1999: quale passo verso il partito faremo quest’anno?

Per la ricostruzione del partito comunista
Marzo 1999.
 

Nel corso del 1998 la ricostruzione del partito comunista ha conquistato un posto via via più centrale nell’attività delle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista operanti nel nostro paese. È una svolta soggettiva, riguardante cioè la coscienza, i sentimenti e la volontà dei compagni. Non è piovuta dal cielo, è frutto di una lotta condotta dalle FSRS più avanzate che si sono fatte portavoce delle esigenze del processo oggettivo in corso nella società e hanno fondato la loro lotta sulle solide basi di esso.

Il processo pratico della società, il progredire della seconda crisi generale del capitalismo,(1) fa emergere sempre più fortemente e chiaramente

-  che il capitalismo distrugge progressivamente le condizioni della vita delle grandi masse popolari: l’eliminazione delle conquiste di benessere e di civiltà strappate nel passato dalle masse nell’ambito del movimento comunista e le tendenze alla mobilitazione reazionaria delle masse(2) costituiscono la trama dell’azione di tutta la borghesia imperialista verso le masse popolari nel nostro come negli altri paesi;(3)

-  che i progetti e i propositi, ancora oggi avanzati da forze riformiste e della borghesia di sinistra,(4) di condizionare il capitalismo conciliando la sua sopravvivenza con i livelli di benessere e di civiltà raggiunti dalle grandi masse grazie alle lotte del passato, sono privi di risultati positivi e hanno dato e danno l’unico importante risultato politico immediato(5) di distogliere le forze della classe operaia e del proletariato dalla mobilitazione rivoluzionaria e di seminare tra le masse popolari confusione, scoraggiamento e conflitti interni che aprono la strada alla mobilitazione reazionaria delle masse (ed è solo per questo che essi sono riproposti da forze borghesi nonostante la loro provata inefficacia e che la borghesia sostiene chi tra le masse popolari se ne fa portavoce) .

Meno forte è la lotta della classe operaia e delle altre classi del proletariato e del resto delle masse popolari contro la borghesia imperialista, più fortemente e liberamente il capitalismo dispiega la sua tendenza al massimo sfruttamento e alla massima oppressione delle masse popolari e le sue proprie contraddizioni lo spingono giorno dopo giorno verso uno stato endemico di guerra. Lo mostra chiaramente il corso preso dagli avvenimenti dopo che il revisionismo moderno ha portato a compimento, alla fine degli anni ‘80, la dissoluzione dei partiti comunisti, delle organizzazioni delle masse e del campo socialista.

Risulta sempre più evidente che l’unica soluzione positiva realistica ai problemi che la sopravvivenza del capitalismo ha posto e che giorno dopo giorno aggrava, è la rivoluzione socialista, cioè l’instaurazione del potere della classe operaia per dirigere le grandi masse nella costruzione di una società socialista, una società in cui il lavoro di tutti i suoi membri è indirizzato al massimo benessere materiale e spirituale di ogni membro della società stessa, in cui ogni persona deve svolgere un lavoro socialmente riconosciuto e il lavoro da svolgere è ripartito in base a un piano tra tutte le persone adulte in conformità alle capacità di ognuno. In questa fase, cioè da quando è iniziata la seconda crisi generale del capitalismo, con le lotte contro i capitalisti a difesa delle proprie conquiste i lavoratori fermano, ritardano o attenuano l’attacco della borghesia, ma non riescono a invertire la tendenza generale all’eliminazione di quelle conquiste: il bilancio delle lotte di difesa è positivo solo se mettiamo in conto anche il loro ruolo come scuola di comunismo. Nell’ambito della crisi in corso, ogni gruppo di lavoratori che si batte a difesa di una sua conquista si trova contrapposto ad altri gruppi di lavoratori a cui la borghesia indica quella difesa come causa della rovina che la sopravvivenza del capitalismo impone ad essi. Il capitalismo riduce lo spazio disponibile ai lavoratori ed effettivamente ogni lavoratore che vuole avere spazio, o lo toglie alla borghesia o lo toglie ad altri lavoratori. Il lavoratore che difende il suo salario, il suo posto di lavoro o le sue condizioni di lavoro, è additato come nemico dei disoccupati e dei giovani. Chi difende la sua pensione è additato come nemico pubblico. Questa è la condizione oggettiva in cui la borghesia pone miliardi di uomini.(6) O mobilitazione rivoluzionaria per il socialismo o mobilitazione reazionaria sotto la direzione di qualche gruppo della borghesia imperialista, cioè la guerra delle masse contro le masse. La lotta della classe operaia e delle altre classi del proletariato e delle masse popolari contro la borghesia imperialista può espandersi con vigore in tutta la sua ampiezza solo se ha come obiettivo la rivoluzione socialista.

