La Voce 29

04 - Perché i comunisti devono studiare

martedì 1 luglio 2008.
 

Il Centro clandestino del Partito organizza corsi di formazione per i suoi membri a cui partecipo regolarmente e su cui mi preparo con impegno. In questo periodo stiamo studiano il Manifesto Programma del Partito. L’esperienza in questa attività mi sta facendo scoprire molti limiti nel mio livello di formazione e sperimentare nuovi metodi di studio e di lavoro individuale e collettivo. Ritengo importante mettere a frutto quanto ho raccolto fino ad ora per spingere tutti i compagni del Partito a studiare di più e meglio.

“Senza una teoria rivoluzionaria, il movimento rivoluzionario non può svilupparsi oltre un livello elementare”. Quante volte abbiamo pronunciato con convinzione questa frase! Ma quanto abbiamo lavorato per renderla, in quanto idea giusta, una forza materiale usata da noi stessi e dai nostri compagni per trasformare il mondo, per svolgere meglio i nostri compiti? Non ancora abbastanza!

Io sono un dirigente che da anni lavora nel Partito e ho sempre riconosciuto l’importanza della formazione attraverso lo studio, in primo luogo dei testi del Partito. Ho studiato e in tantissime occasioni ho lavorato per far studiare i compagni che ho diretto. Tuttavia la stessa necessità di intervenire in tante occasioni sul problema e il dover dedicare molto tempo allo studio per preparare molte iniziative, sono la dimostrazione che questa pratica (lo studio è l’attività pratica necessaria a comprendere, memorizzare e fare proprie le idee) è ancora sottovalutata, quindi non sistematica. La sottovalutazione dello studio è espressione di un limite che ancora ci appartiene e condiziona fortemente il nostro lavoro: una concezione primitiva propria della storia del nostro paese, che sottovaluta la teoria o che considera la formazione come prodotto automatico dell’esperienza diretta. È una tendenza da combattere.

 

Noi vogliamo trasformare il mondo e per farlo dobbiamo 1. conoscere il mondo, 2. definire la linea e gli strumenti dell’azione per trasformarlo, 3. propagandare la conoscenza del mondo, la linea e il metodo per trasformarlo tra le masse popolari perché sono queste che lo posso trasformare: “una linea giusta se assimilata dalle masse diventa una forza che trasforma il mondo”.

La lotta del Partito e l’esperienza di costruzione e di rafforzamento del legame tra il Partito e le masse, sono il nutrimento e la verifica della teoria stessa. I membri che non studiano l’elaborazione teorica del Partito non adempiono a due compiti fondamentali per la vita del Partito: 1. rendersi capaci di diffondere tra le masse la teoria del Partito e 2. verificare, arricchire, migliorare la teoria del Partito.

Partecipare alle manifestazioni, fare affissioni, diffondere il giornale, tenere in ordine le sedi, raccogliere soldi, ecc. ecc. (tutte attività necessarie e utilissime), ma non studiare, equivale a tenersi allo stesso livello delle masse, non porsi alla loro testa: per chi vuole essere un comunista è codismo opportunista. Come spiegava bene Lenin nel Che fare? (uno dei testi studiati nei corsi di formazione del Centro clandestino), le masse non hanno bisogno che i comunisti vadano tra loro ad allargarne le file, a fare quello che già esse fanno, quand’anche con più energia, entusiasmo, dedizione, ecc. Le masse hanno bisogno che i comunisti si impegnino a capire come funziona il mondo e come trasformarlo e aiutino le masse a capirlo a loro volta.

