare un’espressione cara a Lenin ( Opere vol. 23 pag. 105 - L’imperialismo e la scissione del socialismo ). Diminuisce la coesione sociale sul piano economico. La borghesia spinge la massa della popolazione a basarsi meno sulla solidarietà sociale e a diventare “capitalista parassitario” (rentier). Come lavoratore vieni tosato, ma ti fanno balenare la prospettiva di essere ricompensato come proprietario di titoli finanziari: una rete di sfruttamento e di rendite che dovrebbe (nelle speranze più ambiziose della borghesia) inglobare tutta o gran parte della popolazione, mettendo ogni individuo come rentier contro gli altri individui (e anche contro se stesso) come lavoratori, tramite il meccanismo del capitale finanziario di cui la borghesia imperialista tira le fila e di cui ha l’assoluto possesso.

La trasformazione dei pensionati in rentier mira a creare un’alleanza tra pensionati e capitalisti, rompendo l’alleanza tra pensionati e salariati. Questa poggiava sull’esperienza di lavoro salariato dei pensionati, ma anche sul legame tra pensioni e salari: 1. era con i contributi previdenziali che l’INPS pagava le pensioni, 2. l’ammontare delle pensioni era legato da vari indici all’ammontare dei salari. Rompendo questi ultimi legami e instaurando un legame tra ammontare delle pensioni e ammontare dei profitti, la borghesia imperialista e i suoi lacchè vogliono piantare un cuneo tra lavoratori salariati e pensionati e legare i pensionati al capitale finanziario.

Schematizzando, si può dire questo. Al culmine delle conquiste (dell’epoca del “capitalismo dal volto umano”), la pensione era una percentuale del salario dei lavoratori della stessa categoria, era rivalutata all’aumentare dei salari, era pagata con le entrate costituite dai contributi previdenziali versati dai lavoratori. Nell’ordinamento che con il “referendum” la borghesia e la destra sindacale cercano di rafforzare, il reddito di un pensionato dipenderà dal rendimento finanziario dei suoi risparmi. Cioè dipenderà 1. dalla massa del profitto realizzato dal capitale complessivo, 2. dall’ammontare dei risparmi di ogni singolo lavoratore. Questo ammontare dipenderà dall’andamento della Borsa, quindi dalle speculazioni e manovre dei pescecani della finanza che gestiscono i risparmi dei lavoratori.

I fondi pensione renderanno l’aristocrazia operaia (i funzionari sindacali e il resto) meno dipendente dal consenso delle masse popolari. I suoi redditi e la sua azione sociale dipenderanno meno, per il loro finanziamento, dalle quote versate dagli aderenti ai sindacati e alle altre organizzazioni delle masse e più dalla gestione dei fondi pensioni e quindi dal mercato finanziario. Le vicende della Lega delle Cooperative (Consorte, Sacchetti ecc.) assicurano che si rafforzerà la fusione dell’aristocrazia operaia con la borghesia finanziaria.

Il “referendum” a cui la borghesia chiama silenziosamente la classe operaia è quindi un’operazione analoga, ma su scala enormemente maggiore, a quella tentata dalla borghesia italiana all’inizio degli anni ’20 del secolo scorso. Allora, nel “biennio rosso”, Agnelli e altri industriali volevano vendere agli operai le aziende perché le gestissero come cooperative, mettendosi così al collo il cappio del capitale finanziario (banche e borse), del capitale commerciale (banche) e dello Stato borghese. Per comprendere meglio il senso dell’operazione di questi mesi, invitiamo i nostri lettori a leggere la descrizione e l’analisi dell’operazione tentata negli anni 20 da Agnelli & C fatte da A. Gramsci nell’articolo La questione meridionale (1926), rinvenibile nel sito http://lavoce-npci.samizdat.net, sezione Classici del movimento comunista - Gramsci.

Riuscirà questa volta la borghesia a condurre in porto la sua manovra? Dipende dalla forza con cui la sinistra darà battaglia alla destra nei sindacati, nelle altre organizzazioni popolari e nel movimento delle masse popolari.

Riccardo A.