La Voce 27

A tre anni dall’Ottobre 2004

giovedì 1 novembre 2007.
 

A tre anni dalla fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano, l’anniversario è l’occasione per fare il punto: considerare i passi compiuti e definire con nuova maggiore precisione il prossimo tratto del cammino che dobbiamo compiere.

L’opera di gran lunga maggiore tra quelle che il Partito ha compiuto nei tre anni trascorsi dalla sua fondazione nel 2004 è il completamento della stesura del suo Manifesto Programma. Il Manifesto Programma è opera collettiva del partito e più precisamente della “carovana” del (nuovo)PCI: ogni compagno che attualmente o nel passato ha partecipato all’attività della “carovana” e ogni organismo della “carovana” vi ha contribuito. Esso esprime in modo sistematico la nostra concezione del mondo, il metodo che noi seguiamo per conoscere il mondo e per trasformarlo, il nostro bilancio del movimento comunista internazionale e italiano, la linea generale che il Partito deve seguire. Il Manifesto Programma indica la coscienza che il Partito ha oggi del mondo e del proprio ruolo e come intende svolgerlo. Esso è la coscienza a cui sono e saranno formati i membri del Partito, è la fonte da cui si sviluppa e si svilupperà l’opera svolta consapevolmente dal Partito per fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla nuova ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo. Elaborarlo ha impegnato a fondo le energie e le risorse di cui il Partito disponeva.

I filosofi hanno dato molte e varie interpretazioni del mondo,
ma l’importante è trasformarlo
Karl Marx

 

L’importanza che noi attribuiamo al Manifesto Programma fa parte della nostra concezione del movimento comunista e del partito comunista. È frutto del bilancio che noi tiriamo dall’esperienza del movimento comunista internazionale e italiano. L’importanza che noi attribuiamo al Manifesto Programma è conseguenza della nostra rottura col determinismo economico e con ogni analoga forma di fatalismo e di spontaneismo. Possiamo riassumere questa rottura nell’espressione: “La rivoluzione socialista non scoppia; la prepara, organizza e dirige il partito comunista”. L’importanza che noi attribuiamo al Manifesto Programma è conseguenza della nostra coscienza che l’imperialismo è l’epoca del tramonto del capitalismo e dell’instaurazione del socialismo. È conseguenza della nostra convinzione che noi siamo in una situazione rivoluzionaria in sviluppo che può concludersi con la vittoria del socialismo in tutti o almeno nei maggiori paesi imperialisti e che questo esito dipende principalmente dalla linea che seguiranno i partiti comunisti, quindi dalla concezione che li guiderà.

Il Partito è il promotore consapevole di un movimento i cui presupposti esistono nella realtà sociale indipendentemente dal Partito; di un processo i cui protagonisti sono gli operai e, al loro seguito, il resto delle masse popolari organizzate e non organizzate; di un processo che si svolge secondo leggi che il Partito scopre e applica e i cui protagonisti e combattenti per forza di cose hanno una coscienza differenziata dell’opera che compiono: molti di essi acquistano coscienza dell’opera che compiono solo passo dopo passo nel corso dell’opera stessa. La rivoluzione socialista è opera della classe operaia e delle larghe masse popolari, ma è compito del Partito promuoverla, prepararla, organizzarla e dirigerla. Ciò è del tutto possibile ed è la sintesi dei compiti del partito comunista. Lo ha dimostrato molto chiaramente l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria svoltasi nella prima parte del secolo scorso.

