Non lasciarsi ingannare dalle manovre e dagli imbrogli della borghesia imperialista!

Comunicato della CP del CC del (n)PCI del 23 settembre 2006
lunedì 25 settembre 2006.
 

Non lasciarsi ingannare dalle manovre e dagli imbrogli della borghesia imperialista!


(nuovo)Partito comunista italiano

Commissione Provvisoria del Comitato Centrale

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Comunicato 23 settembre 2006

Non lasciarsi ingannare dalle manovre e dagli imbrogli della borghesia imperialista!

Le manovre e gli imbrogli a cui ricorre la borghesia imperialista dimostrano quanto sia precario il suo potere!

Il 27 maggio 2005, in occasione dell’arresto in Francia dei compagni Giuseppe Maj e Giuseppe Czeppel, membri del (nuovo)Partito comunista italiano, il Procuratore della Repubblica di Bologna, Enrico De Nicola e il suo procuratore aggiunto Luigi Persico si affrettarono a dichiarare che “le accuse a carico dei CARC erano storia, roba vecchia” (Nota ANSA 27.05.05 Roma 14:50). In realtà invece, mentre i due compari facevano dichiarazioni tranquillizzanti, uno dei sostituti procuratori di De Nicola, Paolo Giovagnoli, stava alacremente lavorando all’ottavo procedimento giudiziario contro la “carovana” del (n)PCI. Pochi mesi dopo, nel febbraio 2006, lanciava una serie di perquisizioni proprio contro membri dei CARC e nello stesso tempo chiedeva alle Autorità Francesi di interrogare per rogatoria i compagni G. Maj e G. Czeppel. A conclusione provvisoria delle sue fatiche, Paolo Giovagnoli a fine giugno 2006 inviava a 12 presunti membri del (n)PCI, di cui ben 7 sono membri del Partito dei CARC, avvisi di conclusione delle indagini preliminari, preludio normalmente alla richiesta di rinvio a giudizio. Ma a tutt’oggi non c’è stato alcun rinvio a giudizio.

Il 23 agosto, dunque in un periodo di vacanza per l’attività giudiziaria non urgente, la Procura di Bologna si preoccupava di smentire anonimamente la notizia, diffusa dal (n)PCI e ripresa dai CARC, dall’ASP e da altri organismi antirepressione, che la stessa Procura si preparava a emettere da 12 a 40 mandati d’arresto contro presunti membri del (n)PCI (ADNKRONOS e Il resto del Carlino). Gli anonimi “ambienti della Procura” stanno ripetendo il tentativo di confondere le acque fatto nel maggio 05 dal tandem De Nicola e Persico.

In effetti in Francia la magistratura antiterrorismo (Louis Bruguière presidente e Gilbert Thiel aggiunto), ossia il Tribunale Speciale parigino a cui la borghesia francese ha affidato la repressione politica in tutta la Francia e nei suoi dipartimenti coloniali, sta velocemente andando verso la conclusione del procedimento giudiziario che, su richiesta delle Autorità Italiane, aveva aperto nel giugno 2003, quando accusò G. Maj e G. Czeppel di “associazione di malfattori avente lo scopo di preparare azioni terroristiche”. Un complotto anticomunista, collaborazione internazionale la chiamano i borghesi, che gli autori hanno cercato di nascondere. Ma, come a volte succede, la verità trapela: in questo caso l’ha spiattellata il giornalista di un grande giornale reazionario francese, Le Figaro, Guillaume Perrault preso dalla foga di inveire contro la sinistra borghese che in Francia si era opposta alla estradizione di Cesare Battisti (Génération Battisti, Plon 2005). Questa magistratura aveva tirato in lungo l’indagine per ben tre anni, girando a vuoto perché non ha mai voluto esaminare il materiale sequestrato nel 2003 in Francia e da essa consegnato alla Procura di Bologna. Ebbene proprio questa magistratura si è “improvvisamente” messa a lavorare freneticamente. Il 15 maggio 06 ha inviato agli imputati l’avviso di conclusione dell’istruttoria. Ha poi rifiutato a tambur battente (assecondata dalla corte d’appello) tutte le domande di approfondimento delle indagini avanzate dagli imputati. A fine maggio ha liberato (dopo 18 mesi di detenzione preventiva intervallati da 12 mesi di libertà vigilata in condizioni vessatorie) due dei tre imputati ancora detenuti, G. Maj e G. Czeppel (il terzo, Ramon Teijelo, membro della Fracciòn Octubre del PCE(r) arrestato a Parigi nell’ottobre 05, è raggiunto da un mandato di cattura europeo emesso dalle Autorità Spagnole che le Autorità Francesi intendono soddisfare) - ma per intralciare la loro attività politica ha mantenuto pesanti restrizioni alla loro libertà (cosa che vale anche per Angelo D’Arcangeli, collaboratore delle Delegazione CP, liberato nel novembre 05 dopo 4 mesi di prigione, allora però contro la volontà della magistratura antiterrorismo e per Manuela Galan, membra della Fracciòn Octubre arrestata nell’ottobre 05 a Parigi e liberata nel febbraio 06).Infine l’8 settembre ha comunicato che l’accusa veniva derubricata ad associazione di malfattori semplice (cioè senza scopo di terrorismo) e fabbricazione e detenzione di documenti falsi. A fine settembre saranno dunque maturate le condizioni previste dalla legge per il loro rinvio a giudizio. Insomma il preludio a una rapida conclusione del procedimento francese con condanna a un periodo di prigione inferiore a quello già fatto.

