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No al governo dei bassi salari e del carovita!

Comunicato del 23 gennaio 2008
mercoledì 23 gennaio 2008.
 

 

 

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No al governo dei bassi salari e del carovita!
Comunicato del 23 gennaio 2008

 

Il nuovo contratto dei metalmeccanici conferma il regime dei salari da fame ed è un altro passo sulla via della liquidazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro!

 

Mobilitare e organizzare i lavoratori per togliere la direzione alla destra che spadroneggia sui lavoratori nei grandi sindacati di regime!

 

Domenica 20 gennaio i segretari nazionali dei grandi sindacati dei metalmeccanici (Gianni Rinaldini per FIOM, Giorgio Caprioli per FIM, Tonino Regazzi per UILM), con la mediazione del governo Prodi-D’Alema-Bertinotti nella persona del ministro del lavoro Cesare Damiano (ex dirigente CGIL), hanno siglato con i dirigenti delle organizzazioni padronali di categoria (FEDERMECCANICA, ASSISTAL) l’ipotesi di accordo per il nuovo contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici. L’ipotesi di accordo sarà ora sottoposta all’approvazione delle assemblee dei lavoratori nelle fabbriche. Se approvato, regolerà le condizioni di lavoro e di vita per circa un milione e 600 mila di lavoratori, più del 22% dei circa 7 milioni di operai del nostro paese e avrà una grande influenza sulle condizioni di lavoro degli altri lavoratori e sulla vita di tutte le masse popolari del nostro paese.

 

Che cosa comporta per gli operai metalmeccanici direttamente interessati questa ipotesi di accordo? Cosa significa, nel quadro generale della lotta di classe, quindi dello scontro generale tra le masse popolari (gli operai più gli altri proletari più gli altri lavoratori e le corrispondenti famiglie) e la borghesia imperialista nel nostro paese? Che posizione prendere nelle assemblee di fabbrica, che orientamento portare tra i lavoratori e le masse popolari a proposito dell’ipotesi di accordo?

I metalmeccanici costituiscono la categoria di operai più numerosa, ma soprattutto più organizzata, più compatta, più combattiva, con la più lunga e gloriosa tradizione di lotta. È la categoria guida del movimento operaio italiano. Ad essa appartengono quasi tutte le fabbriche che hanno esercitato e quelle che oggi esercitano un importante ruolo di orientamento per tutto il resto delle masse popolari nelle lotte rivendicative e nelle lotte di civiltà e progresso che si sono combattute nel nostro paese. L’esito dello scontro sul loro contratto ha quindi, sia per il Partito comunista sia per la borghesia imperialista, un’importanza che va ben oltre le condizioni dirette e immediate degli operai metalmeccanici.

Da nove mesi i lavoratori metalmeccanici lottano per il rinnovo del contratto di lavoro, scaduto a fine marzo 2007. Fin dall’inizio i punti centrali dello scontro sono stati tre: 1. salario, 2. libertà dei padroni di imporre straordinari, di organizzare l’orario di lavoro lungo la settimana e l’anno e di ricorrere a lavoratori precari (flessibilità), 3. valore del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro a fronte delle trattative aziendali (contrattazione di secondo livello) e individuali, questione che si concretava nella durata che avrebbe avuto il nuovo contratto in tema salariale. Quindi la lotta dei metalmeccanici riguarda questioni centrali nella lotta tra i due campi: 1. reddito dei lavoratori: “ripartizione della ricchezza” tra masse popolari da una parte e dall’altra borghesia, clero e altre classi sfruttatrici, per dirla con le parole della cultura borghese; 2. precarietà del lavoro: durata del lavoro, sicurezza dell’impiego e libertà dei lavoratori di disporre del proprio tempo e di organizzare la propria vita: lavorare per vivere o vivere per lavorare agli ordini dei capitalisti; 3. coesione sociale: solidarietà di categoria, solidarietà di classe, solidarietà sociale oppure “ognuno per sé e dio per tutti”.