Da 150 anni a questa parte tutta l’esperienza storica internazionale e del nostro paese ha mostrato e confermato che la classe operaia può condurre in porto questa sua impresa, l’instaurazione di una società socialista. Nella grande avanzata compiuta dal movimento comunista in questo secolo i nemici dei lavoratori e i loro seguaci mettono in luce i limiti, gli errori e le sconfitte. Per noi comunisti e per gli sfruttati che via via si porranno il problema di comprendere le condizioni e le vie della propria liberazione, quell’avanzata è la conferma pratica che la nostra impresa è possibile; dai successi e dalle sconfitte traiamo insegnamenti per condurre in porto un’impresa che nel suo primo tentativo su grande scala siamo riusciti a condurre solo fino ad un certo grado di sviluppo.

L’insegnamento per noi principale in questo momento è questo: la condizione perché la nostra impresa possa iniziarsi e procedere è che la parte d’avanguardia della classe operaia si costituisca in partito che lotta per il comunismo adottando il materialismo dialettico come proprio metodo di conoscenza e d’azione.

Queste lezioni prima di essere nella teoria dei comunisti e diffuse da noi comunisti, sono date a milioni di uomini dalla vita pratica di ognuno di essi. Per questo chi se ne è fatto coerentemente portatore ha sempre trovato la collaborazione e il consenso necessari per tradurle in pratica. “Se abbiamo una linea giusta, tutto quello che non abbiamo lo avremo: se non abbiamo uomini, troveremo uomini; se non abbiamo armi, troveremo armi; se non abbiamo denaro, troveremo denaro”: così Mao Tse-tung sintetizzava la condizione in cui noi comunisti lottiamo. Le nostre tesi e le nostre proposte, se sono conformi alla realtà, man mano che giungeranno alle orecchie degli operai, non faranno altro che indicare il senso generale della loro esperienza, illuminare la loro vita quotidiana e indicare la soluzione dei problemi che la vita pratica pone quotidianamente davanti ad essi. Per questo troveranno un terreno fertile. La nostra organizzazione, se segue una linea giusta ed è adeguata a realizzarla, non farà che offrire agli operai, ai proletari e alle masse popolari lo strumento per fare essi stessi i conti con i loro nemici e spazzar via ciò che rende la loro vita difficile e amara. Per questo essa attirerà milioni e milioni di uomini e di donne, che il capitalismo dichiara e tratta come “esuberi”, superflui, inutili. I più generosi e i più capaci, quelli d’avanguardia ne diventeranno membri e faranno di essa una parte della classe operaia.

I limiti e le difficoltà che oggi noi comunisti incontriamo nel nostro lavoro, non vengono dal fatto che il capitalismo offre alle masse popolari una condizione accettabile e accettata, dal fatto che, come dicevano varie teste d’uovo, “le masse sono integrate nella società capitalista”. Il corso reale delle cose conferma anzi capillarmente e quotidianamente che per gli operai, per i proletari, per le masse popolari nel capitalismo non vi è futuro positivo. Per conto suo, senza alcun nostro intervento “destabilizzatore”, il capitalismo distrugge la stabilità dei regimi nei quali si è sviluppato dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi, crea un terreno propizio alla rivoluzione socialista, accresce i conflitti tra i gruppi che compongono la classe dominante e spinge le masse in una situazione sempre più precaria e difficile, le costringe a mobilitarsi, a cercare soluzioni nuove ai loro problemi perché esso stesso distrugge le vecchie soluzioni. Il capitalismo è lungi dall’aver eliminato la necessità della rivoluzione socialista: esso anzi ne ha aumentato la necessità e la possibilità, ne ha accresciuto le premesse materiali necessarie e le ha estese a livello dell’intero pianeta. Negli anni scorsi tramite la rivista Rapporti Sociali abbiamo studiato e illustrato la natura della crisi in corso, abbiamo illustrato a livello di teoria economica quello che l’esperienza pratica quotidiana capillarmente “dice” a milioni e milioni di uomini e donne. Così facendo abbiamo verificato e confermato l’efficacia della teoria marxista come strumento per comprendere la realtà. Questo è un lavoro fatto, su cui con questa rivista ritorneremo solo nella misura che ci sarà necessario, ai fini politici, seguire l’evoluzione della situazione e nella misura in cui questo non sarà fatto da Rapporti Sociali stesso.

