La Voce 30

02 - A quattro anni dall’Ottobre 2004

lunedì 3 novembre 2008.
 

Premessa

Queste note sul bilancio a quattro anni dalla fondazione del (n)PCI le stendiamo mentre la crisi generale del capitalismo è entrata in una fase acuta. In tutto il mondo i caporioni della classe dominante sono immersi in un’orgia di fusioni e acquisizioni, crolli e nuove colossali fortune, nuovi centri di potere. Meditano nuovi affari e tramano nuove aggressioni, temono di essere aggrediti, si guardano tra loro diffidenti in cagnesco, nessuno si fida dell’altro, ognuno vuole avere per sé il danaro pubblico dei salvataggi. Un’ombra minacciosa di impoverimento e di guerra grava sulle masse popolari di tutto il mondo.

Le autorità della classe dominante e il clero terrorizzano la popolazione per ridurla a una maggiore sottomissione. La Corte Pontificia e un governo di avventurieri e fascisti, prelati e commedianti, giullari e ballerine dispongono delle risorse e della sorte del nostro paese nel mare in tempesta del mondo e lo conducono di male in peggio in campo economico, morale, intellettuale e ambientale. Dalla borghesia e dal clero niente di buono può venire per le masse popolari.

Gli esponenti della sinistra borghese, della sinistra anticomunista, ivi compresi capi della sinistra sindacale e del sindacalismo di base, da individualisti quali sono, non sanno cosa fare. Le masse popolari ripongono ancora in loro della fiducia ed essi ne sono spaventati. La loro reazione al successo dello sciopero del 17 ottobre lo ha mostrato chiaramente. La classe operaia e le masse popolari invece possono sollevarsi essi stessi dal pantano in cui la borghesia e il clero li hanno condotti. La crisi è tale che comunque non è possibile continuare a vivere come siamo abituati: questo predispone molti ad arruolarsi con noi nel movimento comunista.

La propaganda del socialismo diventa con più urgenza e maggiore valenza il centro di tutta la nostra opera di propaganda. Contemporaneamente dobbiamo promuovere organizzazione a tutti i livelli

La denuncia del cattivo presente senza indicare l’alternativa (non una qualsiasi, arbitraria, ma quella di cui il presente contiene i presupposti, il socialismo) e senza creare le condizioni per cui le masse lottino per realizzarla, alla lunga genera tra le masse popolari paura, cinismo, assuefazione, rassegnazione, individualismo, abbrutimento. Noi comunisti conosciamo l’alternativa e le condizioni. Il vero ostacolo alla instaurazione immediata del socialismo nel nostro paese, in definitiva consiste nel fatto che gli operai avanzati non hanno ancora aderito al comunismo e non si sono ancora organizzati nel Partito. Quindi possiamo utilizzare e valorizzare anche la denuncia che fanno altri.

Mentre combattiamo la borghesia e il clero per rovesciarli e instaurare il socialismo, possiamo costringerli a cedere terreno e a fare concessioni. Lotta per instaurare il socialismo e lotte rivendicative si combinano. Il Partito comunista ha un ruolo centrale in questo processo, lo deve promuovere e dirigere e, allo stesso tempo, la sua sorte dipende da come assolve a questa impresa. La situazione rivoluzionaria in sviluppo produce in abbondanza materiale per la costruzione del nuovo mondo, in particolare reclute e risorse per il consolidamento e il rafforzamento del Partito. La nostra capacità e la nostra disponibilità ad imparare a organizzare la rivoluzione viene posta alla prova della pratica.

 

Nell’arte dell’organizzare la rivoluzione socialista, diventa di gran lunga compito prioritario la costruzione del Partito e la formazione dei quadri e degli organismi. I comunisti non si formano spontaneamente.

Li costruiamo a partire dagli uomini che la società attuale ha formato. In particolare li costruiamo dagli operai avanzati: la loro condizione e la loro esperienza nell’organizzare e mobilitare per le rivendicazioni e per le proteste i loro compagni di lavoro e le altre classi delle masse popolari, li predispongono in modo particolare a svolgere il compito che spetta ai comunisti. La massa dei futuri comunisti li formeremo nella classe operaia.