Nei nove mesi in cui gli operai metalmeccanici hanno lottato per il nuovo contratto di lavoro, vi sono state altre significative lotte di massa. Ecco le principali: 1. incameramento del TFR da parte della borghesia finanziaria; 2. Protocollo sulla precarietà (luglio 2007 e referendum di ottobre); 3. mobilitazione per la sicurezza e l’igiene del posto di lavoro (contro il quotidiano massacro di lavoratori); 4. sistema pensionistico pubblico (scalone Maroni e scalini Damiano); 5. bilancio del tentato colpo di mano del G8 2001 a Genova; 6. riarmo, ampliamento della basi militari USA e partecipazione dello Stato italiano alle aggressioni imperialiste; 7. basta con la Campania ridotta dalla collusione tra Pubbliche Autorità e camorra a pattumiera dei rifiuti tossici e nocivi d’Italia e d’Europa; 8. crisi della sinistra borghese. In tutte queste lotte i metalmeccanici hanno svolto un ruolo importante. La combattività con cui hanno condotto le lotte per il rinnovo del contratto, in particolare negli ultimi giorni, è stata tale da costituire un problema di ordine pubblico per la classe dominante del nostro paese.

 

Confrontiamo ora i risultati con cui nell’ipotesi d’accordo i tre dirigenti sindacali, il governo e i padroni vogliono chiudere la lotta dei metalmeccanici, nelle tre principali questioni oggetto dello scontro.

-  1. Dal punto di vista dei salari, a fronte dell’aumento del costo della vita, l’accordo è un insulto alla richiesta di salari che consentano a chi lavora di condurre una vita dignitosa. Non c’è neanche un dirigente sindacale, e tanto meno un esponente del governo e un padrone, che osa dire che lui e la sua famiglia accettano di vivere con il salario attuale di un operaio metalmeccanico, sia pure dell’operaio meglio pagato di 5° categoria. Eppure persino la Costituzione della Repubblica Italiana prescrive che ogni lavoratore abbia un reddito che consenta una vita dignitosa a lui e alla sua famiglia. Gli operai sono quindi esclusi dai diritti registrati nella Costituzione Italiana, appartengono a un’altra nazione! Questa è la situazione contro cui lottano i metalmeccanici (e contro cui lottano gli operai di altre categorie: commercio, ecc.). Lo stesso governo Prodi-D’Alema-Bertinotti riconosce che vi è, per dirla con le parole dei suoi esponenti, “un problema di reddito dei lavoratori”; lo stesso dicono gli esponenti più qualificati della destra sindacale (Epifani in testa); Bertinotti giusto un anno fa, nel dicembre 2006, prima che il precipitare della crisi della sinistra borghese lo inducesse a moderare la sua verbosità, si sbracciava con Prodi in dotti discorsi sulla “redistribuzione del reddito” (vedasi Comunicato della CP del 5 dicembre 2006); proprio in questi giorni Prodi e gli altri esponenti del governo PAB in combutta con la destra sindacale (Epifani, Bonanni e Angeletti in testa) promettono aumenti di reddito per i lavoratori: il governo però li realizzerà solo “nei prossimi mesi” se continuerà ad avere la maggioranza parlamentare. L’ipotesi di accordo del 20 gennaio è quindi anche una verifica della serietà e affidabilità dei propositi sbandierati dal governo PAB e dal circo Prodi.

Quali aumenti sono previsti nell’ipotesi di nuovo contratto? La destra sindacale sbandiera un aumento medio di 127 euro lordi al mese. Visti i salari da cui si parte, ovviamente è una miseria. Ma già questa miseria riguarda la 5° categoria, mentre la maggior parte dei metalmeccanici sono inquadrati nella 4° e 3° categoria. Per queste gli aumenti sono rispettivamente 115.89 e 109.54 euro lordi al mese. In realtà poi l’aumento sbandierato non è vero neanche per gli operai della 5° categoria. Vediamo in dettaglio.