Quando sottolineiamo che il movimento comunista è il movimento di trasformazione dello stato presente delle cose e che esso è composto dalla parte più cosciente e più organizzata delle masse popolari, parliamo di noi e della classe operaia che si organizza in Partito, impersonando così l’elemento cosciente e organizzato che guida le masse alla conquista del potere e alla costruzione del socialismo. Per questo il lavoro di elaborazione, studio, assimilazione delle idee, verifica delle idee nella pratica (quello che indichiamo come lavoro teorico, ma che si compone in realtà di tanti fatti pratici), è un compito che ogni militante deve assumersi e su cui deve rimboccarsi le maniche se vuole veramente essere tale. La borghesia impegna mille risorse per tenere le masse nell’ignoranza e per tenerle separate da coloro che non riesce a tenere nell’ignoranza (pilastri 1 e 5 della controrivoluzione preventiva: vedi Manifesto Programma, cap. 1.3.3.). Noi comunisti possiamo combatterla solo nella misura in cui ci liberiamo dal praticismo e dal primitivismo che la borghesia stessa alimenta tra le masse e nelle nostre file. Se non facciamo questo e andiamo tra le masse, ma non abbiamo nella nostra testa idee più chiare delle loro, non siamo in grado di aiutarle a vedere di più e meglio, a vedere oltre la cortina di intossicazione, disinformazione, falsificazione e diversione alzata dalla borghesia, non faremo altro che deluderle e demoralizzarle, confermando e rafforzando ciò che la borghesia cerca di alimentare tra esse.

Se invece andiamo tra le masse con una concezione del mondo che ci permette di capire la loro situazione e la loro lotta, di individuare per essa uno sbocco possibile (il socialismo e la via per costruirlo), di cogliere e di imparare da esse ciò che a loro stesse serve per vincere le mille battaglie contro la borghesia fino a cancellarla dalla storia, allora avremo veramente assolto al nostro compito, avremo fatto ciò che le masse hanno bisogno che noi comunisti facciamo: essere principalmente quella parte della classe operaia cosciente e organizzata che le guida alla conquista del potere, all’emancipazione dallo sfruttamento e alla costruzione e gestione del loro futuro: un nuovo futuro per l’umanità.

Ecco l’importanza della formazione e in particolare dello studio per i comunisti.

 

Anche studiare è un’attività che si impara facendola. Molti compagni, dopo aver terminato gli studi scolastici, non usano più un metodo di studio (ammesso che oggi la scuola borghese o clericale ne insegnino uno): si limitano a leggere o a leggere alcune volte i testi del Partito o altri testi utili al nostro lavoro, ma non studiano. Cioè non fanno quello sforzo che porta a usare quanto si è studiato con destrezza, abilmente nella lotta politica. La destrezza e l’abilità, in questo caso, significano capacità di far capire ad altri le nostre concezioni, la nostra linea, la nostra analisi; significano riconoscere con sicurezza i fenomeni e intervenire nel modo giusto e tempestivamente per favorire la trasformazione necessaria all’accumulo delle forze rivoluzionarie.

I corsi di formazione del Centro clandestino del Partito sono costituiti di due fasi: studio individuale e lavoro collettivo.

Nella prima fase i partecipanti al corso studiano una parte del testo. Questa parte non deve essere molto estesa perché per assimilare bene il contenuto è necessario tornare più volte sullo stesso pezzo. Per farsi un’idea: indicativamente 10-12 pagine del MP al giorno. Lo studio individuale viene svolto da ogni membro a partire dalle sue capacità e dalla sua esperienza, ma lo scambio dell’esperienza sul metodo di studio permette di conoscere e di sperimentare nuovi metodi. Alcuni compagni leggono più volte il testo sottolineando le parti più importanti; altri compagni annotano su un quaderno gli elementi di sintesi; altri fanno schemi in cui distinguono tesi, illustrazione, risposte e articolazione delle risposte. Altri ancora, e io sono tra questi, fanno mappe concettuali in cui sintetizzano i concetti e illustrano graficamente i collegamenti tra di essi. Ogni metodo ha i suoi pregi e i suoi limiti.

In generale però ogni metodo deve risolversi nell’individuazione e nell’assimilazione dei seguenti elementi:

  • tema generale del brano studiato,
  • parti di cui si compone il brano,
  • tesi affermate in ogni parte,
  • come ogni tesi è dimostrata.
  • Quando un compagno riesce a illustrare chiaramente questi elementi significa che ha compreso e in buona misura assimilato ciò che ha studiato.

    La seconda fase è costituita dalla verifica collettiva. In questa fase i partecipanti al corso si riuniscono e ognuno espone i propri dubbi e chiede spiegazioni. Se gli altri non sono in grado di dare una spiegazione esauriente, è il dirigente che interviene, rilevando che il tema in questione non è stato adeguatamente assimilato o capito, oppure che non è spiegato sufficientemente nel testo. Ognuno di noi espone poi una parte del brano studiato. Lo scambio e la sperimentazione dei metodi aiuta ognuno a perfezionare il suo metodo e migliora l’assimilazione. In ogni caso, per una buona assimilazione, ogni compagno deve provare a ripetere a se stesso prima, e nella riunione di verifica collettiva poi, il contenuto di quanto ha studiato. Solo provando a spiegare quanto si è studiato si verifica l’assimilazione e si assimila ulteriormente.