 

In questa situazione il primo e principale compito dei comunisti è combattere il panico e il pessimismo e continuare il lavoro che abbiamo incominciato quattro anni fa: il consolidamento e rafforzamento del Partito, la rinascita del movimento comunista nel senso indicato in La Voce n. 28 pag. 2, la costruzione del Nuovo Potere, la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata per fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

Questa via è realistica, è l’unica. È possibile percorrerla, ma richiede, principalmente a chi vuole diventare comunista ma anche agli operai e al resto delle masse popolari, uno sforzo quale non hanno mai compiuto in tutta la storia. Richiede di trasformarsi passo dopo passo. Di cessare di essere classe oppressa, classe che esegue, individui ognuno dei quali segue una delle vie che i capitalisti e il clero hanno predisposto, una delle vie che appartengono al loro ordinamento sociale. Di divenire classe dirigente della rivoluzione, protagonista della rivoluzione, costruttrice di un nuovo ordinamento sociale: una via che l’ordinamento sociale borghese e la concezione clericale escludono con forza.

 

Negli anni passati il Partito ha posto solide basi per essere all’altezza del ruolo che deve svolgere nell’impresa che gli operai e il resto delle masse popolari devono compiere.

La fase acuta della crisi non ha sorpreso il Partito. Il Manifesto Programma offre a ogni lavoratore avanzato la chiave per comprendere cosa sta avvenendo nel nostro paese e nel mondo, l’indicazione di cosa ognuno deve fare per ribaltare, tutti insieme organizzati, contro la borghesia e il clero l’immane tragedia che essi impongono alle masse popolari e per orientarsi nel lavoro da compiere.

Quanto a noi già membri del Partito, dobbiamo trasformarci ulteriormente, migliorare la nostra concezione del mondo e il nostro metodo di lavoro, sviluppare su scala più grande il nostro lavoro nei quattro fronti del Piano Generale di Lavoro, reclutare nuovi membri e formare nuovi Comitati di Partito clandestini.

 

1. Sinergia tra lavoro interno e lavoro esterno

Un anno fa, celebrando il terzo anniversario della fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano scrivevamo: “Col Manifesto Programma abbiamo regolato i conti con il passato, abbiamo tracciato a grandi linee il percorso che dobbiamo compiere e siamo finalmente pronti ad affrontare la nostra opera pratica. A questo punto il nostro problema principale diventa l’organizzazione e il metodo con cui organismi e singoli compagni lavorano” ( La Voce n. 27 pag. 6).

Rafforzare la struttura centrale clandestina del Partito, costruire Comitati di Partito, migliorare il metodo di lavoro della prima e dei secondi: questo è il compito che ci ponevamo nel lavoro interno. Resta ancora oggi il nostro compito centrale.

 

Il lavoro interno (il consolidamento e rafforzamento del Partito: struttura centrale clandestina, numero e livello dei CdP clandestini) è il fattore decisivo per avanzare. Per rafforzare il Partito è necessario operare sinergicamente nei quattro fronti di lotta del PGL. Non basta però “fare” o “fare di più”, come dicono alcuni nostri compagni ancora vicini al movimentismo. Bisogna fare, ma con metodo migliore. In altre parole, bisogna intensificare certo le nostre operazioni tattiche, le nostre battaglie e le nostre campagne sui quattro fronti, ma principalmente renderle più funzionali alla costruzione del Partito e del Fronte. Questo significa: migliorare il funzionamento clandestino del Partito a tutti i suoi livelli, elevare la nostra concezione del mondo e il nostro metodo di lavoro (cioè assimilare a un livello superiore il Materialismo Dialettico) e, su questa base, condurre operazioni tattiche, battaglie e campagne sui quattro fronti. Come agire, più concretamente?

L’ampliamento e il miglioramento del nostro lavoro esterno (sui quattro fronti del PGL), “implica che i membri del Partito, della Commissione Provvisoria e dei CdP, che lavorano in organizzazioni pubbliche, distinguano più nettamente il loro lavoro strettamente di Partito (CP e CdP), dal lavoro che compiono (come membri singoli, come CP o come CdP) nelle organizzazioni pubbliche. Ogni membro del Partito, della CP e di ogni CdP, deve dedicare una parte del suo tempo e delle rispettive risorse ed energie al lavoro strettamente di Partito (funzionamento dell’organismo di Partito, rapporto con il Centro del Partito, formazione, lavoro istituzionale dell’organismo del Partito, distinto da quella parte del lavoro istituzionale che l’organismo del Partito svolge tramite e nelle organizzazioni pubbliche). Non farlo, significa avere di fatto rinnegato o rinnegare di fatto la settima discriminante. Che sia anche solo il 10% del proprio lavoro, delle proprie risorse ed energie, ma deve essere nettamente distinto dal resto, benché influisca fortemente sul resto, decida del contenuto del resto e della sua efficacia storica. Il rafforzamento del rapporto con il Centro (corrispondenza, contributi alla stampa, note di lettura del MP, dei Comunicati e di La Voce , osservazioni e proposte, fornitura al Centro di informazioni, di documentazione e di risorse) è l’indice dell’adempimento di questa linea” ( La Voce n. 29 pag. 30).