Perché ora tanta fretta da parte delle Autorità Francesi? Evidentemente per sgomberare il campo al procedimento italiano. Ora che le Autorità Italiane sono pronte, le Autorità Francesi devono chiudere alla svelta il procedimento a carico di G. Maj e G. Czeppel per poterli legalmente consegnare alle Autorità Italiane. Perché queste aspettano a fare il loro rinvio a giudizio? Esse intendono accompagnare il rinvio a giudizio con un nutrito gruppo di mandati di cattura (cosa di meglio per scompigliare l’attività della “carovana” del (n)PCI?). Ma se emettessero ora, quando G. Maj e G. Czeppel non sono ancora estradabili, un alto numero di mandati di cattura a carico di esponenti di organizzazioni politiche italiane, le Autorità Francesi dovrebbero concedere subito l’estradizione degli imputati di Bologna che risiedono in Francia e poi, a processo francese compiuto, quella di G. Maj e G. Czeppel. Una situazione che metterebbe in difficoltà le Autorità Francesi e renderebbe incerta l’estradizione di G. Maj e G. Czeppel. Infatti la collaborazione delle Autorità Francesi alla persecuzione politica messa in opera dalle Autorità Italiane e la loro subordinazione risulterebbero ancora più evidenti e questo allargherebbe in Francia l’opinione pubblica opposta alla subordinazione all’estero, all’estradizione, alla persecuzione politica e all’anticomunismo. Evidentemente conviene alle Autorità Italiane tacitare per ora ogni mobilitazione e allarme, farsi anzitutto consegnare G. Maj e G. Czeppel appena non avranno più pendenze giudiziarie con le Autorità Francesi e solo allora emettere gli altri mandati di cattura. Per questo la Procura di Bologna non solo non fa il rinvio a giudizio, ma si preoccupa di far diffondere smentite: nessun mandato di cattura è in vista. Ma sono smentite anonime, perché la smentita risulterà particolarmente sporca quando verranno emessi i mandati di cattura. Così come si preoccupa di accertare se le dichiarazioni contro l’ottavo procedimento giudiziario a carico della “carovana” del (n)PCI che personalità e organizzazioni francesi già ora le mandano sono effettivamente opera dei firmatari: da fonte sicura ci risulta che ha chiesto ai Renseignements Généraux (i servizi segreti francesi addetti al controllo e schedatura della popolazione) di fare gli accertamenti, cosa che i RG fanno con zelo.