    Partecipare a questi corsi è impegnativo. Il Centro ha strutturato i corsi con una frequenza quotidiana. Quindi ognuno deve dedicare un paio d’ore al giorno allo studio e un’altra ora al lavoro collettivo, per 7 giorni la settimana. Non sempre, non in tutte le situazioni è possibile sostenere questo ritmo. Il Centro ha adottato questo metodo anche per fare una sperimentazione di corso intensivo e contando sul fatto che le condizioni della clandestinità permettono un migliore utilizzo del tempo: i clandestini non sono “tirati per la giacchetta” da mille interventi, telefonate, visite, iniziative, attività di ogni genere come chi lavora pubblicamente. Questo ritmo permette di studiare bene e assimilare a un buon livello (non solo di leggere alcune volte) il MP in circa 5 o 6 settimane.

    Attraverso il dibattito e le verifiche collettive, abbiamo capito a fondo due cose tanto semplici quanto importanti:

    1. avere delle idee in testa non è come avere una concezione del mondo,

    2. aver letto più volte, compreso e condiviso una esposizione chiara sulla concezione del mondo (il Materialismo Dialettico), non vuol dire ancora saperla usare. Per questo bisogna, se si tratta della propaganda, sperimentarne l’uso in discussioni, conferenze, stesura di articoli, comunicati, ecc.: insomma produzione di materiale di propaganda.

     

    Per intervenire e ancora più per dirigere un processo non basta conoscerne gli aspetti generali e superficiali: bisogna studiarlo a fondo, avere un metodo di conoscenza, il MD, che permettete di vedere il fenomeno. Per vedere il fenomeno ci vogliono le lenti giuste. Il MD non è un semplice paio di occhiali: è piuttosto come un microscopio o come un telescopio piuttosto complesso e fatto di tante componenti che bisogna saper manovrare. Ma anche i più sofisticati microscopi o telescopi sono costruiti dall’uomo e sono usati dall’uomo. Il MD non fa eccezione: bisogna applicarsi, ma con l’esercizio si impara a vedere il mondo attraverso questo potente strumento di conoscenza e di trasformazione!

    In molte parti del MP si parla della classe operaia e del suo ruolo di classe che può dirigere il resto delle masse popolari alla conquista del potere e nella transizione al comunismo. Nel capitolo III, sottocapitolo 3.1. a pagina 175 si afferma “Nella società moderna creata dal capitale solo due classi hanno una posizione che consente loro di prendere in mano le attività economiche principali e farle funzionare: quindi solo due classi sono in grado di gestire il processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza:

    - la borghesia nell’ambito del rapporto di capitale sulla base della proprietà capitalista delle forze produttive e di rapporti mercantili,

    - la classe operaia sulla base del possesso pubblico delle forze produttive da parte dei lavoratori organizzati nel partito comunista e nelle organizzazioni di massa (fronte) e di una gestione unitaria e pianificata almeno delle principali attività economiche.

    Di conseguenza nella società moderna sono economicamente possibili solo il potere della borghesia imperialista e il potere della classe operaia. Solo queste due classi possono detenere il potere politico.”