Nella rivoluzione socialista la spontaneità ha sempre un campo d’azione ben più vasto dell’azione mirata e consapevole, organizzata e diretta. La spontaneità è manifestazione della contraddittorietà intrinseca dell’ordinamento sociale borghese. Si esprime in combattimenti condotti in ordine sparso e sostanzialmente alla cieca da una parte delle masse popolari contro un qualche organismo o settore della classe dominante, ma anche tra parti delle masse popolari, in movimenti che a volte si neutralizzano tra loro e che borghesi, preti, demagoghi e notabili a volte manipolano e strumentalizzano. Ma si trasforma in un’armata efficace che costruisce il nuovo mondo se l’azione cosciente e centralizzata del Partito comunista sa continuamente orientarla, inquadrarla, elevarla, assorbirla. Se ciò non avviene in modo soddisfacente, il limite non sta nella spontaneità e nei suoi protagonisti. Sta nel Partito che non è ancora all’altezza del suo ruolo. “Nel lavoro di massa (sui quattro fronti), principale è l’orientamento ideologico e politico che dobbiamo portare a ogni livello, in modo differenziato, facendo analisi concreta di ogni situazione concreta (usando il Materialismo Dialettico) e seguendo la linea di massa” ( La Voce n. 29, pag. 31).

Il Partito, ogni suo organismo e ogni suo membro deve essere, in ogni ambito in cui svolge la sua opera, all’avanguardia per l’orientamento che porta (la concezione del mondo, la linea che propugna, il metodo di lavoro), di esempio a tutti per lo stile di lavoro e la dedizione alla causa.

Per adempiere a questi compiti, non occorre essere dei geni. Dobbiamo solo imparare a fare l’analisi concreta della situazione concreta. Fare sistematicamente il bilancio del lavoro svolto nell’ottica della Critica-Autocritica-Trasformazione (CAT), contrastando le resistenze al “lavoro a tavolino” (frutto della concezione da “servi che non devono pensare” che ci inculcano la borghesia e il clero) e la concezione burocratica che porta a fare bilanci schematici e superficiali, per “dovere d’ufficio” (e che spesso più che dei bilanci, sono dei resoconti: i fatti senza i loro aspetti contraddittori, le loro relazioni col contesto, la loro storia). Non limitarsi a dire superficialmente “buono” o “cattivo”, ma imparare con uno sforzo mirato e con l’esercizio a distinguere e contrapporre gli aspetti positivi e gli aspetti negativi, a individuare e indicare come superare i limiti. Essere disposti e decisi a trasformarci, per diventare protagonisti più capaci e coscienti del processo che dobbiamo compiere. In altre parole, “andare a fondo” nell’analisi quando si fa un bilancio, mettendo al centro il contenuto, con l’obiettivo di verificare l’applicazione dei criteri e dei principi, elaborarne di nuovi, individuare le tendenze negative da superare e quelle positive su cui far leva, ricavare dal bilancio la linea per avanzare: un bilancio deve essere sempre funzionale all’elaborazione di una nuova e superiore (più concreta) linea. In definitiva, è alla luce dell’adempimento di questo compito che deve essere valutato un bilancio.

Cose che si imparano a fare con lo sforzo individuale, con il lavoro collettivo, con l’esperienza: facendole! Cose che il Partito deve sistematicamente insegnare a fare, elevando il lavoro di formazione dei quadri e dei membri!

 

2. I tratti principali del lavoro svolto

Nell’anno trascorso abbiamo fatto importanti passi avanti in molti campi sia nel lavoro interno sia nel lavoro esterno.