Da dove vengono quindi i limiti e le difficoltà che oggi noi comunisti incontriamo nel nostro lavoro? Essi vengono dalla mancanza di fiducia delle masse in se stesse e nella bontà del nostro lavoro. Che le cose non possano andare avanti a questa maniera è sensazione e coscienza diffusa. Essere capaci di farle andare meglio e che le indicazioni che noi diamo siano adatte allo scopo: questo è il problema. Le masse acquisteranno la fiducia di essere capaci di fare andare meglio le cose man mano che proveranno nell’esperienza pratica di essere capaci di prendere in mano il proprio destino, di fronte allo sfacelo sociale che la borghesia sicuramente aggraverà nel corso dei prossimi anni. Ciò su cui noi, Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista possiamo e dobbiamo agire, ciò che dipende da noi, il campo in cui possiamo e dobbiamo avere l’iniziativa in mano è l’altro fattore: che le nostre indicazioni e le nostre iniziative producano buoni risultati. Per muovere tutto il processo, l’anello che dobbiamo afferrare è quello di cui a nostro parere la maggior parte delle FSRS parlano di meno: noi stessi, come siamo organizzati, cosa facciamo, la linea che seguiamo, l’obiettivo che perseguiamo, come impieghiamo le nostre attuali forze e risorse. Il problema chiave della mobilitazione rivoluzionaria delle masse, della futura rivoluzione socialista e quindi della soluzione positiva per le masse popolari all’attuale crisi del capitalismo è la formazione della forza soggettiva. A questo lavoro sarà principalmente dedicata la nostra rivista.

Il problema principale per le FSRS del nostro paese è essere coerenti con il lavoro che dichiarano di voler fare, che vogliono fare. Cosa significa nel nostro caso essere coerenti? Significa adeguarsi senza riserve alle leggi che governano il processo della rivoluzione socialista che vogliamo promuovere e dirigere, quindi anzitutto scoprire queste leggi studiando l’esperienza attuale e l’esperienza passata del movimento comunista, comprenderle adeguatamente, applicarle nella lotta politica, trasformarci e darci strutture organizzative adeguate in modo da riuscire ad applicarle sempre meglio. Non possiamo fare la rivoluzione comportandoci secondo i pregiudizi e le abitudini prodotti dalla condizione servile che la borghesia impone alle classi oppresse e funzionali alla sua perpetuazione, comportandoci secondo i canoni della cultura che ci circonda che è la cultura che la classe dominante diffonde tra le masse oppresse, è la cultura della classe dominante per le classi oppresse. Neanche possiamo fare la rivoluzione applicando dogmaticamente, ciecamente, copiando a modo di regole le forme e le linee seguite con successo dai vari reparti del movimento comunista nelle circostanze specifiche in cui si trovavano ad operare. La causa della sterilità o degli scarsi risultati del lavoro svolto da molte Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista sta proprio in questo: nel voler promuovere la rivoluzione socialista, ma non essere abbastanza determinate a scoprire e ad applicare nel proprio lavoro le leggi proprie della rivoluzione socialista nello specifico del nostro paese.