Alcuni compagni dicono ancora oggi: “Nessuno può prevedere che sviluppi avrà la lotta di classe nel futuro”. È un’affermazione sbagliata. È un’affermazione in contrasto con il marxismo. È una concezione da Seconda Internazionale (1889-1914). Un partito comunista che pensa così, non è ancora sulla strada che l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha confermato. Con simile coscienza si va alla sconfitta perché la rivoluzione socialista si può compiere con successo solo se il partito comunista che la dirige ha una sufficiente coscienza delle sue leggi e dei propri compiti. Tutta l’esperienza del movimento comunista ci insegna che il futuro sarà quello che il Partito comunista organizza e costruisce, se (ed è condizione necessaria ma anche sufficiente) il Partito ha già oggi una comprensione sufficiente delle leggi della lotta nel corso della quale deve, passo dopo passo, di battaglia in battaglia, dirigere la classe operaia e, tramite questa, il resto delle masse popolari. La strategia che presiede a questa lotta, la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata, implica per sua natura questa concezione. Non solo l’instaurazione del socialismo, ma anche ognuno dei passaggi fondamentali della guerra popolare rivoluzionaria avviene solo come salto qualitativo frutto dell’accumulazione di tante operazioni vittoriose a cui il Partito ha condotto la classe operaia e il resto delle masse popolari. Si tratta del compimento di un piano strategico a cui si arriva grazie all’accumulazione di tante operazioni tattiche coerenti e vittoriose che incastrano il nemico e rafforzano le nostre fila.

Certo la lotta della classe operaia contro la borghesia per instaurare il socialismo si svolge secondo leggi sue proprie. Ma ogni impresa umana si svolge secondo sue proprie leggi. Anche la costruzione di una casa la si può fare solo seguendo determinate leggi. Proprio per questo essa viene compiuta dagli uomini con tanta maggiore sicurezza e con tanto maggiore successo quanto meglio essi conoscono e applicano quelle leggi. Questa regola generale vale a maggior ragione per una impresa grandiosa come la lotta della classe operaia contro la borghesia per instaurare il socialismo. La grandezza dell’impresa (la sua “complicazione”) esclude che essa si compia per caso. Gli uomini fanno la loro storia. Il futuro dell’umanità non è opera di forze misteriose: né di misteriose forze soprannaturali (divine, come sostengono i filosofi metafisici, i preti e i loro seguaci), né di misteriose forze naturali (immanenti, come sostengono i filosofi deterministi, gli economicisti e i loro seguaci, come sostenevano i filosofi positivisti che tanto influenzarono la Seconda Internazionale, come era nella mentalità dei dirigenti del vecchio movimento comunista che immaginavano ancora che le rivoluzioni socialiste “scoppiassero”). Esso è l’opera che compiono gli uomini, consapevolmente o inconsapevolmente. L’instaurazione del socialismo, per sua natura, può risultare solo dall’opera in una certa misura consapevole degli operai che si organizzano per compierla. È una sciocchezza trotzkista, cioè appunto secondointernazionalista (“strategia-processo”, “una ciliegia tira l’altra”, “piattaforme unificanti”, “obiettivi mobilitanti”, “programma transitorio”, ecc.) pensare di portare a compiere la rivoluzione socialista operai a cui i comunisti nascondono precisamente questo loro compito. La rivoluzione socialista non “scoppia”, la rivoluzione socialista bisogna organizzarla, costruirla passo dopo passo, vittoria dopo vittoria. Quasi duecento anni di lotta della classe operaia contro la borghesia sono a disposizione di chi vuole scoprire le leggi secondo cui questa lotta si svolge. I comunisti riescono a svolgere il loro compito solo se si appropriano di quelle leggi e agiscono in conformità con esse. Il nostro futuro sarà frutto della lotta di classe e sarà determinato dalla classe operaia guidata del suo partito comunista: così sarà se questi avrà una comprensione sufficiente delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta che la classe operaia conduce alla testa del resto delle masse popolari contro la borghesia e le altre classi dominanti residuate della storia passata. Senza un simile partito, non ci sarà alcuna rivoluzione socialista.