 

2.1. Lavoro interno

Nel lavoro interno abbiamo rafforzato il Centro clandestino (composizione, funzionamento, organizzazione, propaganda). In particolare il Manifesto Programma è oramai disponibile in italiano a stampa (per merito delle Edizioni Rapporti Sociali) e su Internet e in inglese su Internet. Il lavoro redazionale di La Voce è svolto da più compagni e incomincia ad essere meglio organizzato, pianificato e ripartito. Il prossimo passo in avanti da compiere consiste nel migliorare la sinergia tra i redattori: definizione dei compiti e delle rubriche che ognuno di essi deve curare e un piano di formazione specifico per ogni redattore tracciato in base alla rubrica che deve curare. I Comunicati della CP orientano il lavoro con maggiore continuità, sono frutto di un lavoro più collettivo e sono diffusi più ampiamente. La Scuola per Quadri Superiori del Partito ha sviluppato a un livello superiore il suo lavoro. Gli organismi periferici e i Comitati di Partito sono collegati stabilmente e in modo clandestino con il Centro. Tutti i CdP sono sottoposti a uno sforzo e a direzione dal Centro perché migliorino il loro stile e il loro metodo di lavoro ancora artigianale e spontaneista, caratterizzato dalla confusione tra lavoro di Partito e lavoro pubblico.

 

2.2. Lavoro esterno

Il lavoro esterno del Partito si sviluppa sui 4 fronti indicati dal PGL (MP pag. 223-224).

Il Partito ha raggiunto importanti risultati su ognuno dei primi tre fronti del PGL. Le organizzazioni pubbliche in qualche misura influenzate dal Partito che lottano su ognuno di questi fronti, hanno anch’esse fatto importanti passi avanti.

Vediamo i principali risultati e fissiamo anche per ogni fronte i principali ostacoli che il Partito deve superare per sviluppare ulteriormente il suo lavoro.

 

2.2.1. Primo fronte - resistenza alla repressione, lotta contro la repressione e solidarietà (MP pag. 223)

I principali risultati raggiunti: 1. miglioramento nella conduzione di singole campagne, 2. avanzamento nella costruzione di organizzazioni pubbliche modello, 3. progressi nella costituzione di un fronte unito contro la repressione (coordinamento di più organizzazioni pubbliche), 4. espansione dell’azione e delle relazioni internazionali, 5 vittoriosa lotta contro il procedimento giudiziario francese e contro l’OPG con la superiore definizione della linea del “processo di rottura”, della linea del “lavoro su due gambe”, del metodo con cui avvalersi dell’opera degli avvocati.

I principali ostacoli che il Partito deve superare su questo particolare fronte sono 1. una visione frammentaria, ancora poco dialettica della repressione e della lotta contro la repressione, 2. il carattere difensivo delle campagne e delle battaglie e il legalitarismo, 3. la mancanza di una impostazione della lotta contro la polizia politica capace di farla diventare un lavoro di massa.

La visione frammentaria, ancora poco dialettica è dovuta alla non adeguata comprensione della sinergia che lega tra loro campagne, battaglie e operazioni tattiche e tutte le attività (organizzative e di propaganda) che svolgiamo su questo fronte (o che si potrebbero svolgere o per il cui inizio le attività che già svolgiamo creano alcuni presupposti).

Questo limite si riversa

- nella pianificazione dell’attività complessiva per lo sviluppo del fronte,

- nella concezione e nel metodo con cui conduciamo le campagne o le varie attività su questo fronte - che quindi non vengono sempre lanciate e condotte in funzione di un piano di sviluppo del fronte.

Il limite principale del Partito su questo fronte è la tendenza a dar battaglie su questo o quell’aspetto senza dotarsi di un piano di sviluppo complessivo del primo fronte . Per superare i tre principali ostacoli sopra indicati, il Partito deve elaborare un piano di sviluppo complessivo del primo fronte, cioè un piano

- che parta dal ruolo che la repressione ha nel regime di controrivoluzione preventiva nel nostro paese e a livello dei paesi imperialisti della NATO (MP pagg. 46-56) e tenga conto dello sviluppo che sta avendo;

- che distingua e combini (in base alle relazioni che effettivamente intercorrono) la repressione contro i comunisti e il movimento comunista, la repressione contro gli altri organismi e personaggi che sono centri promotori e organizzatori della resistenza delle masse popolari, la repressione contro le masse popolari autoctone e gli immigrati, la repressione a livello nazionale e la repressione a livello internazionale;

- che tenga conto delle relazioni e sviluppi al massimo la sinergia tra la lotta su questo fronte e la lotta sugli altri tre fronti del PGL.