Per i 9 mesi già trascorsi dalla scadenza del vecchio contratto (marzo 2007) a dicembre 2007, la 5° cat. avrà (e solo il prossimo marzo) in busta paga un risarcimento di 300 euro lordi in tutto: 33 euro lordi per ogni mese trascorso.

Da questo mese di gennaio fino a dicembre 2008 avrà in busta paga 60 euro lordi al mese.

Tra un anno, dal mese di gennaio 2009 avrà in busta paga altri 37 euro lordi al mese.

Tra un anno e nove mesi, dal settembre 2009 avrà in busta paga altri 30 euro lordi al mese.

Se si considera l’intero periodo di 39 mesi di durata dell’accordo salariale (9 trascorsi dalla scadenza del vecchio contratto (marzo 2007) a oggi più 30 mesi, durata dell’accordo salariale indicata nell’ipotesi), un metalmeccanico della 5° categoria intascherà in tutto 3.036 euro più di quanto intascherebbe col salario del contratto scaduto, cioè meno di 78 euro lordi al mese per un operaio di 5° categoria! Naturalmente l’aumento del costo della vita si sarà mangiato l’aumento ben prima della scadenza. Infatti l’ipotesi di accordo non contiene nessuna misura di ricupero rispetto al carovita.

-  2. Insieme alla volontaria mancata manutenzione degli impianti, i turni da fabbrica dell’800 hanno giocato un ruolo determinante nel massacro della Thyssen-Krupp di Torino: ed è stato solo il caso più clamoroso. Dopo tante lacrime di coccodrillo da parte di governo e sindacati di regime, l’ipotesi d’accordo ci ripropone un ulteriore giro di vite sui tempi di lavoro: più precarietà, più straordinari e meno sicurezza. L’ipotesi di accordo concede ai padroni di imporre altri due giorni l’anno di lavoro straordinario (un sabato lavorativo in più e un giorno di permesso retribuito in meno). Certo, i padroni ne chiedevano 4: perché no? L’appetito viene mangiando.

-  3. Durata del contratto. L’ipotesi di accordo stabilisce che la parte salariale varrà per i prossimi 30 mesi, quindi fino al 30 giugno 2010. Il vecchio contratto è scaduto il 30 marzo 2007, quindi il nuovo CCNL coprirebbe 3 anni e 3 mesi. Il Protocollo del 23 luglio 1993 (Ciampi-Trentin), concluso a compensazione dell’abolizione della scala mobile fatta con l’Accordo Amato-Trentin del luglio 1992, aveva stabilito che i CCNL durassero solo 2 anni per la parte salariale. Certo, i padroni volevano 4 anni tondi: perché no? L’appetito viene mangiando. Padroni, governo e destra sindacale si sono subito congratulati pubblicamente per l’ipotesi d’accordo e si sono ripromessi di ripartire subito e mettere a punto per tutti i lavoratori “nuovi modelli contrattuali” sulla scia dell’ipotesi. In altre parole, allungamento della durata del CCNL (come già in qualche misura fatto nei contratti per i chimici, i postali, i dipendenti pubblici e altre categorie), il carovita che si mangia rapidamente i già magri aumenti del CCNL, i lavoratori ridotti alla contrattazione aziendale e individuale. Per i lavoratori il numero fa la forza e azienda per azienda i lavoratori sono meno numerosi: 1.6 milioni di metalmeccanici per 60.000 aziende, fa in media 27 operai per azienda, quindi la forza contrattuale viene ridotta per la stragrande maggioranza. A livello di contrattazione individuale, la forza contrattuale è zero per quasi tutti gli operai.

In conclusione: aumenti salariali da fame che saranno mangiati completamente dal carovita ben prima che il CCNL arrivi a scadenza, maggiore libertà dei padroni sull’orario dei lavoratori, maggiori rischi di incidenti sul lavoro, decadenza dell’importanza del CCNL e della solidarietà tra lavoratori, in barba alle prediche domenicali della sinistra borghese, del Papa e dei parroci.

