Martin Lutero - Supplemento al n. 3 de La Voce

11 Il quadro internazionale

Comunicato
mercoledì 15 maggio 2002.
 

[I commenti e i chiarimenti aggiunti dal curatore nel testo sono tra parentesi quadre. La titolazione, i corsivi, i neretti e le note sono del curatore.]

 

[11. Il quadro internazionale]

Sul piano internazionale attualmente dominano il quadro la crisi economica e finanziaria con le sue prospettive di recessione mondiale in particolare con il tracollo dell’economia giapponese e la specifica crisi economica, sociale e politica che investe la Russia. All’interno di questo contesto si colloca l’offensiva della NATO contro la Jugoslavia, con il pretesto di una "crisi umanitaria" nel Kosovo. In realtà si tratta del passaggio odierno e di un salto di qualità di quel processo di destabilizzazione e successiva normalizzazione imperialista dell’area balcanica e dei paesi dell’Est europeo su cui si è andato ridefinendo il ruolo della NATO, dell’UE e dei loro Stati membri.[CG] Un ruolo che si colloca nell’ambito dei termini mutati della contraddizione est-ovest. Essa non è più imperniata sulla contrapposizione tra sistemi economico-sociali e sulla deterrenza nucleare, ma sulla penetrazione economica e sulla restaurazione del modo di produzione capitalista operata in funzione della ricerca 1. di nuovi ambiti di investimento di capitali, 2. di forza-lavoro a basso costo, 3. di nuove quote di mercato per contrastare con tutto ciò la crisi del capitale. Ma la penetrazione economica dell’imperialismo e la restaurazione del modo di produzione capitalista non solo non possono portare uno sviluppo economico in queste aree, ma non possono nemmeno mantenere, neanche a medio-lungo termine, i livelli di forze produttive e di risorse sociali storicamente già raggiunti. Esse quindi non possono essere attuate solo con i tradizionali strumenti già usati negli ultimi decenni. Perciò il ruolo della NATO, della UE e dei relativi Stati imperialisti consiste ora nel creare le condizioni che consentono la penetrazione: la destabilizzazione politica, l’intervento militare diretto o, per alcuni Stati ex-socialisti, l’integrazione nell’Alleanza Atlantica. Per governare le contraddizioni economico-sociali generate dalla penetrazione imperialista e il loro sviluppo politico, la NATO, la UE e i relativi Stati imperialisti hanno messo in opera una strategia di annientamento di quegli Stati che rappresentano punti di autonomia politico-militare, ostacoli all’assogget-tamento politico, all’insediamento militare, all’allontanamento del fronte est-ovest dai paesi del centro imperialista e all’accerchiamento della Russia e degli altri paesi non assoggettabili né semplicemente con la dipendenza economica, né con limitate offensive politico-militari. Nel corso di questo processo nei vari Stati europei si devono costruire le condizioni e le forzature politiche interne al rapporto Classe/Stato che li mettono in grado di sostenere, nella NATO, questo complesso ruolo politico-militare nei confronti dell’Est europeo e dell’area Mediterranea-Mediorientale.

Questo processo comprende i passaggi interni alla costruzione dell’Unione Europea, in particolare sul piano delle politiche repressive e controrivoluzionarie (Schengen), della riorganizzazione e del rafforzamento delle forze armate e delle polizie, della partecipazione attiva degli Stati europei alle iniziative militari NATO, del rafforzamento della complementarità tra NATO e UE, della funzione di quest’ultima di allargarsi verso i paesi dell’Est europeo. Esso metterà i singoli Stati europei in grado di costituire una proiezione offensiva degli Stati Uniti su un piano politico-militare.

La mediazione politica neocorporativa è la principale base di attuazione e di sviluppo di questo processo per un paese come l’Italia. Essa svolge un ruolo cardine nella NATO per la sua storica funzione di portaerei nel Mediterraneo. Essa trova nella penetrazione nell’area Mediterranea e in quella dell’Est europeo uno sbocco non solo per il capitale monopolistico, ma anche per quel capitale a più bassa concentrazione e centralizzazione investito in settori maturi che può trovare quote di mercato e occasioni di investimento laddove vada costruito o ricostruito un intero tessuto economico (vedi la funzione svolta dall’Albania). Si tratta di interessi comuni a frazioni di borghesia per i quali l’intervento politico-militare dello Stato in queste aree costituisce una mediazione politica. [BC]