Un piano siffatto

- indicherebbe obiettivi di medio e di lungo termine. In altre parole la campagna x o y deve essere funzionale al raggiungimento degli obiettivi a medio/lungo termine fissati nel piano di sviluppo complessivo del fronte. In base ad essi si valuterebbero anche i risultati di ogni singola campagna, che è una parte funzionale al tutto e non una cosa a sé stante;

- permetterebbe di inquadrare ogni campagna e battaglia in un progetto di più lungo respiro e più complessivo;

- permetterebbe di sviluppare i vari aspetti che devono caratterizzare questo fronte, secondo il principio “una cosa ne contiene una seconda, una terza, ecc.”.

L’impostazione finora prevalente nel lavoro sul primo fronte pecca ancora di spontaneismo, insegue le scadenze e gli avvenimenti, anziché 1. stabilire tra scadenze e avvenimenti un ordine di priorità, tenendo conto di quali più e meglio si prestano al raggiungimento degli obiettivi del Partito, 2. distribuire forze e interventi su ogni scadenza e avvenimento nella misura migliore per raggiungere gli obiettivi di medio e di lungo periodo.

L’impostazione attuale risente dei rimasugli della concezione movimentista da FSRS: “non è possibile pianificare tutto”, “il movimento è tutto, il fine nulla”, ecc. In definitiva, non è ancora adeguata l’applicazione del MD come concezione del mondo, metodo di conoscenza e metodo d’azione.

 

2.2.2. Secondo fronte - mobilitazione delle masse popolari a intervenire nella lotta politica borghese (MP pag. 223)

I principali risultati raggiunti: 1. elaborazione della linea del Blocco Popolare e dei Comitati Popolari di Controllo, 2. superiore sperimentazione nelle elezioni della primavera ‘08, 3. rafforzamento del lavoro nei concentramenti di forze e inizio del lavoro a largo raggio a partire da essi, 4. rafforzamento del Partito dei CARC come organizzazione-modello, 5. sviluppo delle relazioni internazionali.

Nel secondo fronte, nel lavoro tra le masse popolari (costruzione delle liste di Blocco Popolare, dei comitati popolari di controllo, dei comitati elettorali, ecc.), i limiti principali che emergono sono due “di sinistra”: il settarismo e il dogmatismo e due di destra: l’economicismo e lo spontaneismo. Quattro deviazioni che si manifestano in: parlare di socialismo solo con quelli già convinti, non parlare di socialismo alle masse popolari, non aver fiducia nella nostra capacità di trasformare e nel fatto che il mondo si trasforma, mobilitare i simpatizzanti e collaboratori come manovalanza, non aver fiducia nelle masse popolari come creatrici della storia, promettere quello che non possiamo mantenere, mirare solo a risultati immediati, non passare dalla semina alla raccolta.

Nel lavoro verso il campo nemico i limiti principali che emergono sono due di destra: il legalitarismo e l’elettoralismo. In definitiva questi due limiti si possono sintetizzare nel “fare i buoni eletti” o “fare i buoni candidati”, volerci far accettare come persone perbene, accordare fiducia ai personaggi della sinistra borghese, basare il successo del nostro lavoro sulla loro onestà, non approfittare di ogni occasione favorevole per attaccare, ecc. - insomma non tenere l’iniziativa in mano.

I limiti ideologici che abbiamo nel nostro intervento nel campo nemico (legalitarismo ed elettoralismo) indeboliscono anche il nostro intervento sulle masse popolari e la loro irruzione nel teatrino. Più scimmiottiamo la borghesia, meno mobilitiamo le masse popolari (“l’originale vale più della copia”); meno mobilitiamo le masse popolari, più siamo alla mercé della borghesia. Quindi i limiti ideologici che abbiamo nel nostro intervento nel campo nemico indeboliscono l’insieme del nostro lavoro sul secondo fronte e non permettono di fare scuola di comunismo.

Tutti questi limiti (sia quelli inerenti al nostro lavoro con le masse popolari, sia quelli inerenti al nostro intervento nel campo nemico) nascono da una non adeguata assimilazione del ruolo che il secondo fronte svolge nel PGL, da una concezione unilaterale che mette al centro il secondo fronte e non il PGL, che mette al centro la partecipazione alla lotta politica borghese e non la GPRdiLD.

Lo scontro di vecchia data nella storia del nostro paese tra astensionisti di principio (anarchici e bordighisti) ed elettoralisti (sostenitori della via parlamentare) non è ancora definitivamente superato nell’assunzione della strategia della GPRdiLD e del PGL. Si esprime in deviazioni di segno contrario.