 

L’ipotesi di accordo è quindi in linea con l’Accordo di luglio sui gradini (Prodi-Epifani) contro le pensioni, con la Piattaforma contro lo Welfare e con le Finanziarie 2007 e 2008. Firmando questo accordo Rinaldini è venuto meno all’impegno con cui aveva contrastato Epifani e la svendita del sistema pensionistico (l’accordo sui gradini) e ha voltato le spalle alle fabbriche metalmeccaniche che nel Referendum di ottobre votarono contro la Piattaforma Welfare. Probabilmente Rinaldini ha così ottenuto di essere assolto dalla colpa di opposizione alla piena e completa collaborazione con i padroni per cui Epifani, al Consiglio Nazionale CGIL del 22 e 23 ottobre, ha messo sotto accusa lui assieme a Giorgio Cremaschi - Rete 28 aprile e a Nicola Nicolosi - Lavoro e Società. Quali siano stati i compensi, le promesse o i ricatti con cui il governo PAB, i padroni e gli attuali capi dei sindacati di regime si sono accordati su una simile ipotesi di accordo, lo si saprà solo se i sindacalisti onesti non obbediranno alla legge dell’omertà con la destra e metteranno in piazza i discorsi e gli accordi fatti dietro le quinte. Quali che essi siano, l’ipotesi di accordo siglata domenica 20 gennaio è comunque il risultato dell’avidità dei padroni, delle pressioni del governo PAB, del cedimento di una parte della sinistra borghese (impersonata da Rinaldini).

Sull’avidità dei padroni, non c’è nulla da dire: sarebbe come criticare un cane perché ha le gambe storte! Si tratta solo di ricordarsene quando si sentono Montezemolo, Veltroni e simili figuri fare discorsi alati sul futuro del paese e sulla collaborazione che tutti devono prestarvi.

Una nota particolare la meritano invece il Vaticano e la sua Chiesa. Di fronte alla confusione e allo smarrimento che il corso delle cose genera in tanta parte delle masse popolari, essi si ergono come punti di riferimento, ancorati alla tradizione e al buon tempo antico, difensori degli antichi valori tra cui spiccano con sempre più insistenza “la vita e la famiglia”. Bisogna convenire, ricordare e denunciare che nella vita che il Vaticano e la sua Chiesa difendono non rientra la vita degli operai della Thyssen Krupp, di Marghera e degli altri che sul lavoro lasciano la vita e la salute, come non rientra la famiglia dei lavoratori immigrati e degli emarginati a cui fascisti e altri loschi vigliacchi danno la caccia; che tra le famiglie che il Vaticano e la sua Chiesa difendono non rientrano le famiglie dei metalmeccanici e degli altri lavoratori condannate a sopravvivere a fatica con redditi con cui nessun esponente della classe dominante accetta di vivere e condannate a dedicare tutte le proprie energie, la propria intelligenza e la propria salute per cercare di sopravvivere in modo dignitoso e per ciò stesso esclusi dal partecipare a quei “valori spirituali” di cui il Vaticano e la sua Chiesa si dichiarano portatori, rappresentanti, addirittura unici ed esclusivi amministratori e proprietari. Qualcuno ci dirà che stiamo tirando per i capelli il Vaticano e la sua Chiesa in un discorso che riguarda l’ipotesi di contratto di lavoro dei metalmeccanici siglata il 20 gennaio 2008. Anche se i metalmeccanici sono “povera gente” e Benedetto 16° e i suoi sono invece gente collegata “all’alto dei cieli”, il legame è quanto mai reale, tutt’altro che inventato da noi comunisti. Il Vaticano è e intende essere trattato come il governo di ultima istanza del nostro paese. Quindi è responsabile politicamente e moralmente di tutto l’andamento del paese, in ogni suo aspetto. Non è detto che sia d’accordo con ogni misura presa dalle Autorità ufficiali e dai notabili del paese e tanto meno che sia il promotore di ognuna. Ma ne è responsabile perché ogni movimento che si propone di cambiare la classe dirigente del paese o anche solo di riformarla, si trova il Vaticano e la sua Chiesa come ostacolo sulla sua strada. Persino i cattolici di sinistra si scontrano con il Vaticano. Un po’ come avviene nei paesi oppressi, in cui l’Autorità di ultima istanza sono le potenze e i gruppi imperialisti. Anche se questi non condividono tutte le singole misure che le Autorità locali prendono e anzi certamente non ne condividono molte, di fatto essi impediscono e ostacolano ogni movimento per cambiare le Autorità locali, per modificarne l’attività e sono il loro decisivo puntello.