Nessun lavoro pratico può essere portato a termine in questo modo, tanto meno un lavoro importante e di grandi dimensioni come la rivoluzione socialista. Chi cerca di compiere un lavoro senza seguire le leggi proprie di quel lavoro, ovviamente va incontro all’insuccesso, il suo lavoro non approda a nulla o rende in misura inadeguata allo sforzo che egli fa. Per le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista che insistono a lavorare senza imparare dall’esperienza delle proprie sconfitte, senza comprendere le leggi proprie del lavoro che compiono, senza applicare sistematicamente quelle leggi, prima o poi arriverà il momento in cui trarranno la conclusione che “non c’è nulla da fare, l’impresa è impossibile”, perderanno fiducia e slancio, si separeranno dalle masse e infine abbandoneranno l’impresa. È questo il percorso che ha portato e porta vari compagni dall’idealismo, dal soggettivismo e dall’estremismo di sinistra all’opportunismo e anche, in alcuni casi, al tradimento. L’errore spinge all’abbandono della lotta di classe, mentre la lotta di classe spinge a correggere l’errore. È chiaro quindi anche perché la borghesia è interessata a che noi commettiamo degli errori e persistiamo negli errori, perché sia spontaneamente sia deliberatamente in mille modi li favorisce, perché premia e sostiene chi li diffonde.

A tutte le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista noi con questa rivista lanciamo un appello a collaborare per studiare e comprendere le leggi della rivoluzione socialista nel nostro paese e a trasformare se stesse, il proprio lavoro e la propria organizzazione in conformità ad esse, per poterle applicare nella lotta che già conducono. È una condizione indispensabile per avanzare. Non è la forza della borghesia il maggiore ostacolo sulla nostra strada; il maggiore ostacolo sono le nostre resistenze a imparare l’arte di raccogliere le forze anticapitaliste che il procedere della crisi generale del capitalismo genera, a educarle, organizzarle, unirle e dirigerle nella lotta contro la borghesia imperialista, ad accumularle fino a rovesciare l’attuale rapporto di forza e conquistare quindi il potere.

Nello stesso tempo mettiamo questa rivista, libera dai bavagli che la classe dominante pone alla formazione della teoria rivoluzionaria, a disposizione di tutti quelli che vorranno collaborare a quell’obiettivo.

Nell’anno che ci sta davanti dobbiamo rafforzare l’aspirazione diffusa alla ricostruzione del partito, raccogliendola e facendone una forza costruttiva, rendendola operante su obiettivi concreti, i passi possibili e necessari che ogni Forza Soggettiva della Rivoluzione Socialista può compiere verso la costruzione del partito e sostenendo le linee giuste da seguire per realizzarli.

Il lavoro per la ricostruzione del partito si rafforza se in ogni situazione concreta chi è in condizione di compiere alcuni passi “possibili e necessari” della costruzione del partito, li compie aprendo così la strada anche agli altri che li compiranno successivamente o comunque si avvarranno della sua esperienza. Aspettare che “tutti” si sia pronti a fare quegli stessi passi, in generale vuol dire frenare il lavoro di ricostruzione.

Il salto di qualità che riteniamo si possa compiere nell’anno che ci sta davanti e che quindi per quanto sta in noi abbiamo iniziato a compiere si compone di due punti: il programma e l’organizzazione, elaborare il programma del futuro partito e costruire organizzazioni capaci di dar vita al partito.