Bisogna però chiedersi qual è l’anello della catena che bisogna afferrare per far girare tutta la catena. I limiti che bisogna innanzi tutto affrontare per avanzare nel secondo fronte sono il legalitarismo e l’elettoralismo: solo lottando contro di essi si possono contrastare efficacemente il settarismo, il dogmatismo, l’economicismo e lo spontaneismo. Perché?

Perché solo mettendo al centro la lotta al legalitarismo e all’elettoralismo si può arrivare ad una superiore assimilazione del ruolo del secondo fronte e dell’irruzione nel teatrino della politica borghese nel quadro del PGL e della GPRdiLD e, quindi, creare le condizioni per trattare ad un livello superiore anche il settarismo, il dogmatismo, l’economicismo e lo spontaneismo. Solo attraverso la lotta contro il legalitarismo e l’elettoralismo è possibile trasformarci e orientare la nostra attività in maniera tale da far giocare a fondo alle masse popolari il loro ruolo di “tallone d’Achille” del regime di controrivoluzione preventiva.

La lotta sul secondo fronte merita un’attenzione particolare (analoga a quella che dovremo riservare alla lotta sul quarto fronte). Con la lotta sul secondo fronte il Partito intacca il terzo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva (MP pag. 51-52). È una componente irrinunciabile del nostro piano per accumulare forze rivoluzionarie finché siamo in un regime di controrivoluzione preventiva. E tale è il regime in cui noi siamo. La tesi sostenuta da Proletari Comunisti che il regime attuale sarebbe “nuovo fascismo” è inconsistente - neanche PC ha mai cercato di dimostrarla, né ha tirato le conseguenze politiche che essa comporterebbe se corrispondesse alla realtà: si è accontentato di riecheggiare una tesi di moda tra una parte della sinistra borghese. In realtà avanza tale tesi inconsistente solo per contrapporsi alla nostra elaborazione sul regime di controrivoluzione preventiva e alla linea politica conseguente che ne abbiamo tratto.

Nel nostro paese dopo la Resistenza, la partecipazione delle masse popolari al teatrino della politica borghese, con ruolo subordinato alla borghesia e al clero, ha giocato un ruolo importante nella disgregazione e corruzione fino alla dissoluzione del movimento comunista cosciente e organizzato e del partito comunista e nella sua trasformazione in sinistra borghese. Solo con le elezioni politiche del 2008 la sinistra borghese è stata eliminata dal Parlamento nazionale. Ma essa non solo è ancora presente nei governi regionali, nelle amministrazioni locali e nel Parlamento europeo, ma resta presente in modo camuffato anche nel teatrino della politica nazionale. Noi subiamo ancora, in una certa misura, tutto questo e non ce ne serviamo per attuare la nostra linea (“avanzare marciando su due gambe”).

Il Partito deve scoprire come far giocare in modo più efficace e d’attacco alle masse popolari il loro ruolo di “tallone d’Achille” del regime di controrivoluzione preventiva anche con l’irruzione nel teatrino della politica borghese. È un’impresa di grande importanza, ma anche particolarmente difficile. Dobbiamo far fronte alla tendenza a imitare in vario modo la sinistra borghese, a porci come ala più a sinistra della sinistra borghese da una parte; dall’altra alla tendenza anarchica e astensionista di principio che la storia che abbiamo alle spalle ha particolarmente rafforzato in una parte importante e preziosa delle masse (tendenza che si esprime nel militarismo e nell’astensionismo di principio).

 

2.2.3. Terzo fronte - mobilitazione delle masse popolari nelle lotte rivendicative (MP pag. 224)

I principali risultati raggiunti: 1. con la sua opera di orientamento il Partito ha incominciato a influenzare la sinistra sindacale (nelle aziende) e il movimento di resistenza (fuori dalle aziende), 2. la costituzione di organizzazioni largamente influenzate dal Partito, 3. l’avvio di un intervento sistematico per il rinnovamento del movimento sindacale, 4. l’approfondirsi del contrasto tra la sinistra sindacale e la destra sindacale, la crescente mobilitazione della sinistra sindacale, l’avvio di un processo di coordinamento tra i vari spezzoni della sinistra sindacale.

Su questo fronte più che sui primi due il Partito soffre della mancanza di quadri e deve fare uno sforzo particolare per la loro formazione.