Sul comportamento e sul ruolo del governo PAB, tutto sarebbe detto quando si dice che è stato designato dai padroni, dal Vaticano, dagli imperialisti USA, dai sionisti d’Israele, dalla malavita organizzata per attuare il Programma Comune che il governo Berlusconi-Bossi-Fini si era dimostrato incapace di realizzare per l’opposizione che incontrava tra le masse popolari italiane, in particolare tra gli operai e i metalmeccanici in specie. Le sue intenzioni verso i “redditi dei lavoratori” sono ben documentate dal Protocollo di luglio sullo Welfare, dallo scippo tentato del TFR, dagli scalini dell’età pensionabile, dalla Finanziaria del 2007 e da quella che ha appena fatto approvare in Parlamento. Vale però la pena notare che proprio in questi giorni Prodi e gli altri esponenti del PAB si sbracciano nuovamente, come all’inizio del 2007, a promettere miglioramenti dei redditi dei lavoratori se il governo avrà i voti della sinistra borghese anche a fine gennaio, quando si tratterà di approvare il prolungamento delle spedizioni militari all’estero - vedi Comunicato CP del 14 gennaio 2008 - senza dover dipendere dalla destra, cosa tanto più importante per il governo PAB visti i malumori che serpeggiano in Vaticano: questi non trova abbastanza pronta ed efficace la rispondenza del governo PAB alla sua volontà. Anche se in realtà si tratta solo di ricatti e pressioni volti a ottenere di più, a volte si innestano processi che chi li ha messi in moto non riesce più a controllare.

 

Stabilito però che i padroni e il loro governo cercano di spellare il più possibile i lavoratori, benché siano inquieti sulle conseguenze che il calo del potere d’acquisto e dei consumi ha sull’andamento degli affari e sull’ordine pubblico, resta da capire perché la grande forza dei lavoratori non riesce a imporsi ai padroni e al loro governo. La risposta è semplice, ma per arrivare a capire il da farsi va articolata.

Le destra sindacale spadroneggia nei sindacati di regime e impone la volontà della borghesia, del clero e degli altri ricchi ai lavoratori, con i mille strumenti di imbroglio, corruzione, costrizione e manovra in cui la destra sindacale è maestra. Finché la sinistra sindacale e i lavoratori avanzati non le toglieranno la direzione o almeno non la indeboliranno fortemente, la forza dei lavoratori organizzati nei sindacati non la spunterà contro i padroni e il loro governo. Il governo PAB è il governo della destra sindacale. Giustamente alcuni (come il P-CARC) hanno da sempre detto “governo Prodi-D’Alema-Bertinotti più Epifani”.

Quanto alla sinistra sindacale, essa sta vivendo la crisi della sinistra borghese (vedasi Comunicato CP del 5 dicembre 2007). È in stato confusionale, si sgretola, perde pezzi. Gianni Rinaldini e la corrente di cui è alla testa avevano fatto la fronda, si erano opposti sia pur debolmente al Protocollo sullo Welfare (vedasi Comunicato CP del 14 settembre 2007), ma si sono spaventati della loro audacia. Sotto le minacce e le pressioni, ora hanno ripiegato sulle posizioni di Epifani e del resto della destra sindacale.