Questo miscuglio di bassi intrighi e mezzucci ingegnosi caratterizza tutta l’operazione giudiziaria condotta dalle Autorità Francesi e Italiane contro la “carovana” del (nuovo)PCI negli ultimi tre anni. Cercare di nuocerci il più possibile, di intralciare il più possibile la nostra attività, di crearci più danni possibile, usando e abusando dei dispositivi legali. Del resto la facciata dell’inchiesta preliminare di Bologna si regge su un quartetto che parla da solo: un sostituto procuratore, Paolo Giovagnoli, volto presentabile della legge, ma anche paranoico scopritore di sovvertitori dell’ordine democratico perfino tra gli studenti che protestano contro il prezzo della mensa universitaria; una commissaria della DIGOS di Modena, Giuseppina Malvi, tipico topo di biblioteca; un ispettore della DIGOS di Bologna, Paolo Vicini, che protetto dai superiori (impossibile depositare querele contro di lui) arrotonda lo stipendio rubando quanto di valore trova durante le perquisizioni; un marginale, Antonio Foglia, prima ladro e ora spia (in attesa di diventare anche commissario di polizia?). Il livello morale delle persone che incarica di difendere il suo ordine sociale, rispecchia la putrefazione della borghesia imperialista.

Questa minuta ricostruzione della sporca collaborazione tra Autorità Italiane e Autorità Francesi contro la “carovana” del (n)PCI illustra e conferma il livello di intrigo e di delinquenza a cui normalmente operano le Autorità che governano il nostro paese, le Autorità che fanno regnare l’ordine della borghesia imperialista nel nostro paese. Il lerciume di questa classe dominante è del resto confermato dalla cronaca di ogni giorno. Proprio ieri, il 22 settembre, il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti ha varato in quattro e quattr’otto, col consenso di tutte le forze politiche borghesi, un decreto che minaccia pene tremende a chi rivelerà il contenuto delle intercettazioni telefoniche fatte da un gruppo di “zelanti servitori dello Stato”. Che cosa hanno di tanto grave da nascondere tutti questi grandi esponenti del regime? Chi tra loro sono i ricattatori e chi i ricattati?

Per quanto riguarda la “caccia ai comunisti”, le condizioni politiche del paese, l’eredità lasciata dalla prima ondata della rivoluzione proletaria, la Resistenza contro il nazifascismo e le conquiste che grazie ad essa le masse popolari sono riuscite a strappare alla borghesia imperialista rendono impossibile alla borghesia mettere apertamente fuori legge il comunismo e interdire per legge partiti e organizzazioni comuniste, come essa fece ai tempi del fascismo. Ne dovranno cambiare molte di cose, prima che la risoluzione Lindblad votata dal Consiglio d’Europa nel gennaio 06 contro il comunismo sia applicabile in Italia ed è difficile che la borghesia ci arrivi. In queste condizioni per prevenire, impedire, rallentare la rinascita del movimento comunista, per legare le mani e la bocca a quanti coerentemente lottano per la rinascita del movimento comunista, per soffocare la resistenza alla sua politica di sfruttamento all’interno e di aggressione all’estero, la borghesia deve ricorrere a sotterfugi e pretesti. Comanda e domina il paese, ma deve agire di soppiatto. Mentire, imbrogliare, aggirare, camuffare: questi sono i metodi con cui la borghesia tiene a bada le masse popolari, finché tiene in piedi la finzione di uno Stato di diritto e di un regime democratico. Solo in casi eccezionali, di notte come dei ladri, con gli immigrati (Abu Omar è oramai un simbolo) e con le persone più malridotte e senza legami, si permette di usare la violenza al di là di ogni vincolo di legge. Se proprio deve eliminare qualcuno, mette in scena l’incidente, l’attentato o il suicidio: un cavalcavia da cui gettarsi o un’auto che va fuori strada. Le guerre, le aggressioni, le occupazioni, le rappresaglie, i massacri perpetrati all’estero sono presentati dalla TV e benedetti dal Vaticano come “interventi umanitari”. La repressione di chi resiste all’eliminazione delle conquiste diventa repressione di reati di diritto comune. La repressione di chi è o può diventare centro promotore, animatore, organizzatore, dirigente della resistenza delle masse popolari alla disgregazione e al caos sociale e all’ordinamento che li generano, diventa “guerra al terrorismo”. La borghesia deve generare nelle masse popolari uno stato d’animo di paura e di ansia per raggrupparle attorno al suo governo e alle sue Autorità: da qui la strategia della tensione a cui in un modo o nell’altro, un momento o l’altro tutti i più importanti Stati ricorrono in questo periodo.