L’imperialismo è l’epoca in cui il capitalismo tramonta e si afferma il socialismo. L’umanità abbandona il capitalismo nel cui ambito ha costruito quanto era possibile costruire e che oramai mostra i limiti propri della sua natura di società fondata su contrasti antagonisti di interessi e sulla divisione in classi di fruttati e sfruttatori, di oppressi e oppressori. Nell’ambito del capitalismo l’umanità non riesce a superare definitivamente neanche vecchie divisioni come quella tra donne e uomini, tra giovani e adulti, tra vecchi e adulti, tra regioni e settori arretrati e regioni e settori avanzati, tra trasformazione e conservazione dell’ambiente: divisioni non essenziali per sua natura al capitalismo, ma che nell’ambito del capitalismo l’umanità non riesce a trattare perché la borghesia imperialista deve riunire a sua difesa tutti i residuati storici della conservazione, dell’oppressione e dell’arretratezza passate. L’umanità ha da più di cento anni riunito le condizioni oggettive necessarie per instaurare il socialismo, le condizioni che rendono superflua e anzi dannosa la divisione in classi: un certo grado di sviluppo delle forze produttive e, con esso, di concentrazione dei lavoratori. L’umanità ha già più volte in diversi paesi riunito anche le condizioni soggettive necessarie per instaurare il socialismo: un certo livello di coscienza e un certo grado di organizzazione degli operai e del resto delle masse popolari. La classe operaia dei paesi imperialisti non è ancora riuscita ad instaurare il socialismo a causa della immaturità dei partiti comunisti che l’hanno guidata. Essi non avevano una comprensione sufficiente delle leggi e delle condizioni della lotta che la classe operaia doveva condurre e del metodo secondo cui essi dovevano operare, di come dovevano dirigere la classe operaia che seguiva le direttive del partito. Hanno combattuto eroicamente ma ancora troppo alla cieca: per questo non hanno avuto successo. Da qui l’importanza che ha il ricavare proprio dalla loro esperienza le leggi dell’opera che dobbiamo ancora compiere.

Da quasi trenta anni è cessato il periodo di ripresa dell’accumulazione del capitale e di espansione dell’attività economica attraversato dai paesi imperialisti dopo la seconda guerra mondiale. Essi sono entrati in una nuova crisi generale, vivono una nuova situazione rivoluzionaria che si sviluppa di giorno in giorno, in direzione, secondo forme e a un ritmo che dipendono dall’azione delle forze politiche. La linea che il partito comunista segue ha un ruolo decisivo non semplicemente sull’esito, ma anche sull’orientamento dello sviluppo in corso, a proposito delle forme concrete che questo sviluppo assume (mobilitazione rivoluzionaria o mobilitazione reazionaria delle masse popolari). La borghesia imperialista per prolungare il suo dominio si è lanciata in una nuova impresa di colonizzazione, aggressione e saccheggio del mondo intero. Non può conservare il suo dominio che gettando l’umanità in una immane tragedia che sconvolge popoli e ambiente, che rende impossibile continuare a vivere come un tempo. Più la ricchezza dell’umanità aumenta, maggiori diventano le costrizioni a cui la massa della popolazione è condannata, persino al livello più elementare della sua vita: l’alimentazione, il riscaldamento, gli sfratti e i sequestri di case, l’orario e l’intensità del lavoro, la sopravvivenza, la salute, la comunicazione e l’informazione. I popoli dei paesi aggrediti resistono con forza, migrazioni enormi sono in corso che a loro volta sconvolgono ulteriormente e su più larga scala l’ordine, le abitudini e le istituzioni, il dominio della borghesia imperialista diventa sempre più universale e sempre più precario, nonostante gli sforzi disperati e sgangherati che essa compie per rafforzarsi. I regimi di controrivoluzione preventiva su cui la borghesia imperialista si regge sono sempre meno efficaci per inquadrare una vita operosa delle larghe masse. La situazione diventa sempre più favorevole all’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti e il socialismo diventa sempre più necessario come misura per assicurare la sopravvivenza. Ma l’instaurazione del socialismo per la natura stessa della cosa non cade dal cielo come una pera matura. Può essere solo il risultato di una lotta accanita, più grande di qualsiasi lotta gli uomini hanno mai combattuto prima d’ora. Gli operai e il resto delle masse popolari devono trasformare se stessi, sconfiggendo la borghesia imperialista e le altre classi reazionarie che cercano con ogni mezzo di impedire quella trasformazione delle masse popolari. L’instaurazione del socialismo dipende tutta dalla capacità dei partiti comunisti di ricreare nella classe operaia il livello di coscienza e il grado di organizzazione che già i partiti comunisti avevano creato nel passato e di guidare la sua lotta con una strategia e un metodo finalmente adeguati, corrispondenti alle leggi del processo rivoluzionario.