Nelle votazioni del Comitato Centrale FIOM di venerdì 18 gennaio sull’ipotesi di accordo, si è staccato da loro un pezzo, formato da esponenti della Rete 28 aprile (capeggiata da Giorgio Cremaschi) e, più timidamente, da esponenti di Lavoro e società (capeggiata da Nicola Nicolosi). Resisteranno e fino a quando alla destra sindacale che indica anche loro tra i bersagli della “caccia ai comunisti” che oramai conduce apertamente nei sindacati di regime?

Deve anzitutto essere chiaro, al di là di ogni dubbio, l’inconsistenza per un verso e il significato reale per l’altro delle giustificazioni che i padroni, il governo e la destra sindacale adducono per far ingoiare alle masse popolari le loro decisioni. I bassi salari, la moderazione salariale, la concertazione (la soggezione ai padroni e al loro governo) sarebbero indispensabili per mantenere (o rendere) competitive le aziende italiane sul mercato mondiale. La bassa produttività del lavoro nelle aziende italiane sarebbe responsabile degli squilibri finanziari, della bassa competitività delle aziende italiane, della disoccupazione e di vari altri mali che affliggono le masse popolari italiane.

-  1. Ora, che un aumento di salario non debba per forza di cosa tradursi in un aumento del prezzo di vendita della merce prodotta, ma possa tradursi invece in una riduzione dei profitti del capitalista mantenendo invariato il prezzo di vendita, è un evento che i padroni giustamente escludono dal punto di vista dei loro interessi, ma è cosa che ognuno può capire: i lavoratori avanzati non devono permettere alla destra sindacale di nasconderlo silenziosamente ai lavoratori.

-  2. È anche facilmente comprensibile, a chiunque non sia reso cieco dai suoi interessi, che la produttività del lavoro, cioè la quantità di merci che un dato gruppo di lavoratori produce in un dato tempo (ovvero il tempo che un dato gruppo di lavoratori deve lavorare per produrre una certa quantità di merci), non dipende oramai più principalmente dal singolo lavoratore ma dalle condizioni organizzative e tecniche in cui i lavoratori svolgono la loro attività. Altrettanto vero e verificabile è che la competitività di un prodotto dipende dalle caratteristiche del prodotto più ancora che dal prezzo di vendita: il paese capitalista con il più alto volume di esportazioni è la Germania che è anche uno dei paesi capitalisti con i salari più alti e con i prezzi più alti. Ora sia l’innovazione di processo produttivo che l’innovazione di prodotto non dipendono né dal salario né dall’iniziativa dei lavoratori, ma dall’iniziativa dei capitalisti. Si dà il caso, da più parti da tempo denunciato e facilmente verificabile, che i capitalisti italiani sono tra i capitalisti dei paesi imperialisti particolarmente restii al rischio, all’investimento, all’innovazione e alla ricerca. Cosa da più parti spesso denunciata anche da esponenti della sinistra borghese. Questi però normalmente omettono di dire da dove viene questa “anomalia” italiana. Essa viene dal marchio di parassitismo che il Vaticano e la Chiesa hanno impresso e imprimono su tutta la società italiana. La borghesia italiana lo ostenta. Berlusconi celebra il suo successo con la magnificenza delle sue cento ville e sfoggiando gli orologi d’oro e i gioielli di cui fa munifico dono ai suoi amici e cortigiani. Mastella è celebre per i pasti luculliani e per le feste faraoniche con cui ostenta il suo successo ai suoi conterranei. La magnificenza della sua corte e le opere di bene rendevano grande un signore, ai tempi del Medioevo a cui il Vaticano e la sua Chiesa sono arroccati. Solo liberandoci dalla tutela del Vaticano e della sua Chiesa ci libereremo dal suo marchio da corte medioevale.

-  3. Resta infine da dire che un ordinamento sociale per il quale il benessere dei lavoratori di un paese dipende dalla capacità delle aziende nazionali di fare le scarpe (perché di questo alla fin fine si tratta quando si parla di competitività) alle aziende di altri paesi, è un ordinamento sociale in cui qualcuno deve sempre stare male. Per stare meno male devi mettere sotto qualcun altro. È cioè un ordinamento da trogloditi, sorpassato dalla potenza delle moderne forze produttive materiali e spirituali che consentono di produrre di tutto per tutti, a condizioni che siano adoperate ragionevolmente per il benessere della popolazione e non più per il profitto dei padroni.