Per le sue caratteristiche, l’aggressione alla Jugoslavia costituisce un ulteriore significativo approfondimento del processo che crea le condizioni per cui la tendenza alla guerra, accelerata dall’approfondimento della crisi di sovrapproduzione assoluta di capitali, può trasformarsi in una effettiva guerra generale.[SAC] [TG] Ciò sia per il modo in cui l’aggressione è stata preparata, teso a forzare ulteriormente il rapporto con la Russia attraverso la completa esautorazione dell’ONU sia per il suo contenuto politico: il salto di qualità dell’intervento militare diretto e aperto della NATO che ha fondato la legittimazione formale dell’aggressione sul "principio di ingerenza umanitaria" e ha consolidato la nuova formulazione della propria concezione strategica, adeguata agli attuali caratteri economico-politici dell’imperialismo. L’accentuazione dei processi di internazionalizzazione del capitale costringe infatti a ridefinire gli strumenti di dominio, al fine

1. di tutelare la penetrazione economica laddove le condizioni politiche degli Stati la consentano,

2. di creare insediamenti politico-militari laddove esistono sistemi politico-statali in qualche misura ancora non docili all’ordine imperialista e

3. di costruire le condizioni politico-istituzionali e militari necessarie a stabilire rapporti sociali capitalisti laddove esistono formazioni economico-sociali che non riescono a darsi un ordinamento politico-istituzionale adatto ad un’economia di mercato. L’aggressione alla Jugoslavia

1. vuole affermare il principio che l’intervento militare è ineluttabile nel caso che non si accettano le direttive politiche della NATO;

2. è l’espressione dell’organicità dei rapporti intercorrenti tra USA e UE;

3. è l’apice pratico di quel processo di riorganizzazione del ruolo imperialista e controrivoluzionario, da sempre svolto dalla NATO, nel quadro degli attuali equilibri internazionali.

In questa aggressione lo Stato italiano non ha affatto assunto una posizione servile nei confronti del polo dominante USA, ma si è collocato in prima linea per far valere gli interessi della propria borghesia e coniugarli con quelli delle altre borghesie dei paesi dominanti della catena.

Il processo di riorganizzazione della NATO, e del ruolo dei singoli Stati imperialisti in essa, non è affatto privo di contraddizioni. Esso deve vincere le resistenze che trova all’interno dei paesi e deve contrastare le tendenze dell’opposizione alla guerra a coagularsi in opzioni offensive e rivoluzionarie.

Contro questo processo, in Italia, già nel 1994 i Nuclei Comunisti Combattenti lanciarono la propria iniziativa offensiva colpendo il NATO Defence College, in occasione del Vertice NATO di Bruxelles con cui si sanzionavano le linee del Nuovo Ordine Mondiale [Roma, 10 gennaio 94]. L’iniziativa degli NCC si è inserita in un quadro più complessivo di iniziative politico-militari del Movimento Rivoluzionario attuate in questi anni contro la NATO e che recentemente si sono affiancate ad attacchi al ruolo dei DS nella guerra imperialista alla Jugoslavia, in dialettica con la tendenza dell’autonomia di classe a dare un contenuto offensivo all’opposizione all’imperialismo.

Sul piano politico europeo le velleità di un riformismo sociale non liberista, a cui in particolare in Italia aveva guardato il PRC, cadono con l’uscita di scena di Lafontaine dapprima e poi con l’inizio dell’aggressione alla Jugoslavia. Il procedere di un processo di convergenza delle maggioranze politiche dei paesi europei verso equilibri politici di governo analoghi e verso politiche economiche omologhe, si è misurato con l’impegno comune nella guerra. È su questo nuovo piano che si dovranno assestare 1. gli equilibri politici di governo, 2. le politiche economiche che dovranno essere adottate per reperire le risorse per sostenere la guerra e la spesa per il riarmo e il riassetto militare necessario, 3. i progetti per garantire i necessari termini di governabilità interni.

In questo quadro si colloca il recente Vertice NATO di Washington [20 aprile 99] che avrebbe dovuto sanzionare la nuova strategia NATO, l’adesione ad essa di paesi già membri del Patto di Varsavia e anche l’esito dell’offensiva contro la Jugoslavia. A causa della guerra ancora in corso il vertice ha dovuto invece occuparsi di costruire alcune condizioni per proseguirla e per concluderla raggiungendo l’obiettivo politico di scardinare l’assetto politico jugoslavo. Infatti ora è questa guerra la cartina di tornasole della validità della nuova dottrina NATO e della sostenibilità del ruolo che la NATO si è data. Al vertice è mancata la Russia, formalmente invitata a svolgere un ruolo di mediazione tra la NATO e la Jugoslavia per evitarne una palese umiliazione che la destabilizzi ulteriormente, in realtà relegata ai margini del quadro internazionale in attesa del suo turno per essere aggredita. Il recente voto plebiscitario del Parlamento USA al finanziamento dello scudo satellitare anti-missili balistici, progetto rimasto per anni fermo, indica quanto questo vertice fosse indirizzato a strutturare le linee del Nuovo Ordine Mondiale, ossia di un dominio imperialista che deve essere imposto con la forza.