A parte lo sforzo per la formazione di quadri per il lavoro sindacale e per il movimento di resistenza, gli ostacoli maggiori che il Partito deve affrontare su questo fronte sono la limitata comprensione delle potenzialità di rinnovamento del movimento sindacale e del legame tra rinnovamento del movimento sindacale e movimento di resistenza, l’economicismo, il localismo e il provincialismo.

Questi limiti nascono da un’errata comprensione della dialettica Partito-terzo fronte, che a sua volta produce l’errata comprensione della sinergia tra fronti e della sinergia tra concentramento di forze e lavoro ad ampio raggio.

Nella pratica il centro dell’attività viene individuato nel sindacato, anziché vedere il terzo fronte, in tutta la sua interezza (movimento sindacale e movimento di resistenza), come una componente del PGL (una parte del tutto, legata organicamente e coerentemente al tutto) e il lavoro in esso svolto come una componente funzionale alla costruzione del Partito e all’accumulazione delle forze rivoluzionarie. Questa visione unilaterale ed economicista porta anche a sviluppare la concorrenza e l’antagonismo tra i fronti del PGL, anziché la sinergia. Allo stesso tempo, questa concezione porta a concepire il concentramento di forze come l’unico ambito della propria attività, anziché la base su cui far leva per condurre il lavoro ad ampio raggio nell’ottica del rinnovamento del movimento sindacale e del rafforzamento e allargamento del movimento di resistenza.

 

2.2.4. Quarto fronte - mobilitazione delle masse popolari nel campo culturale (MP pag. 224)

Quanto al quarto fronte invece, esso è il fronte su cui l’influenza del Partito è oggi meno organizzata, benché sia un fronte su cui pullulano le iniziative. Il primo passo che il Partito deve fare su questo fronte è l’impostazione di un intervento sistematico e organizzato, facendo valere a fondo la sinergia con gli altri tre fronti, realizzando delle esperienze-tipo e ricavando criteri e principi da esperienze analoghe condotte oggi o nel passato dal movimento comunista.

Su questo fronte riscontriamo più che su tutti gli altri che oggi la questione della sinergia tra i fronti è uno dei colli di bottiglia per avanzare.

 

2.2.5. Relazioni internazionali

Nell’anno passato abbiamo inoltre finalmente dato un ampio sviluppo alle relazioni internazionali del Partito.

I principali risultati raggiunti: 1. l’avvio di un lavoro sistematico di propaganda in lingua inglese con la creazione di un ufficio traduzione e corrispondenza, 2. la propaganda del Manifesto Programma con il Comunicato di Maggio e altre iniziative, 3. l’impostazione della politica da fronte e della lotta al dogmatismo e all’economicismo per affermare il maoismo come terza e superiore tappa del pensiero comunista. 4. il lancio delle “tre domande” per il dibattito nel movimento comunista internazionale, 5. la presa di posizione a difesa di Sison (settembre ’07), 6. lo schieramento a sostegno della rivoluzione democratica nepalese.

Gli ostacoli maggiori che dobbiamo affrontare su questo fronte sono la debolezza dell’ufficio traduzione e corrispondenza e il carattere ancora precario e non sistematico delle relazioni e delle iniziative.

 

2.2.6. Conclusioni

 Il lavoro del Partito sui 4 fronti, quindi l’attuazione del PGL, risente negativamente

- dei limiti del Partito nella direzione unitaria del lavoro sui 4 fronti del PGL, nella comprensione della distinzione e delle relazioni tra i vari fronti e della loro sinergia, della mancanza di una visione complessiva del lavoro sui 4 fronti come aspetto della GPRdiLD,

- dei limiti nella distinzione e combinazione tra lavoro di Partito e lavoro pubblico, lavoro degli organismi clandestini del Partito e lavoro nelle organizzazioni pubbliche generate e non generate.

La difficoltà a vedere la sinergia tra i vari fronti, porta ad operare da soli (come fronte), oppure ad operare insieme (ad altri fronti) ma non bene, oppure a sviluppare la concorrenza tra fronti e in alcuni casi anche l’antagonismo, la contrapposizione tra fronti.

Il problema di fondo della sinergia tra fronti risiede nella non adeguata assimilazione del PGL e della dialettica tra fronti nel quadro del PGL e del ruolo del lavoro inquadrato dal PGL nell’ambito della GPRdiLD.

La questione della sinergia tra i fronti è uno dei colli di bottiglia che dobbiamo rompere per avanzare.