Proprio perché non pone queste semplici verità alla base dei suoi propositi e della sua attività politica, la sinistra borghese non è in grado di mobilitare gli operai e il resto delle masse popolari a difesa efficace dei loro interessi. Infatti la difesa efficace dei loro interessi comporta un’attività decisa per instaurare un nuovo superiore ordinamento sociale: il socialismo. Cosa da cui per sua natura la sinistra borghese rifugge. La denigrazione dei primi paesi socialisti a cui sempre più si abbandona, fino ad arrivare alla riabilitazione del fascismo sorto per soffocarli, non è che la conferma della sua natura di classe da cui neanche i suoi esponenti più colti e più avanzati riescono a prescindere.

 

Detto questo, la conclusione sul che fare viene per così dire da sé. I comunisti, gli operai avanzati, i sindacati alternativi e le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista 1. devono mobilitare i lavoratori metalmeccanici a respingere l’ipotesi d’accordo siglata il 20 gennaio e 2. devono mobilitare gli altri lavoratori e il resto delle masse popolari a sostenere i lavoratori metalmeccanici in questa loro opera, a denunciare, smascherare e combattere in ogni modo e su ogni terreno la destra sindacale, a contrastare i “nuovi modelli contrattuali” che capitalisti, governo PAB e destra sindacale cercheranno di imporre a tutte le categorie.

Vero è che molte volte gli operai hanno respinto ipotesi d’accordo e queste sono state egualmente adottate. Vero è, ancora più, che molte volte comunisti, operai avanzati, sindacati alternativi e Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista hanno cercato di mobilitare la massa dei lavoratori contro sciagurate ipotesi di accordo che la destra sindacale aveva concordato con padroni e governo e che, malgrado un certo successo di mobilitazione, non hanno cambiato il corso delle cose. Sforzo inutile dunque?

Certo, sostanzialmente inutile se resta un episodio che finisce quando l’ipotesi diventa accordo approvato e concluso. Molto utile e fecondo, anche se l’ipotesi diventa accordo approvato e concluso, se lo sforzo di oggi è un passo, un gradino, un tassello di un’attività volta a organizzare e mobilitare nuovamente i lavoratori e le masse popolari, a indebolire e liquidare la direzione che la destra sindacale impone nei sindacati di regime, alla rinascita del movimento comunista, ad accumulare forze per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. La lotta di classe è il motore principale della trasformazione della società, il principale e indispensabile fattore del suo progresso. Per chi condivide questa elementare scoperta del marxismo, è evidente che lavorare alla trasformazione della società vuole principalmente e in definitiva dire dedicarsi a scoprire le leggi della lotta di classe e applicarle. Ogni sforzo che prescinde da questo, che non è raccolto e valorizzato da chi a questo si dedica, resta un agitarsi a vuoto, per alte e sincere che siano le motivazioni etiche e raffinate le esercitazioni intellettuali dei suoi protagonisti.

 

Non c’è niente di fatale in quello che avviene attorno a noi! Il marasma attuale del mondo è solo il risultato del nuovo dispiegarsi della natura dei capitalisti che sono nuovamente liberi dai lacci e laccioli che il movimento comunista aveva loro imposto!

 

È del tutto possibile porre fine all’attuale corso delle cose e instaurare un nuovo ordinamento sociale basato sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e su un’attività economica pianificata e volta al benessere degli uomini!

 

Bocciare l’ipotesi di contratto di lavoro siglata il 20 gennaio dai vertici FIOM, FIM E UILM!

Battere la destra sindacale e liquidare la direzione che essa impone nei sindacati di regime!

 

Studiare e applicare le leggi secondo cui si svolge la lotta di classe, per rendere più efficace e potente la lotta della classe operaia, alla testa del resto delle masse popolari, contro la borghesia imperialista, il Vaticano e gli altri suoi puntelli interni e internazionali!