Da qui la decisiva importanza del Manifesto Programma che il Partito ha messo a punto. Rispetto al Manifesto Programma d’ora in poi il compito che dobbiamo svolgere è quello di diffonderlo e curare la sua assimilazione, imparare a usarlo come guida nel nostro lavoro per condurre la rivoluzione socialista in Italia e usarlo come guida nella nostra attività internazionalista, verificare e arricchire, svilupparlo col bilancio dell’esperienza della lotta che conduciamo.

Col Manifesto Programma abbiamo regolato i conti con il passato, abbiamo tracciato a grandi linee il percorso che dobbiamo compiere e siamo finalmente pronti ad affrontare la nostra opera pratica. A questo punto il nostro problema principale diventa l’organizzazione e il metodo con cui organismi e singoli compagni lavorano. La strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata guida il nostro cammino. Strategicamente noi siamo nella fase della difensiva: le forze nemiche sono di gran lunga superiori alle forze di cui il Partito dispone. Il nostro compito principale in questa fase è suscitare, mobilitare, raccogliere e formare: in una parola sola, accumulare forze rivoluzionarie, conducendole a dare battaglia, a temprarsi nelle sconfitte, a rafforzarsi con ripetute vittorie. Le forze rivoluzionarie principali sono costituite da quella parte della classe operaia e del resto delle masse popolari che si organizza attorno al partito comunista. Le forze rivoluzionarie ausiliarie sono costituite da quella parte della classe operaia e del resto delle masse popolari che si mobilita per impedire alla borghesia di eliminare le conquiste di civiltà e di benessere che le masse popolari le hanno strappato nel passato, per resistere alla deriva (alla distruzione sociale e ambientale e alle guerre) in cui si sostanzia l’aggravarsi della crisi generale del capitalismo, per difendere e ampliare le vecchie conquiste e strapparne di nuove. Questa combinazione di forze principali e di forze ausiliarie della rivoluzione costituisce il nuovo potere che si forma nel paese. La borghesia imperialista cerca di eliminare le vecchie conquiste, di imporre le sue esigenze (sintetizzate nel Programma Comune della borghesia imperialista) e di impedire che il partito comunista accumuli forze, di impedire che il nuovo potere si consolidi, di reprimere il nostro lavoro. Resistere alla repressione e continuare il nostro lavoro di accumulazione è il nostro obiettivo in questa fase della Guerra Popolare Rivoluzionaria. Il nostro successo nell’accumulare forze e l’insuccesso della borghesia imperialista nell’impedircelo costituiscono il processo quantitativo che, arrivato ad un certo punto, metterà la borghesia imperialista di fronte al bivio: o cedere il passo o scatenare la guerra civile. Dobbiamo essere pronti a far fronte alla guerra civile. È l’unico modo per impedire alla borghesia di scatenare la guerra civile, se possibile e per vincerla in ogni caso.

L’accumulazione delle forze rivoluzionarie è l’impresa che noi dobbiamo compiere in questi mesi e anni. È un’impresa del tutto possibile, che i comunisti hanno già compiuto più volte in vari paesi imperialisti. La novità sta nel fatto che questa volta, a differenza delle volte precedenti, noi comunisti la compiamo ben sapendo quello che ne seguirà e in modo da essere in grado di farci fronte. Alcuni ci chiedono: ma come è possibile che nei paesi imperialisti si formino forze armate rivoluzionarie? Il Manifesto Programma risponde illustrando quello che più volte in più paesi imperialisti è già avvenuto, spiegando le ragioni di quegli avvenimenti del passato e mostrando che, se non hanno portato all’instaurazione del socialismo, fu perché i partiti che dirigevano le masse popolari non erano preparati agli sviluppi che gli avvenimenti effettivamente hanno avuto e che la loro attività aveva prodotto. Furono sorpresi del risultato del proprio lavoro e arretrarono di fronte ai compiti nuovi che quei risultati mettevano all’ordine del giorno e a cui non erano preparati. Il mondo non si ripete, ma ripercorre le stesse strade a un livello superiore: è la negazione della negazione. Noi impariamo dal passato e teniamo conto del nuovo. Sbagliano quelli che nel presente vedono solo il passato. Quelli che vedono nel presente solo “la solita vecchia, trita e ritrita canzone”. Esiste una continuità nelle cose, ma il fattore decisivo è imparare dal passato, cogliere la novità e sfruttarla.