Questa è la situazione. Essa però non dice solo che la borghesia è malvagia: dice anche quanto è precario il potere della borghesia. La borghesia non sta in piedi per forza propria, ma grazie alla debolezza del movimento delle masse popolari, alla sfiducia prevalsa tra gli operai nella propria capacità di instaurare un nuovo ordinamento sociale e trasformare il mondo, alla debolezza da cui il movimento comunista si sta riprendendo sono lentamente. Sta in piedi principalmente perché non ha ancora di fronte a sé un antagonista all’altezza del compito. La repressione nei paesi imperialisti e la guerra nei paesi oppressi sono l’aspetto propriamente politico della crisi generale del capitalismo. Questa porta la borghesia nei paesi imperialisti ad eliminare le conquiste di civiltà e di benessere che le masse popolari le avevano strappato e reprimere quelli che si oppongono alla riduzione; a saccheggiare i paesi oppressi ed aggredire quelli i cui governi non lasciano via libera agli imperialisti.

Ovviamente la borghesia cerca di nascondere il fenomeno generale, cerca di far apparire ogni operazione repressiva e ogni guerra come un caso a sé. Ogni aggressione viene giustificata con la situazione “umanitaria” di questo o quel paese o con la cattiva volontà o gli errori di questo o quel governante (di Ahmadinejad da una parte o di Bush dall’altra). Ogni operazione repressiva viene nascosta dietro la repressione di qualche reato di diritto comune. Proprio questo continuo e diffuso ricorso della borghesia alla menzogna, all’intossicazione dell’opinione pubblica e alla diversione mostra quanto la borghesia ha bisogno, per la repressione e per le aggressioni, del consenso o almeno della passività delle masse popolari. In ogni paese imperialista per proseguire la sua marcia distruttrice la borghesia deve riunire ai suoi ordini almeno una parte importante della popolazione e ridurre al silenzio e alla rassegnazione il resto. Da qui risulta evidente l’importanza dell’attività di informazione, sensibilizzazione e mobilitazione delle masse popolari contro la guerra e contro la repressione, l’importanza della mobilitazione delle masse popolari ad essere solidali con i rivoluzionari prigionieri e con chi altri è colpito dalla repressione, l’importanza che nessun caso di repressione venga lasciato passare in silenzio, l’importanza che ogni caso di repressione sia presentato per quello che realmente è: la manifestazione particolare di un corso generale, l’importanza della collaborazione tra tutti gli organismi antirepressione e della solidarietà di tutte le forze anticapitaliste e popolari di fronte alla repressione.

Noi chiediamo a tutte le organizzazioni comuniste o anche solo democratiche, a tutte le associazioni politiche, sindacali, culturali, sportive, ecc., a tutti gli organismi politici e sindacali, a tutti gli individui che godono personalmente di un qualche prestigio sociale di pronunciarsi apertamente, con dichiarazioni da diffondere tra il più vasto pubblico e da inviare alle Autorità, contro l’ottavo procedimento giudiziario che la borghesia ha montato contro la “carovana” del (nuovo)Partito comunista italiano e di cui è titolare la Procura di Bologna.

Anche in campo repressivo il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti continua la politica del governo Berlusconi-Bossi-Fini. Il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti usa altre coperture e altre parole. Si presenta con discorsi pietistici da preti anziché con l’ostentata arroganza dei ricchi, si giova della collaborazione dei sindacati di regime anziché scontrarsi con loro e cercare di ridurne la forza. Ma esso continua la politica portata avanti dal governo Berlusconi-Bossi-Fini in ogni campo: nell’eliminazione delle conquiste (sanità, scuola, pensioni, contratti di lavoro, ticket, carovita e salari), nella repressione degli oppositori, nella diversione e intossicazione dell’opinione pubblica, nella persecuzione degli immigrati, nel saccheggio e nell’aggressione dei paesi oppressi. L’invio di truppe in Libano ha lo scopo di soffocare la resistenza delle masse popolari libanesi, di ostacolare l’attività di Hezbollah, la principale forza della resistenza libanese al piano di colonizzazione dei sionisti d’Israele e al progetto di dominazione USA nel Medio Oriente.

La mobilitazione delle masse popolari è l’arma decisiva per impedire alla borghesia di realizzare con il circo Prodi il “programma comune” che non è riuscita a realizzare con la banda Berlusconi!

Il consolidamento e rafforzamento della costruzione del Partito a partire dalla clandestinità è il motore decisivo della crescita della mobilitazione delle masse popolari e il suo risultato più qualificato!

Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!