    Durante la verifica collettiva il dirigente ha chiesto: perché deve essere la classe operaia a prendere in mano le attività economiche strappandole alla borghesia, perché non possono essere altre classi delle masse popolari? Le risposte sono state vaghe. Anch’io ero molto incerto. Eppure in diverse forme a domande analoghe ho risposto varie volte nella mia esperienza. Il pensiero di noi in formazione era tutto concentrato sulle caratteristiche della classe operaia: il suo essere inserita nel processo produttivo, il suo essere una classe sfruttata, la sua esperienza di lotta, il suo essere una classe numerosa, ecc. ecc. Cose che si riscontrano anche in classi oppresse del passato. Ma sul momento a tutti noi era sfuggito l’aspetto principale: la base materiale della lotta di classe da cui deriva il ruolo che deve svolgere la classe che dirige la società! La società capitalista è basata sulla produzione collettiva e su grande scala. Solo il funzionamento della grande industria permette ogni altra attività economica. La classe operaia, organizzata dai capitalisti nella produzione collettiva e su grande scala, produce tutto ciò che serve per vivere. Se organizzata e animata dalla volontà di farlo, può padroneggiare tutta la base materiale indispensabile alla società attuale per funzionare. Una classe che non sa e che non si occupa di far funzionare la produzione collettiva e su grande scala non può dirigere la società moderna. Anche milioni di artigiani costruiscono tante cose utili: ma il loro stesso lavoro non sarebbe possibile se la grande industria con i suoi operai non producesse i loro mezzi di lavoro, i loro attrezzi, non estraesse le materie prime e non producesse i semilavorati, se la grande industria non producesse i mezzi per trasportare quanto prodotto, se non funzionasse un sistema di trasporti, di informazione, ecc.

    Che cosa porta il pensiero in una direzione anziché in un’altra? In generale una determinata concezione del mondo spinge l’uomo a vedere per primi, a mettere a fuoco, a porre come principali determinati aspetti della realtà invece di altri, a scorgere alcuni nessi e non altri. Il MD ci insegna che esiste un ben determinato rapporto tra gli elementi che compongono la realtà. Nello studio delle società e delle classi, la base materiale della produzione, quindi la lotta per la produzione delle condizioni materiali dell’esistenza, determina in ultima istanza ogni altro processo, compresa la lotta di classe e la ricerca scientifica. Il MD ci insegna anche che, a determinate condizioni, in certe fasi, uno degli altri aspetti può diventare principale. Ma in generale sono il modo di produzione e i conseguenti rapporti di produzione che determinano tutto il resto dei rapporti sociali. Quindi vedere la produzione su grande scala come la base materiale della società attuale e vedere in questo la ragione per cui le due classi che operano direttamente in essa sono le sole classi che possono dirigere la società, vuol dire vedere il processo complessivo della trasformazione attraverso il MD.

     

    Per far comprendere meglio l’importanza dello studio, voglio anche parlare di un’esperienza di militanza più simile a quella di tanti compagni che lavorano in organismi legali.

    Per quasi sette anni ho venduto regolarmente il giornale Resistenza del Partito dei CARC davanti ai cancelli delle fabbriche e di altri luoghi di lavoro, davanti delle mense, ai mercati, alle scuole, alle manifestazioni e alle iniziative. Vendevo dagli 80 ai 120 giornali ogni mese e ne regalavo dai 10 ai 20. Ogni settimana passavo dalle 8 alle 12 ore a volgere questo compito. Lo svolgevo quando i miei orari di lavoro lo permettevano (la mattina presto, alla pausa pranzo o all’uscita dal lavoro). È un lavoro molto formativo che permette di contattare centinaia e centinaia di operai, lavoratori, studenti, ecc. È un lavoro molto importante perché permette di capire cosa pensano le masse popolari e ti insegna ad avere con loro un rapporto responsabile: visto che sei lì a diffondere delle idee, loro giustamente ti chiedono cosa ne pensi di questo o di quel problema. Sono tutte domande che stanno loro a cuore, legate ai loro interessi materiali, intellettuali, sentimentali. Vogliono sapere come, secondo un comunista, andrà a finire il marasma attuale e spesso vogliono anche dire che non hanno fiducia che possa andare a finire bene. Tu sei lì davanti a loro e non hai risposte per ogni cosa, ma sei responsabile del tuo ruolo e rappresenti il Partito e tutti i tuoi compagni. Ancor più vuoi dare ai tuoi interlocutori delle risposte che li aiutino, come minimo, ad emergere dalla demoralizzazione, ma soprattutto vuoi aiutarli a trovare la volontà e la strada per mobilitarsi e cominciare a fare qualcosa contro il marasma in cui la borghesia ci infogna. Oppure li vuoi aiutare a fare meglio quello che già fanno. Allo stesso tempo però sei anche concentrato a cercare di capire cosa pensano, cosa vogliono: sono quasi sempre lavoratori come te, ma ognuno di loro ha un’esperienza che ti arricchisce e come minimo ti fa capire quello che conosci già in qualche modo: te lo fa vedere “dal vivo”.