1. Nell’ottobre ‘98 la Segreteria Nazionale dei CARC ha pubblicato il Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano. Questo è un passo concreto verso la costruzione del nuovo partito comunista. È già stato detto (vedi Rapporti Sociali n. 20, pag. 4) che il fatto che questo primo progetto sia stato elaborato e proposto solo dalla SN dei CARC è un limite, nel senso che l’apporto di altri, se ci fosse stato, avrebbe certamente portato a un progetto migliore. Ma questo apporto non c’è stato e quindi il limite sarà superato nel corso del dibattito attorno al Progetto, da tutti quelli che vi parteciperanno, grazie a quello che ognuno di loro vi porterà. L’essenziale è che il primo progetto è stato elaborato e posto in discussione. Condividere il programma del partito è la prima condizione necessaria per essere membro del partito.(7) Quindi non possiamo costituire il nuovo partito comunista senza elaborare il suo programma.(8) Sviluppare il dibattito attorno al Progetto, studiare l’esperienza del movimento comunista in materia di programmi, studiare il movimento comunista passato e presente del nostro paese per capire quali sono le questioni di concezione e di metodo su cui l’esperienza accumulata permette di formulare delle leggi e delle tesi precise che devono costituire una discriminante per il nuovo partito comunista, completare il Progetto nelle parti che gli autori stessi indicano come mancanti e nelle altre che si ritengono necessarie, migliorarlo, trasformarlo passo dopo passo in un testo che raccolga la coscienza più alta che oggi riusciamo ad avere delle condizioni in cui si svolge la nostra lotta, dei criteri con cui dobbiamo affrontarla e degli obiettivi attorno a cui ci uniamo e ci educhiamo, farne insomma sia la base dell’unità ideologica dei membri del futuro partito sia il testo che, assieme allo Statuto, sarà sottoposto per l’approvazione al congresso di fondazione del partito: ecco in cosa consiste a nostra parere il primo dei passi “possibili e necessari” da compiere nell’anno che ci sta davanti. Sottrarsi a questo compito, non conferire la propria esperienza a questo obiettivo, continuare il proprio lavoro come se non avesse relazione con l’elaborazione del programma del futuro partito, non approfittare di ogni occasione e strumento per accrescere la partecipazione dei compagni e dei lavoratori avanzati alla verifica e al miglioramento del Progetto è di fatto schierarsi contro la creazione di una delle condizioni indispensabili per costruire il partito comunista, cioè non collaborare alla ricostruzione del partito comunista, anche se ad ogni passo si continua a dichiararsi per la ricostruzione del partito e favorevoli ad “avviare un lavoro di riflessione politico-teorica” e un “forte dibattito di carattere politico e teorico”. Il dibattito attorno al Progetto è un passo che è già stato iniziato e a cui contribuiremo con la nostra rivista, traendo vantaggio anche dal fatto che La Voce è una rivista libera dal controllo della polizia e quindi può parlare senza che penda sul suo capo la minaccia della repressione. La rivista accoglierà anche interventi, di individui e di organismi, di cui la redazione non condivide il contenuto, ma che in qualche misura apportano un contributo chiarificatore sul tema affrontato o offrono lo spunto per raggiungere una comprensione maggiore dell’argomento.

2. Il secondo dei passi “possibili e necessari” da compiere nell’anno che ci sta davanti è la costituzione delle prime organizzazioni del partito, organizzazioni capaci di partecipare alla costituzione del nuovo partito comunista. Costituire cioè le organizzazioni i cui delegati, quando la situazione sarà matura, terranno il congresso costitutivo del nuovo partito comunista italiano. Noi siamo entrati in una fase in cui il partito per un aspetto esisterà già (esisteranno organizzazioni che operano in suo nome ed elaborano metodi e regole del suo funzionamento) e per un altro aspetto non esiste ancora (non esiste ancora la direzione eletta dal congresso del partito a cui tutte le organizzazioni del partito si subordinano nei termini fissati dallo statuto del partito). Tutto il lavoro condotto in questa fase da chi vuole ricostruire il partito sarà caratterizzato da questa contraddizione. Come uscire da questa fase? Costituendo organizzazioni che oltre a occuparsi dell’elaborazione del programma del futuro partito, siano organizzazioni - territoriali, di fabbrica e azienda, funzionali, ecc. - adeguate a essere organizzazioni di “un partito che sia all’altezza del compito che il procedere della seconda crisi del capitalismo e la conseguente situazione rivoluzionaria pongono ad esso e che tenga pienamente conto dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria”. Esse devono quindi essere organizzazioni clandestine, capaci cioè di vivere e operare sottraendosi al controllo della polizia politica e in generale libere dalla soggezione al regime. Il nostro programma concretizza la libertà teorica, spirituale del partito comunista della classe operaia dalla borghesia. La natura clandestina del partito sintetizza la sua libertà pratica dalla borghesia. Le organizzazioni che daranno vita al partito, che nel futuro costituiranno il partito, devono già avere questa caratteristica. Esse quando si saranno create le condizioni necessarie terranno, tramite i propri delegati, il congresso costitutivo del partito, che approverà il testo definitivo del Programma e dello Statuto del partito ed eleggerà il Comitato centrale del partito. Tutto questo comporterà certamente problemi e contrasti. Ebbene, li risolveremo discutendo, basandoci sull’esperienza nostra e del movimento comunista, confrontando le opinioni. E nella soluzione di questi problemi, accumuleremo un’esperienza preziosa per la strada che ci resterà da fare. Una volta tenuto il congresso di costituzione, approvato il Programma e lo Statuto del partito ed eletto il suo Comitato centrale, questi a sua volta riorganizzerà tutte le organizzazioni del partito, “dall’alto verso il basso”, ai termini dello Statuto del partito. La costituzione del partito trasformerà quindi le organizzazioni che costruiremo nei prossimi mesi da organizzazioni eterogenee, che per forza di cose avranno fino al congresso tra di loro rapporti vari e in una certa misura accidentali, in un insieme di organizzazioni aventi una comune base ideologica, ma anche costituenti un unico organismo, retto da una comune disciplina, da un unico sistema di divisione dei compiti e facente capo a un libero congresso e al Comitato centrale da esso designato. Insomma un partito conforme all’esperienza positiva del movimento comunista e alle esigenze della lotta che stiamo sviluppando, che è, nel suo stato attuale e nel corso che essa segue, un riflesso in campo sovrastrutturale (politico, organizzativo e teorico) della lotta di classe che si sta svolgendo nel paese, del suo livello attuale e della tendenza in cui si sviluppa.