 

3. Le linee guida per avanzare

Dai successi raggiunti e dai limiti che dobbiamo superare su ognuno dei fronti del lavoro esterno, emerge che per avanzare dobbiamo rafforzare la direzione del Partito sul lavoro esterno. Per raggiungere questo obiettivo il Centro deve curare maggiormente la direzione complessiva e unitaria del lavoro sui quattro fronti del PGL e deve investirsi maggiormente nella costruzione dei CdP e nell’elevamento della concezione che guida il loro lavoro e del loro metodo di lavoro. Ciò pone con rinnovata urgenza il compito di elevare in tutto il Partito, a partire dal Centro, l’assimilazione del Materialismo Dialettico come metodo per conoscere la realtà e come metodo per trasformarla.

Più in dettaglio, questo compito vuol dire introdurre in ogni istanza ad un livello superiore

- la progettazione del lavoro, la pianificazione del lavoro, il bilancio del lavoro fatto, per una progettazione e pianificazione superiori;

- l’analisi concreta della situazione concreta, la pratica della critica-autocritica-trasformazione (CAT), il dibattito franco e aperto a ogni livello e in ogni istanza;

- la lotta contro il legalitarismo e per una maggiore unità teoria - pratica;

- la sinergia: tra lavoro clandestino e legale, tra fronti, tra propaganda e organizzazione, tra individuo e collettivo (concetto strettamente legato alla CAT), tra operazioni tattiche contro il nemico e operazioni tattiche verso la base rossa per accumulare forze, tra concentramento di forze e lavoro ad ampio raggio. Lo sviluppo della sinergia è intrinsecamente legato alla lotta contro la concorrenza e l’antagonismo (ad es. tra fronti, tra individuo e collettivo, ecc).

L’analisi concreta della situazione concreta e la CAT devono portare a rafforzare la lotta contro il legalitarismo e la lotta per l’affermazione della sinergia. Nella fase attuale questi due sono i punti da sviluppare per risolvere la contraddizione principale teoria e pratica, per usare il MD nella pratica.

 

4. La contraddizione principale nel nostro Partito

Ultimata la stesura del Manifesto Programma , la contraddizione principale nel nostro Partito ora è quella tra teoria e pratica. Essa in questa fase si manifesta principalmente come contraddizione tra lavoro clandestino e lavoro legale. Per alcuni compagni la clandestinità è solo una scelta di campo, non è ancora la guida della pratica.

Per progredire, ogni organismo e ogni compagno

- deve sistematicamente tradurre ogni linea (o criterio) generale in linee particolari o in regole: questa linea generale o questo criterio generale, cosa significa per il lavoro di mia competenza, per il mio organismo, per il mio settore di lavoro?

- deve concretizzare ogni linea particolare in una serie di operazioni tattiche.

Senza questo processo di direzione, dall’elaborazione della linea alla sua esecuzione, l’attuazione della linea viene lasciata alla buona volontà, all’iniziativa spontanea. Si crea un campo in cui stagna il liberalismo e imperversa la separazione della teoria dalla pratica. La Guerra Popolare Rivoluzionaria e la clandestinità (che è un suo derivato e strumento) diventano vuoti articoli di fede, immagini sacre cui si rendono omaggi rituali. La separazione teoria-pratica è in un certo senso peggio che professare una teoria sbagliata, perché la teoria “giusta” camuffa l’errore che una teoria sbagliata metterebbe invece in luce. Ho volutamente messo giusta tra virgolette, perché se la separazione tra teoria e pratica si protrae e diventa costume, alla lunga anche nel campo della teoria si svilupperanno errori: senza riscontro e prova nella pratica, la teoria diventa arbitraria, si crea un cortocircuito dalle idee alle idee. E da subito ai livelli inferiori la teoria non sarà che scarsamente assimilata, assimilata superficialmente, ripetuta come frasi fatte, non guida per l’azione.

Abbiamo fatto un buon tratto di strada. La fase acuta in cui è entrata la crisi del capitalismo conferma che la nostra analisi del mondo è giusta. Essa, con le lotte rivendicative e con la resistenza che alimenta, ci fornisce nuovi compagni da reclutare. Abbiamo tutte le premesse perché nei prossimi mesi il consolidamento e rafforzamento del Partito facciano un passo avanti.

Dipende solo da noi, attuali membri del Partito. Al lavoro compagni!

 

Nicola P.