    Di che cosa avevo più bisogno per svolgere bene questo compito per il Partito? Di studiare. A volte capitava che andavo a ritirare il pacco dei giornali da diffondere proprio all’ultimo momento. Prima di arrivare davanti ai cancelli aprivo il pacco e cercavo di leggere in fretta il giornale. Continuavo a leggerlo anche mentre diffondevo, quando non c’era ancora la ressa all’uscita dai cancelli (non a comprare il giornale, magari! Anche se a volte capitava). Se qualche operaio mi avesse chiesto qualcosa a cui avrei potuto rispondere solo se avessi letto il giornale, non volevo perdere l’occasione. In generale la stampa comunista deve essere indirizzata ai lavoratori avanzati e agli elementi avanzati delle masse popolari. Il linguaggio è semplice, ma non al livello di chi legge molto poco o di chi ha una scolarizzazione molto bassa. A volte un aiuto a vedere le cose da una angolazione diversa (vedi l’esempio precedente) è la chiave dello sviluppo del rapporto, perché significa sostegno concreto, cura di un interesse del lavoratore che chiede spiegazioni o approfondimenti. Insomma: io e il giornale eravamo un ingranaggio del Partito che doveva essere utile ai lavoratori!

    Dopo le prime esperienze di difficoltà incontrate, mi sono messo sistematicamente a studiare e a preparare il più regolarmente possibile qualsiasi mio intervento tra le masse (non solo la diffusione del giornale) con uno studio mirato della posizione del Partito sulle questioni più importanti, più attuali o legate al contesto specifico in cui dovevo intervenire.

     

    Lo studio è un compito impegnativo, per alcuni compagni difficile, per altri addirittura molto difficile. Ma non c’è altra strada per diventare dirigenti di un processo che avanza per certi aspetti spontaneamente, per altri ostacolato da concezioni, abitudini, influenze frutto della dominazione borghese e della condizione di arretratezza in cui la borghesia tiene la stragrande maggioranza delle masse popolari. Non abbiamo alternative, per costruire lo Stato Maggiore della classe operaia. Possiamo e dobbiamo mettere a punto metodi di studio differenti, adeguati alle caratteristiche di ogni compagno, al suo punto di partenza, alla sua esperienza, alle condizioni in cui lavora e agli obiettivi che con il suo studio ci poniamo. Ma in definitiva ogni compagno deve essere disposto a fare questo sforzo, ad impegnarsi nello studio al pari di quanto si impegna nelle manifestazioni, negli scontri contro gli sbirri o contro i fascisti, al pari di quanto si impegna nelle discussioni o nella diffusione del materiale di propaganda, al pari di quanto si impegna in ogni altro campo in cui spontaneamente o consapevolmente è già lanciato. Per certi aspetti e per certi casi anche di più.

    Un membro del Partito che lavora in produzione, dedica almeno 40 ore di lavoro alla settimana al padrone (a volte di più con le trasferte). Ogni settimana ne può dedicare un’altra trentina all’attività politica oltre quella che sviluppa sul posto di lavoro. Ci potranno essere differenze tra diversi compagni a seconda che abbiano o meno famiglia, che vivano soli o con i genitori, del loro stato di salute e della loro energia, ecc. Ma sostanzialmente ogni compagno che vuole mettere al primo posto nella sua vita la causa della classe operaia e quindi la vita del Partito, deve puntare ad un impegno crescente e senza riserve. In questo impegno deve essere compreso anche lo studio.

    Come ogni altra attività impegnativa, inizialmente anche lo studio è più faticoso, più difficile, i risultati sembrano sproporzionati allo sforzo. Anche il processo di apprendimento attraverso lo studio segue le stesse leggi degli altri processi di formazione: avanza gradualmente e per salti, è accumulo quantitativo di dati, informazioni, connessioni che giunto ad un certo grado produce un salto di qualità, un salto ad un livello superiore, porta ad una visione organica della realtà più profonda e più completa.

    Superata la fase iniziale in cui si deve rompere l’incrostazione praticista e la pigrizia indotta dalla condizione del proletariato nella società borghese, l’impegno nello studio diviene necessità cosciente, si trasforma da fatica in piacere.

    Studiate compagni! Studiate perché la rivoluzione ha bisogno delle menti migliori del proletariato e le menti migliori ce le dobbiamo costruire contando sulle nostre forze.

    Dario B.