In conclusione quello che bisogna fare nei mesi che ci stanno davanti si riassume in due punti:

1. fare il bilancio dell’esperienza, il punto della situazione e la sintesi delle tendenze positive e negative del movimento in corso e trasfondere le linee generali che ne risultano nel Programma del futuro partito.

2. Costituire ovunque possibile organizzazioni del partito, che siano clandestine: ciò non vuol dire organizzazioni segrete di cui le masse ignorano l’esistenza, ma organizzazioni che dalla clandestinità della propria composizione, della propria vita interna (riunioni, sedi, mezzi, ecc.), delle proprie relazioni sappiano (o imparino) a far giungere in maniera via via più ampia la propria voce alla classe operaia, al proletariato e alle masse popolari e alle varie loro istanze organizzate, a tessere rapporti via via più capillari ed estesi e a promuovere e valorizzare ogni genere e ogni livello di collaborazione delle masse popolari stesse, così sprigionando, organizzando, incanalando nel solco della rivoluzione socialista tutta l’energia rivoluzionaria che la lotta oggettiva tra le classi genera nelle masse e in questo modo moltiplicandola: con un lavoro tenace, infaticabile, multiforme, ma anche paziente e di lungo respiro. Sono queste organizzazioni che daranno luogo, nel congresso di fondazione, al nuovo partito comunista italiano.

I due compiti sono uno inseparabile dall’altro e assieme costituiscono il salto da compiere quest’anno verso il nuovo partito comunista italiano.

NOTE

1. Quanto alla natura e alle cause della seconda crisi generale del capitalismo, rinviamo a Per il dibattito sulla causa e sulla natura della crisi attuale, in Rapporti Sociali n. 17/18, autunno 1996, pag. 55-71.

2. Con la mobilitazione reazionaria delle masse i gruppi imperialisti che se ne fanno promotori perseguono sia l’obiettivo (comune a tutti i gruppi imperialisti) di tenere sottomesse le masse popolari, sia quello di fare prevalere i loro particolari interessi contro gli altri gruppi imperialisti. Con la mobilitazione reazionaria delle masse essi cercano di prendere la direzione dell’intera borghesia imperialista.

3. La trama dell’azione politica complessiva della borghesia imperialista è costituita dall’eliminazione delle conquiste strappate dalle masse popolari, dalla lotta tra i gruppi imperialisti e dalla mobilitazione reazionaria delle masse. I programmi delle forze borghesi conservatrici dei regimi attuali sono costruiti sulle prime due direttrici; i programmi delle forze borghesi “eversive” dei regimi attuali sono costruiti su tutte e tre le direttrici indicate.