 

Programma Comune della borghesia italiana che ogni governo borghese cercherà di attuare: solo la mobilitazione delle masse popolari potrà impedirglielo

Completare la liquidazione delle conquiste di civiltà e di benessere che le masse popolari hanno strappato alla borghesia sotto la direzione del vecchio partito comunista sulla spinta della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale.

In combinazione e in concorrenza con gli altri gruppi imperialisti capeggiati da quelli americani, ritagliarsi la parte maggiore possibile nello sfruttamento delle masse popolari degli ex paesi socialisti e dei paesi oppressi, nel loro saccheggio e nell’aggressione dei paesi oppressi le cui autorità resistono alla libertà d’azione dei gruppi imperialisti.

 

Il Manifesto Programma illustra tutto questo chiaramente. Qui sta la sua importanza. Ma una volta che questo percorso è stato reso chiaro, il nostro compito diventa la pratica, l’organizzazione, dotarci degli strumenti organizzativi necessari per realizzare quello che abbiamo scoperto. Le nostre idee diventano una forza materiale solo se sono assimilate dalle grandi masse, se diventano guida della loro attività e del loro comportamento.

In questo campo quello che resta da fare è di gran lunga più importante di quello che il Partito ha fin qui fatto.

Abbiamo delineato la lotta sui quattro fronti. Il Piano Generale di Lavoro (PGL) che accompagnava la Risoluzione di domenica 3 ottobre 2004 con cui il Partito ha deciso la propria costituzione ( La Voce n. 18, novembre 2004) ha indicato quale divisione del lavoro era necessaria (i quattro fronti), come andavano inquadrate le nostre forze principali e ausiliarie: dalle forze che il Partito già dirige a quelle su cui il Partito non esercita ancora alcuna autorità e ben poca influenza: nella rivoluzione socialista la spontaneità ha sempre un campo d’azione ben più vasto dell’azione consapevole e mirata, organizzata e diretta. Nei tre anni passati quell’indicazione ha preso una certa forma, è diventata in una certa misura inquadramento e guida di un numero crescente di attività pratiche.

Il Partito ha resistito alla repressione. La lotta contro l’Ottavo Procedimento Giudiziario di cui è stato bersaglio la “carovana” del Partito ha consolidato il Partito e allargato le sue forze. La borghesia ha allargato il ventaglio dei propri bersagli. La “guerra contro il terrorismo” è diventata linea comune della borghesia e diffusa a livello mondiale. La resistenza alla repressione si è sviluppata tra le masse popolari in varie forme e tramite varie organizzazioni. La borghesia deve moltiplicare le iniziative e ampliare il raggio della repressione. La lotta sul primo fronte si sta allargando e un po’ alla volta troverà anche forme e organizzazioni più efficaci.

L’intervento delle masse popolari nella lotta politica borghese in conformità ai criteri indicati dal Partito si è ampliato. Fare dell’Italia un nuovo paese socialista è diventata una parola d’ordine diffusa. Liste di Blocco Popolare e Liste Comuniste sono diventate obiettivi e in alcuni casi realtà. Il Programma Comune della borghesia di destra e della borghesia di sinistra viene sempre più smascherato e rigettato. La borghesia ha accentuato gli sforzi per sbarrare le porte del Parlamento e delle assemblee locali alle masse popolari. Nelle elezioni borghesi e nelle assemblee elettive la governabilità entra sempre più in contrasto con la rappresentatività. Questo contrasto indica che le masse popolari partecipano alla lotta politica borghese in modo più autonomo dalla borghesia, si lasciano meno inquadrare da partiti e da capi compatibili con i bisogni della borghesia, sono sempre meno rispettose dei limiti e delle forme imposti dalla borghesia. L’“arco costituzionale” è un ricordo del passato: i fascisti ora fanno parte delle “forze parlamentari” e la parte più avanzata delle masse popolari ne è fuori. La partecipazione delle masse popolari alla lotta politica borghese si trasforma sempre più da mezzo di imbonimento e neutralizzazione delle masse popolari in tallone d’Achille della borghesia. La borghesia è presa nella trappola che essa aveva predisposto per le masse popolari e che per decenni ha effettivamente funzionato contro le masse popolari. La crisi della sinistra borghese esplosa con l’avvento del governo Prodi-D’Alema-Bertinotti apre una nuova fruttuosa fase di sviluppo della lotta sul secondo fronte.