 

I morti di Torino, come tutti i morti e feriti sul lavoro, sono le vittime dei padroni, dei politicanti e del clero che li assecondano, dei paladini della precarietà che difendono il loro criminale ordinamento sociale: in nome dei profitti e della concorrenza condannano i lavoratori alla miseria, alla precarietà, alla malattia e alla morte!

 

La partecipazione del nostro paese alla guerra preventiva USA e all’aggressione imperialista dei paesi oppressi e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro per la maggioranza delle masse popolari italiane sono le due facce del Programma Comune della borghesia imperialista italiana! Le due facce sono strettamente legate tra loro!

 

Promuovere agitazioni e proteste contro gli imperialisti USA e i sionisti d’Israele, contro le missioni militari italiane all’estero, contro il governo PAB, contro il governo della guerra, del carovita e dell’inquinamento!

 

La campagna razzista e anti-islamica fomentata dalla destra borghese, dai fascisti e dal Vaticano è una campagna a sostegno della guerra preventiva e della guerra infinita di Bush e della sua banda di criminali e di sionisti!

 

Contrastare la campagna razzista e bellicista con cui gli imperialisti, i sionisti e il Vaticano preparano l’aggressione dell’Iran, della Siria, del Sudan e di altri paesi!

 

Appoggiare la lotta contro la nuova base USA di Vicenza, contro il potenziamento della base di Sigonella (SR), contro la produzione di bombardieri F-35 a Cameri (NO), contro la partecipazione del governo italiano allo “scudo stellare”, contro l’uso dell’Italia come piattaforma per l’aggressione imperialista in Asia, in Africa e in Europa orientale!

 

Appoggiare e rafforzare il Comitato No Dal Molin e tutti i gruppi e movimenti di resistenza alla guerra, al peggioramento delle condizioni di lavoro e dei salari, alla devastazione dell’ambiente!

 

Protestare contro l’uso delle forze armate in Campania per riaprire le discariche, attivare gli inceneritori e perpetuare l’uso della Campania come pattumiera dei rifiuti tossici e nocivi dell’Italia e dell’Europa imposto dalle Pubbliche Autorità, dai governi Berlusconi-Bossi-Fini e Prodi-D’Alema-Bertinotti in collusione con la camorra!

 

Contro la guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari nel nostro paese come in ogni angolo del mondo, bisogna portare avanti la guerra popolare rivoluzionaria fino all’instaurazione del socialismo e da subito imporre di nuovo ai padroni lacci e laccioli come quelli che il movimento comunista aveva già loro imposto nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria!

 

Il terreno è favorevole alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato! Facciamo di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo!

 

Il nuovo Partito comunista italiano fa in Italia quello che i comunisti di altri paesi fanno nel resto del mondo: ricostruire un movimento comunista potente che ponga nuovamente fine alla libertà dei capitalisti e instauri il socialismo, facendo tesoro dell’esperienza dei primi paesi socialisti!

 

Unire la nostra lotta alla Resistenza che in Iraq, in Afghanistan, in Palestina, in Libano, in Somalia tiene in scacco i mercenari dei gruppi e dalle potenze imperialiste, alla lotta contro l’invadenza e la prepotenza degli imperialisti condotta a Cuba, in Venezuela, in Bolivia, in Ecuador, in Colombia!

 

Imparare dalla guerra popolare rivoluzionaria oramai in fase avanzata in Nepal, nelle Filippine, in India, in Perù, in Turchia!

 

Mobilitare i lavoratori più avanzati per la rinascita del movimento comunista e il consolidamento e rafforzamento del nuovo Partito comunista italiano!

 

Rafforzare la struttura clandestina centrale del (nuovo)Partito comunista italiano, moltiplicare il numero dei Comitati di Partito e migliorare il loro funzionamento, sviluppare il lavoro sui quattro fronti indicati dal Piano Generale di Lavoro!

 

Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!