4. L’esponente più “puro” dei riformisti in Italia è il Partito della Rifondazione Comunista (PRC). Ma progetti e propositi di riforme campati sulla buona volontà costituiscono la sostanza dei programmi con cui vari partiti borghesi e le FSRS economiciste (di cui è espressione tipica la CCA) cercano consenso e seguito tra le masse.

5. Ovviamente la borghesia non può impedire che le masse, anche nelle mobilitazioni sviluppate su questi progetti e propositi campati in aria, imparino l’inconsistenza di essi e imparino a organizzarsi e a entrare nella vita politica. La borghesia non può cioè evitare di “darsi la zappa sui piedi”. Ogni gruppo borghese ha sempre più bisogno di “fare appello alle masse” sia per tenerle sotto la propria direzione sia per “trattare” i suoi contrasti con gli altri gruppi borghesi. Ma d’altra parte proprio con ciò essi chiamano le masse ad un’azione politica e sanno già per esperienza che mettono in moto un processo che può rivoltarsi contro di loro. La mobilitazione reazionaria delle masse e le guerre imperialiste possono essere trasformate, dall’azione del partito comunista, in mobilitazione rivoluzionaria. Nella storia ciò è già successo più volte: basti pensare, per restare al nostro passato prossimo, a come sono finiti il Fascismo e la Seconda guerra mondiale.

6. La borghesia imperialista e il suo rutilante sistema condanna alla miseria, all’abbrutimento, alla precarietà un’enorme massa di uomini e donne. Le cifre abbondano. Si può discutere quanto si vuole della loro affidabilità e precisione, ma è un fatto che tutte confermano la stessa condizione. Più di 1.5 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile, almeno 30 milioni di persone muoiono di fame ogni anno, circa 100 milioni di bambini non ricevono le calorie necessarie, almeno 100 milioni di persone vivono in condizioni di schiavitù personale, decine di milioni di donne e bambini sono prostituiti, le differenze economiche tra le classi e tra le metropoli e i paesi oppressi continuano a crescere. Non si tratta solo dei paesi oppressi. Anche nelle metropoli, nei più ricchi paesi imperialisti, la condizione delle masse è grave e peggiora. Negli USA 40 milioni di persone sono prive di assistenza sanitaria, 45 milioni sono al di sotto della soglia di povertà, 52 milioni sono analfabeti e le statistiche ufficiali nascondono la grande massa dei lavoratori disoccupati e precari. Nella Unione Europea 50 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà e 18 milioni sono ufficialmente classificati come disoccupati.

7. “Si può chiamare membro del partito solo colui che accetta interamente il programma del partito, la tattica e il principio organizzativo del partito. Solo colui che ha studiato a sufficienza e accettato interamente le idee programmatiche, tattiche e organizzative del partito può stare nelle sue file e perciò nelle file di coloro che dirigono l’esercito dei proletari” (Stalin, La classe dei proletari e il partito dei proletari, 1905, in Opere di Stalin, vol. 1, Edizioni Rapporti Sociali, pag. 78).

8. Si potrebbe obiettare che il vecchio Partito comunista fondato nel 1921 non aveva redatto preliminarmente un programma. La stessa cosa vale anche per gli altri partiti della Internazionale comunista. Ma la cosa fu possibile solo perché tutti quei partiti vennero fondati come sezioni nazionali di un unico partito internazionale, appunto la Internazionale comunista, che invece aveva programma e principi organizzativi ben definiti. Non lo stesso si può dire quanto alla tattica. Su questa l’Internazionale non riuscì a raggiungere una sistemazione soddisfacente e che tenesse conto delle differenze tra i paesi in cui le sue sezioni nazionali operavano. Benché l’Internazionale avesse un programma ben definito, la mancanza di un programma specifico della sezione nazionale si è fatto sentire negativamente nella vita del partito italiano, come è già indicato nelle Tesi di Lione del 1926.

La vita e l’attività del Partito Operaio Socialdemocratico della Russia (POSDR) mostrano chiaramente l’importanza decisiva che il programma ha nella formazione e nell’attività di un partito comunista.