In campo sindacale la reazione scomposta della destra dell’aristocrazia operaia che spadroneggia nei sindacati di regime (gli Epifani, i Bonanni, gli Angeletti) denota le sue crescenti difficoltà. Espulsioni, censure, ricatti, corruzione, collaborazione con la polizia diventano moneta corrente per i caporioni del sindacalismo borghese. La sconfitta subita dal governo PAB e dai sindacalisti di regime nel Referendum del TFR (gennaio-giugno 07) e il pronunciamento massiccio contro il Protocollo del 23 luglio che si è avuto nelle grandi fabbriche e nella categoria più avanzata (i metalmeccanici) nel Referendum di ottobre indicano una situazione che si rafforzerà se il Partito saprà condurre l’azione di orientamento (propaganda) e di aggregazione (organizzazione) necessaria. Il rinnovamento del movimento sindacale non è ancora diventata parola d’ordine corrente, ma incomincia ad essere agitata. Non a caso i sindacati alternativi ai sindacati di regime sono entrati nel mirino della “guerra contro il terrorismo” e la “caccia ai terroristi” è aperta in tutte le organizzazioni sindacali.

Il quarto fronte, il fronte delle attività culturali, ricreative, sportive e dei “movimenti”, da una parte è ricco di iniziative per molti aspetti autonome dalla borghesia e in molti casi animate da compagni soggettivamente anticapitalisti, antagonisti alla borghesia e alle sue Autorità, “incompatibili”. Dall’altra è il fronte in cui la presenta organizzata e l’influenza del Partito sono più deboli.

Del resto in tutto il quadro del movimento di massa fin qui descritto restano fluidi i confini tra ciò che si sviluppa spontaneamente, quello che risente dell’influenza del Partito e quello dove esiste già un effettivo legame organizzativo col Partito. In questo sta la nostra forza (le cose si sviluppano spontaneamente nel senso che il Partito indica, la linea del Partito è confermata dalla spontaneità delle masse) e la nostra debolezza (le forze organizzative del Partito sono ancora scarse, l’influenza del Partito è ancora poco estesa e poco profonda, le iniziative spontanee restano quindi ancora precarie quanto a orientamento e a continuità, la loro funzione come “scuola di comunismo” è limitata). Il movimento spontaneo alimenta ancora poco il Partito e il Partito orienta e organizza ancora poco il movimento spontaneo. Perché la lotta di classe si sviluppi in coerenza con la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria non basta che la spontaneità delle masse si sviluppi nella direzione indicata dal Partito, conforme alla sua linea (e ciò non per codismo del Partito ma per capacità del Partito di interpretare, orientare e influenzare). Occorre anche che la lotta aperta, pubblica, di massa degli operai e di tutte le altre classi delle masse popolari sia supportata e innervata organizzativamente dalla struttura clandestina del Partito e che a sua volta alimenti la struttura clandestina del Partito, sia il “brodo di coltura” in cui si sviluppa la struttura clandestina del Partito.

Moltiplicazione e elevazione del livello dell’attività dei Comitati di Partito (di base e intermedi) clandestini da una parte e dall’altra rafforzamento della struttura centrale clandestina del Partito sono le due gambe su cui avanzano e devono avanzare il consolidamento (per indirizzo e continuità), l’estensione e l’allargamento del lavoro pubblico, della lotta delle masse popolari, perché essa diventi la larga base della guerra popolare rivoluzionaria.

Questo è il campo in cui concentreremo il nostro lavoro nel quarto anno di vita del Partito.

Viva il (nuovo)Partito comunista italiano.

Viva la rinascita del movimento comunista in Italia e nel mondo!

 

Ernesto V.